Sulla follia vista da un folle

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Messaggio  piquemal Sab Mar 26, 2011 8:16 pm

La follia non si sa che bene cosa sia e non si sa come gestirla. E' qualcosa (un demone?) che assale all'improvviso o c'è un evento scatenante? E' guaribile o guarisce come è apparsa, da sola? Nel dubbio si agisce sul folle, che è forte della sua follia ma debole in quanto solo, isolandolo dalla comunità. Si fa ricadere il problema della gestione nell'oscurità di centri istituzionali preposti o nella famiglia, comunque si allontana il folle dalla vista perché la sua delirante lucidità è trattata come pericolo sociale. Il rischio è quello dell'imitazione, che la gente normale, ossia chi si riconosce i tratti di sanità secondo una corrispondenza a un modello di normalità che è socialmente condiviso, esorcizza attribuendo un'etichetta all'essere, quella del folle. E' indipendente da quel che dice, a partire da quel che dice, non c'è più niente che potrà dire per togliersi di dosso l'etichetta. E' l'animale più debole allontanato dal branco, il capro da sacrificare, la vittima predestinata.
Il folle lasciato a se stesso non sa come agire tra un momento di follia e l'altro. Aspetta pazientemente che si ripetano le situazioni in cui figura come escluso, quindi nella sua vita si introduce in diversi ambienti (la scuola, il lavoro, il tempo libero) dove osserva lo scatenarsi degli eventi, dove se c'è una consapevolezza c'è anche una profezia che si autoavvera: l'avvento dell'esclusione. Il folle, che, ripeto, è debole e sempre più indebolito, non può far nulla per impedire la sua umiliazione: può illudersi di non esser più folle nei momenti di tranquillità e vivere sereno e addirittura sano fino a quando non si accorge di aver replicato inconsapevolmente gli stessi schemi comportamentali di isolamento che portano allo stigma.
Non so dire se folli si nasca o si diventi, ma mi sento di poter dire che la follia per manifestarsi ha bisogno di due elementi: un episodio significativo di solitudine del proprio corpo (inteso come non semplice somma di fisico e mentale), un episodio sociale in cui questo episodio significativo risulta impossibile da comunicare. Da qui nasce il linguaggio del folle: la società non è disposta ad ammetterlo in sé e la fondamentale barriera che usa è quella di obbligare il folle a non poter utilizzare il linguaggio per comunicare ad altri, utilizzando un linguaggio che si chiude su di sé. Essere folli è un problema linguistico, non fosse che genera altri problemi che offuscano questo punto.

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Messaggio  mmm Lun Mar 28, 2011 9:35 pm

io uno "normale" non lo conosco... sotto sotto hanno tutti le proprie debolezze, stramberie, limitazioni e assurdità...

qual'è la differenza tra normale e patologico?

secondo me è questa: il normale ti permette di condurre, nonostante tutto, una vita dignitosa, anzi piena, il patologico no.

mmm

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Messaggio  piquemal Mer Mar 30, 2011 2:45 pm

Normalità, se nessuno me lo chiede so cos'è, se invece provo a definirla mi perdo. Tentare consapevolmente di raggiungerla è la strada peggiore, fa uscire pazzi. Nessuno saprà definirla o avrà il coraggio di porgersi ad esempio però i comportamenti possono essere definiti devianti. Da dove deviano?

piquemal

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Messaggio  mmm Mer Mar 30, 2011 8:52 pm

dalla norma?

mmm

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Messaggio  piquemal Gio Mar 31, 2011 8:07 pm

Allora diciamo che ci sono delle norme etiche o giuridiche da rispettare che chiunque in una certa misura disattende, un individuo ritenuto normale lo fa senza che ci siano delle conseguenze etiche o giuridiche che lo escludono da una società. Il deviante (il carcerato, il folle, il disperato) disattende delle norme ritenute fondamentali per il vivere civile e viene escluso in modo più o meno diretto dalla vita sociale, dalla comunità. In questo senso esiste la persona "normale", che vive a suo agio al cospetto della norma, ma non lo acquista di per sé, come un certificato di normalità, ma gli viene dato da chi si riconosce non essere normale. Tutto 'sto pippone per tentare di spiegare perché quando sto in mezzo agli altri mi sento realmente anomalo.

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Messaggio  mmm Gio Mar 31, 2011 9:08 pm

io intendevo norma come media, anzi più precisamente moda, invece che come legge.

(media e moda in una distribuzione normale coincidono, i comportamenti umani solitamente sono rappresentabili con delle distribuzioni normali, così quantomeno mi è stato detto e mi pare)

la legge viene inventata di proposito e ci si attiene ad essa tendenzialmente di proposito, è un qualcosa di artificiale (inventato dall'uomo), che ha vita propria.

la moda invece viene determinata dal comportamento delle persone, è un qualcosa di naturale, cioè non è stata inventata, progettata, è una conseguenza di fattori non particolarmente coordinati tra loro.

la legge deriva da un disegno intelligente, lineare, la moda è una conseguenza del comportamento di molte persone non coordinate tra di loro.

la legge cerca di imporre un certo comportamento alle persone, mentre la moda deriva dal comportamento delle persone.

detto questo, in cosa ti senti anomalo rispetto agli altri?

mmm

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Messaggio  piquemal Ven Apr 01, 2011 6:30 pm

E' molto interessante quello che hai scritto, non avevo proprio preso in considerazione la moda come norma e in effetti è una categoria per me sfuggente e in gran parte irrazionale che agisce collettivamente e singolarmente. Però rispetto alla norma giuridica non provo lo stesso senso di soggezione, sarà che la moda si è frantumata negli stili e democraticamente ogni stile ha la sua dignità ed è più facile per questo accettare il proprio. Invece la norma etica o giuridica è un mostro che annulla l'individualità, un padrone potente e severo al cui cospetto mi sento oserei dire peccatore. (E' ironico che ho scritto in un altro post di non essere credente e che poi mi serva dell'idea di peccato, purtroppo è una contraddizione che non riesco ancora a risolvere.)

Comunque per risponderti mi sento anomalo perché ho avuto una tragedia familiare alle spalle, un lungo periodo in cui mi è sembrato di vivere in un campo di concentramento e la mia adolescenza che se ne è andata così. Adesso che non sono più adolescente e la mia vita per molti versi è migliorata (non poteva peggiorare) mi sembra di portare addosso delle cicatrici invisibili ma presenti sempre con me. Non so se il mio problema è una mancanza o un'escrescenza.

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