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Messaggio  biancospino Lun Feb 08, 2010 3:30 am

Salve a tutti. Sono una ragazza di 20 e soffro di depressione da anni. Diciamo che negli ultimi tre anni la situazione è peggiorata, ma in ogni caso non ricordo di essere mai stata felice o tranquilla. Da piccola rimediavo alla solitudine attraverso la fantasia e la creatività, caratteristiche che ormai non sembrano più far parte di me. Non scrivo qui per chiedere consigli su come uscirne perché questa prospettiva, oltre a sembrarmi improbabile, non mi interessa più di tanto. Fino a qualche tempo fa sentivo di voler guarire e infatti sono più di due anni che sono in terapia, ma non ci sono stati miglioramenti e sinceramente sono stanca di far spendere tutti questi soldi a mio padre. Mi sembra addirittura di provare disgusto nei confronti della mia psicoterapeuta e da un momento all'altro ho smesso di fidarmi di lei. Forse tra noi due si è stabilito un rapporto sbagliato. E' stata sempre molto affettuosa e spesso per consolarmi mi ha raccontato della sua vita, dicendomi che anche lei soffriva di depressione e che se ce l'ha fatta lei ce la posso fare anche io. Ma che vuol dire che ce la posso fare? Che posso trovare la serenità, laurearmi, trovare un lavoro che mi faccia guadagnare uno stipendio soddisfacente e magari avere anche una relazione sentimentale stabile? E allora? Non so, proprio non trovo un senso in tutto questo. E' difficile da spiegare... Prima ero sicura di quello che volevo fare e ho anche studiato molto per raggiungere i miei obiettivi. Sentivo di avere talento, ma forse avevo scambiato per talento una sensibilità troppo grande da poter sostenere. Pensavo di fare teatro e, proprio nel momento in cui quel desiderio stava per essere realizzato, ho sentito che non era quello che volevo (ero già nel pieno della depressione in quel periodo). Ho lasciato il teatro e non ne sento la mancanza perché non provo particolare interesse per niente. Frequento l'università e devo dire che le lingue e la letteratura mi sono sempre piaciute molto, anche se ora proprio non riesco a studiare e il pensiero degli esami mi sta portando a odiare tutto ciò che prima amavo con estrema passione. La cosa che mi dispiace di più è non riuscire a leggere, perché ho sempre amato molto i libri e forse è proprio la lettura che mi ha aiutato a capire me stessa, ad avere più consapevolezza, a guardare le cose in modo diverso. Ho fatto pochi esami che sono andati bene non perché io abbia studiato, ma perché forse la paura di non ottenere sempre il massimo ha fatto sì che memorizzassi tutto in poche ore di studio. Adesso, però, quelle poche ore si sono ridotte a zero perché mi sembra di stare molto meglio quando non penso allo studio (riesco ad uscire un po' di casa, a leggere qualcosina, a guardare dei film e anche a fare qualche esercizio di inglese che, però, non ha nulla a che fare con l'università). Purtroppo la notte arrivano i sensi di colpa e tutto si fa più difficile. In realtà ci sarebbe molto altro di cui parlare (la mia famiglia, le relazioni in generale ecc.), ma per il momento non vorrei risultare troppo noiosa. Cercavo solo qualcuno con cui scambiare delle opinioni, qualcuno che non abbia la pretesa di farmi guarire da questa sofferenza che ormai mi sembra l'unica cosa che dia senso e dignità alla mia vita. Forse leggendo vi sembrerà che io sia una persona estremamente negativa, ma non mi ritengo tale. Credo solo di essere spietatamente lucida e di vedere le cose così come stanno. Ringrazio chiunque abbia la pazienza di leggere.
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Messaggio  merla Lun Feb 08, 2010 8:34 am

e innanzitutto benvenuta.

Non vuoi consigli o altro, quindi cerco di evitare.
Mi sento solo di esprimerti, come dire, comprensione e vicinanza, in quanto ho passato periodi in cui provavo all'incirca le stesse cose.
Per altro, nonostante quei periodi, sono riuscita a trovare un compagno e a continuare un lavoro che per me è soddisfacente ed appagante. Non dico che nessuna delle due cose di per sé dia un senso o """dignità""" alla mia vita, ma io sono contenta di entrambe e preferisco averle piuttosto che no.
Oltre ad augurarti prima o poi, visto che sei in un'età di cambiamenti molto rapidi e repentini, di lasciarti alle spalle le delusioni e l'amarezza, e di trovare qualche cosa che ti smuova, non mi viene molto da dirti.
Io credo che l'essere umano per sua natura non sia destinato alla sofferenza, né che la sofferenza fine a se stessa dia un senso a qualcosa, ma da poche righe non posso neanche far altro che prendere atto che la tua sia una scelta lucida e consapevole. Ammiro e apprezzo in ogni caso la lucidità, che è davvero molto, molti depressi o altro, pur, di fatto, non volendo guarire (e non facendo nulla per farlo) sono privi della lucidità necessaria ad affermare che non vogliono guarire e tutto considerato stanno bene come stanno.

A mio parere comunque ad arroccarti su questa posizione, sprechi il tuo tempo e la tua vita, che io ritengo più importanti dell'impegno economico che può implicare una qualsiasi cura. Una delle cose che può dare secondo me un senso a un'esistenza è proprio il fatto di affrontare le difficoltà e di combatterle (anche senza necessariamente uscirne vincitori). Temo che le nostre posizioni siano un po' troppe lontane per dar via a uno scambio di opinioni. :-)

Quello che vale per me, però non vale necessariamente per gli altri utenti, quindi oltre che a ripeterti il benvenuto, mi piacerebbe tu ti sentissi il più libera possibile di parlare in questo spazio e sicuramente troverai persone con cui confrontarti e scambiare opinioni, con punti di vista meno rigidi dei miei riguardo a questo argomento.
Insomma...spero di rileggerti. Ciao

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Messaggio  biancospino Lun Feb 08, 2010 2:48 pm

Ciao merla e grazie per aver risposto. Intanto vorrei precisare che non ho intenzione né di giudicare né di scoraggiare nessuno. Credo anzi che sia giusto trovare soddisfazione nel lavoro o nell'amore. Il problema per quanto mi riguarda è che in questo periodo la mia vita è caratterizzata dall'apatia, quindi è normale che l'idea dello studio o del lavoro non mi smuova più di tanto. Poi ho parlato di disgusto nei confronti della mia psicoterapeuta un po' per i motivi che ti ho appena spiegato, un po' perché ho paura che lei non voglia ammettere che ormai non può più fare nulla per me. In fondo quello che fa lo fa per lavoro e se ammettesse di non essere più in grado di seguirmi dovrebbe rinunciare a qualche comodità in più. Sono più di due anni che sto in terapia e la situazione non è migliorata neanche un pochino, quindi non so quanto possa essere utile. Forse tutti i soldi che spendo ogni settimana potrei usarli per qualcosa che davvero possa servivrmi e piacermi... magari fare qualche attività in più e ricavare un po' di tempo per un lavoretto che mi permetta di distrarmi e di essere un po' più indipendente. La dipendenza nei confronti della mia famiglia è una delle cose che detesto di più. E' soprattutto una dipendenza psicologica che ormai non so più come affrontare. Molte persone credono che io sia una ragazza matura e indipendente, ma una parte di me è rimasta bloccata nel passato. Forse la sofferenza non l'ho mai affrontata davvero perché, pur di evitare di fare delle scelte, ho smesso di desiderare qualunque cosa. Provo rabbia verso i miei genitori perché credo che in questa situazione mi ci abbiano fatta precipitare loro, ma allo stesso tempo ho una grandissima paura di perderli e il pensiero che stiano invecchiando mi ossessiona. Mio padre spesso mi domanda cosa fare per aiutarmi, ma di certo non posso chiedergli di fermare il tempo. Detto questo vorrei aggiungere che non sono sempre così pesante e che mi piace anche ridere quando questi brutti pensieri non mi opprimono.
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Messaggio  suggestione Lun Feb 08, 2010 3:32 pm

Tu hai la crisi dei 20 anni, io ho la crisi dei 40 anni.
I sintomi sono uguali a quelli di quando avevo 20 anni, sono cambiate solo le motivazioni.
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Messaggio  biancospino Lun Feb 08, 2010 6:38 pm

Magari fosse una stupida crisi dovuta all'età! Se avessi questa convinzione mi sentirei molto più sollevata. Sicuramente l'età influisce sul tipo di paure e preoccupazioni che si provano, ma credo che i motivi del mio malessere siano più profondi. Ad ogni modo se la tua è davvero una crisi dovuta ai 40 anni sono contenta per te perché ciò vorrebbe dire che una volta passato il periodaccio riuscirai a riprendere in mano la tua vita. Però devo dire che, visto l'avatar che hai scelto, non credo che tu ne sia così convinto...
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Messaggio  suggestione Lun Feb 08, 2010 10:52 pm

perspicace!!!!!

Hai mai fatto uso di farmaci AD?
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Messaggio  biancospino Lun Feb 08, 2010 11:09 pm

No, mai. In questo periodo ci ho pensato un po' perché la mia psicoterapeuta me l'ha proposto, ma non mi convince troppo l'idea di prendere farmaci. Tu che ne pensi?
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Messaggio  merla Mar Feb 09, 2010 8:09 am

biancospino ha scritto: Intanto vorrei precisare che non ho intenzione né di giudicare né di scoraggiare nessuno. Credo anzi che sia giusto trovare soddisfazione nel lavoro o nell'amore. Il problema per quanto mi riguarda è che in questo periodo la mia vita è caratterizzata dall'apatia, quindi è normale che l'idea dello studio o del lavoro non mi smuova più di tanto. Poi ho parlato di disgusto nei confronti della mia psicoterapeuta un po' per i motivi che ti ho appena spiegato, un po' perché ho paura che lei non voglia ammettere che ormai non può più fare nulla per me.

Ciao biancospina,

in primo luogo non ti preoccupare, non avevi dato l'impressione né di voler giudicare né tanto meno scoraggiare nessuno. Ho parlato di certi aspetti della mia vita, per dirti che, nonostante l'apatia, certi aspetti mi danno e mi hanno dato soddisfazione. Ma chiaramente non siamo tutti uguali.

In attesa di sugge, posso dirti che io più o meno gli antidepressivi li prendo da molto tempo. Da molto tempo per almeno due ragioni: la cura innanzitutto è lunga, e in secondo luogo una volta sentiti stabilmente gli effetti positivi, io mi sono data con troppa libertà al fai da te nello smetterli e quindi le ricadute non si sono fatte attendere. Forse come terza ragione, la mia salute psichica è ormai un po' compromessa, a furia di ricadute e miglioramenti, per cui sicuramente io dovrò sempre tenermi sotto controllo e, spero di no, non interrompere mai definitivamente con i farmaci. Questo però non si sa, più che altro è un mio timore.

In generale credo che, in situazioni in cui la depressione è invalidante e compromette la vita di una persona da vari punti di vista, i farmaci siano necessari: gli ansiolitici servono, ma hanno determinati effetti collaterali (dopo un po' danno dipendenza e assuefazione) per cui è facile abusarne, gli antidepressivi invece, che agiscono diversamente e in tempi più lunghi, rappresentano una cura più strutturale, più efficace sul lungo termine e con meno effetti collaterali (anche se la risposta è ovviamente soggettiva). è necessario in ogni caso essere seguiti da un medico, meglio uno specialista, soprattutto i primi tempi in cui si assumono e per la dismissione. In ogni caso quando sono necessari, i farmaci permettono se non sempre si guarire, in ogni caso di superare gli aspetti invalidanti del periodo depressivo (e l'apatia, scusa se entro nel ""consiglio"", è decisamente una condizione mentale molto invalidante, perchè la vita la fermi e di fatto non riesci neanche più a dedicarti a quelli che erano i tuoi interessi e le tue aspirazioni)
Lo specialista saprà anche valutare se alla tua età è il caso o no di iniziare una cura farmacologica.

Ti faccio una domanda: hai provato ad affrontare la questione dell'inutilità della terapia con la tua psicoterapeuta, a parlarne chiaramente con lei? ed eventualmente valutare se un altro psicoterapeuta o un'altra tecnica non potrebbe giovarti di più?

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Messaggio  anthea Mar Feb 09, 2010 12:28 pm

Anche io non condivido il tuo pessimismo cosmico, pur comprendendolo appieno perchè ho avuto una storia depressiva a tratti da quando avevo 18anni e di apatia ne so qualcosa.

Anch'io nei primi episodi non ho preso alcun medicinale e sono sempre riuscita a cavarmela da sola e ad "uscirne" se così si può dire, però poi ho avuto una ricaduta molto pesante e ho deciso di intraprendere ogni strada per farcela.

Questa è la seconda volta che ricorro all'uso di antidepressivi (e in dosi modeste) e ti posso assicurare che si smettono tranquillamente una volta che si sta bene, ma che la cura dura a lungo proprio per evitare ricadute.
Concordo con Merla che al contrario gli ansiolitici, di cui tutti abusano perchè si prendono e si smettono al bisogno, sono molto più pericolosi. Ti danno un effetto benefico immediato (che l'antidepressivo non dàa, anzi il contrario!), però nel lungo periodo danno assuefazione e aumentano il rischio di ricadute.

Anch'io non voglio farti la morale e ti porto solamente la mia esperienza.
Al contrario di te, sono approdata prima alla cura farmacologica che a quella psichica. Però ad un certo punto ne ho sentito la necessità.
Ho avuto la fortuna di trovare uno psicologo in gamba, che non ha puntato tanto a ricercare origini o cause alla mia depressione (che peraltro conoscevo già di mio benissimo), quanto al riconoscimento dei meccanismi e pensieri errati che il mio cervello mette in atto quando incontro difficoltà, ecc. e che scatenano le mie crisi.
Non ti dico che ora io sia completamente guarita, però ho meno timore della malattia (a me prendeva anche lo stomaco e non riuscivo a mangiare nulla) e sono consapevole di come affrontarla.

Per questo ti dico che l'apatia, la mancanza di stimoli ed il disinteresse verso i libri (che tanto amo anch'io) sono una conseguenza diretta della depressione.

Ora ti dico pari pari come la penso: se in due anni (da quanto ho capito ci vai anche tutte le settimane. Io al minimo aspettavo 15 giorni) non hai risolto nulla con la psico, io cambierei medico.
Non è per denigrare nessuno, ma a volte anche un bravo professionista non è indicato per tutti. Magari per te è meglio un altro approccio... io tenterei. E due anni sono troppi, senza vedere alcun risultato.
Per la cura farmacologica, io mi affiderei ad una struttura pubblica. Non spendi nulla (se è già da due anni che hai la patologia, penso tu possa richiedere l'esenzione anche dal ticket con la carta del medico di base o dello psichiatra) e, se avessi la possibilità di raggiungere una clinica psichiatrica, hai la certezza che vedono molti più casi di un professionista singolo e di grado più grave del tuo.
Anche lì mi sono trovata bene.

E' una bella cosa che tu non voglia più dipendere dalla famiglia. E non è cattiva l'idea di cercarti un'occupazione pratica e che ti possa dare riscontri positivi subito. Lo studio richiede molto impegno mentale e ti fa stare tanto in casa in compagnia dei tuoi pensieri. Meglio cercare di distrarsi il più possibile.
Riprenderai quando starai meglio. L'importante è la tua vita... che non è finita a vent'anni, come a quaranta, come a sessanta. Non siamo noi a deciderlo.

Magari hai solamente bisogno di trovare lo stimolo che dia senso al tuo combattere la malattia.
Intanto, scrivi pure qui. Ti siamo tutti vicini.
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Messaggio  biancospino Mar Feb 09, 2010 12:33 pm

Cara merla,
grazie mille per i tuoi consigli. Io ho un po' di dubbi sul fatto di iniziare una cura farmacologica perché ci metto davvero poco a diventare dipendente dai farmaci in generale e, considerando che ho solo 20 anni, la cosa mi spaventa un po'. Poi bisogna dire che mi faccio anche un po' impressionare dai possibili effetti collaterali. Inoltre non mi va di far spendere altri soldi a mio padre per le visite e per i farmaci. Comunque ci penserò e magari se riesco a trovare un lavoretto...
Per quanto riguarda i miei dubbi sulla terapia, non ho mai detto niente alla psicoterapeuta un po' per pudore e un po' perché lei ripete sempre che ci vuole tempo, che anche se apparentemente ho avuto una vita normale è come se avessi subito dei traumi profondi ecc.
Non dico che lei non mi abbia aiutato per niente perché comunque parlandole sono riuscita a tirare fuori un po' di cose e a capire meglio cosa mi succedeva. Solo che adesso mi sembra che continuiamo a parlare sempre delle stesse cose (mio padre, mia madre, la mia infanzia) e un po' mi pesa. Poi avevo notato un giorno che mentre le parlavo si stava quasi addormentando e altre volte che i suoi occhi si perdevano nel vuoto... probabilmente sono stupidaggini e io esagero, però mi era dispiaciuto.

Ciao anthea, ho appena letto il tuo messaggio. Grazie mille, sei molto gentile. Anche io la penso come te riguardo l'università. Non è che non mi piaccia, solo che non mi fa distrarre molto. Non mi andrebbe neanche di abbandonarla del tutto perché ogni tanto mi fa piacere seguire qualche lezione di letteratura, però mi piacerebbe riuscire a farla con più tranquillità ed evitare di stare troppo male se faccio pochi esami. Forse è un po' anche il pensiero dello studio che a volte mi blocca. Dovrei cercare piano piano di prenderla con più leggerezza e vedere cosa succede. Poi soprattutto mi stressano i problemi burocratici e di organizzazione...ti assicuro che nella mia facoltà non sono pochi! Comunque grazie tante perché mi hai tranquillizzata un po'.
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Messaggio  merla Mar Feb 09, 2010 3:05 pm

biancospino ha scritto:Io ho un po' di dubbi sul fatto di iniziare una cura farmacologica perché ci metto davvero poco a diventare dipendente dai farmaci in generale e, considerando che ho solo 20 anni, la cosa mi spaventa un po'. Poi bisogna dire che mi faccio anche un po' impressionare dai possibili effetti collaterali. Inoltre non mi va di far spendere altri soldi a mio padre per le visite e per i farmaci.

Beh...i farmaci che non danno dipendenza non la danno e tant'è, se sai di essere facile alla dipendenza sarebbe sufficiente spiegare al medico che, anche in caso di necessità (che forse tu non hai perchè sostanzialmente ci parli di apatia e non di ansia) non vuoi prendere ansiolitici perché non ti senti in grado di gestirsi.
Sugli antidepressivi il problema non si pone proprio, anche perché vanno presi secondo le indicazioni del medico, è lui che indica il dosaggio e quando è il momento invece di ridurli.
E in ogni caso per dosaggio medio bassi, è abbastanza normale non accorgesene neanche, in quando c'è bisogno di alcune settimane per sentirne gli effetti e la stessa cosa avviene quando si dismettono. Almeno nel mio caso di dismissioni precoci, io non mi sono accorta di nessun cambiamento prima della ricaduta successiva, che puntualmente avveniva un 3/4 settimane dopo la dismissione (quindi finito il periodo di latenza diciamo).
GLi effetti collaterali sono molto soggettivi: io non mi sono accorta mai di nulla a livello fisico, mentre in altre persone ci sono stati. Sono cmq in genere transitori e al max sotto controllo medico si cambia medicina.
Per il costo, come appunto dice anthea, con in mano una diagnosi hai diritto all'esenzione completa, per cui non dovresti pagare né le visite, né il ticket (che cmq per i normali antidepressivi, si aggira su 1/2 euro).
Tutto ciò, non per farti cambiare idea, ma a titolo informativo: mi sembri infatti un po' vittima della tipica disinformazione che ruota attorno agli psicofarmaci. Esistono ovviametne degli psicofarmaci più forti, con più effetti collaterali, ma in linea di max sono utilizzati in patologie più gravi della depressione. O cmq in forme depressive particolarmente gravi, in cui magari si parla di gesti autolesivi se non di molto peggio.



biancospino ha scritto: Per quanto riguarda i miei dubbi sulla terapia, non ho mai detto niente alla psicoterapeuta un po' per pudore e un po' perché lei ripete sempre che ci vuole tempo, che anche se apparentemente ho avuto una vita normale è come se avessi subito dei traumi profondi ecc.
Non dico che lei non mi abbia aiutato per niente perché comunque parlandole sono riuscita a tirare fuori un po' di cose e a capire meglio cosa mi succedeva. Solo che adesso mi sembra che continuiamo a parlare sempre delle stesse cose (mio padre, mia madre, la mia infanzia) e un po' mi pesa. Poi avevo notato un giorno che mentre le parlavo si stava quasi addormentando e altre volte che i suoi occhi si perdevano nel vuoto... probabilmente sono stupidaggini e io esagero, però mi era dispiaciuto.

Io credo che dovresti comunque parlarne con lei di queste tue impressioni: l'efficacia o meno di una terapia si fonda sulla relazioen che si instaura tra paziente e terapeuta, per cui se non c'è un clima di fiducia e non si esprimono tutte le perplessità, non c'è modo di quagliare.

Spero di averti chiarito qualche aspetto.
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Messaggio  suggestione Mar Feb 09, 2010 6:57 pm

Mi associo a quanto detto da Merla e Anthea
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Messaggio  biancospino Mer Feb 10, 2010 12:34 am

Grazie a tutti!
E' vero, non sono molto informata sui farmaci... fino a poco tempo fa non ci pensavo proprio! Ti ringrazio, Merla, per avermi chiarito un po' di cose e se la situazione dovesse restare così com'è o addirittura peggiorare prenderò seriamente in considerazione la cura farmacologica. Per quanto riguarda la psicoterapeuta, ci penserò tutta la notte visto che non riesco a dormire ;-P
Un abbraccio!
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Messaggio  anthea Mer Feb 10, 2010 9:09 am

....e non psicofarmaci.

In effetti, circa le proprietà preventive degli psicofarmaci, ho qualche dubbio.
Penso che lo psicofarmaco debba essere prescritto quando veramente ce n'è bisogno, come qualsiasi altra medicina; e non debba ASSOLUTAMENTE essere preso al bisogno o gestito autonomamente dal paziente. Tutte le correzioni che in fase di inizio terapia (ognuno di noi è diverso e la terapia deve essere adeguata in corso d'opera) debbono essere effettuate previo consulto con lo specialista; ancor di più la dismissione.
Sarebbe come uno che inizia una cura di antibiotici e la smette prima della prescrizione del medico o ne usa di più o di meno come gli pare.... un disastro!

E poi Merla ha ragione quando ti consiglia di esprimere i tuoi dubbi alla psicoterapeuta. Ma se fosse una professionista in gamba penso che avrebbe già capito l'inconcludenza della terapia e avrebbe cercato di cambiare rotta... Ad ogni modo esprimere apertamente quello che pensi è cosa giustissima sempre, l'ho fatto anch'io con il mio. Chissà che improvvisamente non si dia una svegliata! Twisted Evil

Ora che abbiamo rotto un po' il ghiaccio, ti voglio anche dire che non puoi assolutamente dire che accetti la depressione e non pensi più a venirne fuori, finchè non hai passato anni e anni a girare per dottori e a provar terapie! Oltre che un oltraggio a te stessa ed al tuo futuro, è un ingiuria a chi è malato e di prospettive di guarigione non ne ha nessuna.
Per guarire è necessaria anche una dose grandissima di volontà e di sofferenza che subito ti sembrerà enorme, ma che poi vedrai ti darà grandi soddisfazioni.

Per prima cosa, se fossi in te, esorcizzerei questa paura e questa inerzia cercando di informarmi il più possibile sulla malattia. Almeno per capirti di più.
Una persona di questo forum, Alfredo, ha gestito la sua depressione solamente con l'aiuto di libri specifici.
Basta guardare i suoi post per trovare le letture che ha consigliato.
Ti posso già dire che una di queste a me è servita particolarmente: "Rompere gli schemi della depressione" di Yapko. Non è un mattone e a te che piace leggere, penso possa servire molto.

Forza!
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Messaggio  merla Mer Feb 10, 2010 10:30 am

anthea ha scritto:

In effetti, circa le proprietà preventive degli psicofarmaci, ho qualche dubbio.

Qualcuno parlava di proprietà preventive? O sei te che ti sei bruciata? cheers

anthea ha scritto: Ora che abbiamo rotto un po' il ghiaccio, ti voglio anche dire che non puoi assolutamente dire che accetti la depressione e non pensi più a venirne fuori, finchè non hai passato anni e anni a girare per dottori e a provar terapie!

Se biancospina (mi piace di più.. :-)) fosse stata così sicura che a lei tutto considerato stava bene essere depressa e apatica e cose varie, probabilemente non avrebbe scritto qui.
Io le ho fatto i complimenti per la lucidità, ma va da sé che uno che non ha davvero intenzione di guarire, e gli va bene così, scriverebbe diversamente in questa sede, o più probabilmente non scriverebbe proprio.
Chiaro che uno a non vedere risultati, si demoralizza, ma cmq vorrebbe guarire.

Biancospina, permettimi ancora una domanda, ma tu hai fatto almeno un visita medica specialistica, tipo da uno psichiatra, che ti ha diagnosticato la depressione e ti ha consigliato la psicoterapia? O hai iniziato con la tua terapeuta, perchè sentivi che c'era qualcosa che non andava?

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Messaggio  anthea Mer Feb 10, 2010 11:11 am

Bruciata... Laughing
Da noi si dice "fumata"... E' da un bel po' che lo sono! Twisted Evil

Tutti i medici ti dicono che gli antidepressivi servono anche a prevenire le ricadute. Su questo sono scettica.

Ho capito anch'io che non si era rassegnata, ma il più è che ne sia consapevole lei. Rendersene conto è necessario per riuscire a darsi da fare.
Ti deve venire la voglia di cambiare per poterlo fare davvero. Devi avere uno stimolo, insomma....
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Messaggio  biancospino Mer Feb 10, 2010 8:30 pm

No no no, attenzione! Io non ho mai detto che mi sta bene la mia apatia. Anzi, l'apatia non la sopporto proprio! Ho detto che mi sta bene la sofferenza e credo che sia diverso. Non penso che arriverà mai un giorno in cui smetterò di soffrire, però ammetto che mi piacerebbe riuscire a superare questo maledetto disturbo della volontà. Ammetto anche che probabilmente non avrei scritto qui se non avessi un'infinità di paure e di debolezze. Comunque secondo me non è una cosa così brutta accettare la depressione, nel senso che quando ero più piccola magari mi illudevo che era solo una sensazione dovuta all'età o che sarebbe arrivato qualcuno a salvarmi. Forse ho questo atteggiamento perché ho paura di fare come mia madre. Lei è chiaramente una depressa, però non se ne rende conto perché si è creata una specie di mondo immaginario... è il ritratto esatto di Madame Bovary, non so se rendo l'idea. Apparentemente vive meglio di me, però se un giorno dovesse accorgersi delle rovine che ha intorno credo che si ucciderebbe. Io non mi arrendo alla malattia, cerco solo di stare lontana dalle illusioni per evitare di peggiorare la situazione. Spero di essermi riuscita a spiegare...
Comunque mi fa piacere sapere che siete oneste e che mi dite quello che pensate.
Grazie mille, anthea, per i consigli sulle letture... ti avverto che sono molto snob in fatto di libri! Scherzi a parte, mi informerò sicuramente sul libro che mi hai consigliato e magari vado a leggermi qualche post precedente.
Per quanto riguarda la terapia (e qui mi rivolgo a merla), non ho mai fatto nessuna visita medica. Avevo iniziato ad andare da una psicologa, ma poi non sono più andata perché secondo lei la depressione era legata solo all'ansia per l'esame di maturità e pensava anche che il rapporto (morboso) che lega me e mio padre fosse bellissimo. Dopo qualche mese, accorgendomi che stavo ancora malissimo, ho iniziato ad andare da questa psicoterapeuta e ormai sono due anni che ci vado.
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Messaggio  merla Gio Feb 11, 2010 5:00 am

Guarda...non so esattamente se sei tu ad esserti spiegata in modo un po' fumoso o se sono io ad aver capito poco (anche perché M.bovary non l'ho letto, ho una vaga idea della storia e qualche ricordo delle lezioni di letteratura, ma non mi ha mai ispirato. Mea culpa).

cmq mi vengono in mente un po' a caso alcune considerazioni, dalle quali poi tu trarrai quel che ti sembra buono e scarterai il resto.

Innanzitutto la depressione è un disturbo dell'umore con dei sintomi, variabili da soggetto da soggetto, ma che permettono di identificarla abbastanza bene, anche se lo può e lo deve fare un medico specialista. Non so in che termini si esprima la tua psicoterapeuta e non so in base a cosa tu sai di soffrire di depressione da anni, ma in ogni caso si tratta di qualcosa che non necessariamente dipende da eventi o situazioni esterne e non si qualifica come una generica sofferenza o tristezza, anche se l'accezione "depresso" ha altre sfumature per cui può indicare semplicemente uno stato umorale. Per questo reitero il mio consiglio di rivolgerti a un medico specialista: lo psicologo non è né deputato a una diagnosi, né tantomeno a consigliare una o l'altra terapia (a meno che la tua terapeuta non sia anche psichiatra). Meno ancora ha senso un'autodiagnosi.

Poi, come anthea diffida degli antidepressivi a livello preventivo, io sono diffidente nei confronti di molti psicologhi. Nella vita di tutti ci sono traumi e sofferenze e da un certo punto di vista a tutti servirebbe un supporto psicologico per affrontarle. La psicoterapia (a parte altri tipi di patologie) a mio parere dovrebbe solo accompagnare lungo un percorso di crescita personale in modo da tirare fuori gli strumenti (nei i casi in cui si tratti veramente di una personalità poco strutturata) che abbiamo per superare tali traumi e sofferenze. o per gestire un po' meglio disturbi dell'umore come della depressione, quindi aiutare a capirne i meccanismi e a fare le debite distinzioni tra gli atteggiamenti e i comportamenti che alimentano la depressione e derivano da essa, e invece atteggiamenti più ""produttivi"" (questo termine non mi piace, ma credo sia abbastanza usato nel settore). Come dire, come è in voga l'uso/abuso di ansiolitici è in voga anche l'uso/abuso della psicoterapia. E come ci sono medici che tendono ad abusare del farmaco o del bisturi, idem ci sono terapeuti che tendono ad abusare della terapia. In entrambi i casi, la scelta sta a te, se prenderli i farmaci o meno, se accettare di farti operare, se continuare con una terapia o meno. Hai definito degli obiettivi per la tua terapia? VI state muovendo in quella direzione? Forse potresti chiederti questo e magari in base a questo decidere se è il momento di abbandonare e/o di cambiare.

Terzo: non ho capito l'associazione che tu fai tra sofferenza, apatia e depressione. La depressione è insieme ad altre cose apatia e mancanza di autostima, da cui spesso deriva tutto il resto. Ha anche altri sintomi, vedere tutto nero (che poi forse è quello che fai tu chiamandolo lucidità), e persino dei sintomi fisici (stanchezza generale, disturbi del sonno etc. etc.). Però la sua connotazione principale è proprio l'apatia, la mancanza di volontà, il vedere tutto nero, sottovalutare le proprie possibilità, da cui lunghe permanenze a letto, crisi di pianto etc. etc. e anche tutti i sintomi fisici. Facendo un collage dei tuoi post, mi pare chiara la volontà di uscire dall'apatia (e forse alleggerire un po' il carico nello studio come cnosigliava anthea, aiuterebbe a darti un sollievo temporaneo), mi pare un po' meno chiaro quello che tu intendi per sofferenza. In generale, la sofferenza e l'avere una famiglia che ti lascia addosso qualche """danno""" (da leggeri traumi a semplicemente una ridotta capacità di stare in piedi da soli) fanno parte della vita, sennò avremmo un piattume mortale di serenità e felicità a pioggia su chiunque. Il superamento di certe cose, può essere certamente agevolato da un supporto psichico, ma in ogni caso non si delega a nessuno, spetta a ogni singolo e, come suggeriva sugge, potrebbe essere un normale passaggio necessario e indispensabile da fare alla tua età

La quarta cosa che mi colpisce, è il fatto che tu non abbia mai parlato di amiche/i, fidanzati o altro. Hai parlato di famiglia, della dipendenza che senti, del tuo rapporto (morboso?) con tuo padre e di come vedi tua madre, hai raccontato dell'università e del teatro, ma non hai detto mai nulla di chi c'è fuori dal tuo contesto familiare. Normalmente alla tua età la famiglia, non come affetto ma come presenza e influenza nella quotidianità, va (o è già andata) in secondo piano rispetto al resto del proprio mondo di relazioni. A volte uno, nel rispecchiarsi spesso nel proprio piccolo ambito familiare, perde un po' il senso delle proporzioni e tende a valutare e analizzare tutto sempre e solo alla luce di quello specchio, che però non è il mondo, è solo un piccolo piccolo spicchio di mondo.

Non so se e dove ci ho preso oppure no, sono considerazioni tirate a caso alle 4 del mattino, per cui vedi tu se in qualche modo possono servirti da spunto.

ciauz
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Messaggio  suggestione Gio Feb 11, 2010 12:48 pm

La depressione è caratterizzata principalmente da problemi fisici, come mali di testa, gastriti, inappetenza, estrema stanchezza, con conseguente stato psicologico, come pensieri neri, paure, paranoie etc etc.
Ci sono depressioni scatenate da eventi esterni, come lutti separazioni, perdita di lavoro etc, e spesso sono transitorie poi ci sono altri tipi che sono multifattoriali.
Quando si deve intervenire con il farmaco?
Quando lo stato di sofferenza del malato è tale da temere per la sua salute fisica.
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Messaggio  biancospino Gio Feb 11, 2010 3:52 pm

Ciao merla e grazie davvero per impiegare tutto questo tempo a scrivermi. Allora, io credo che il mio disturbo sia principalmente caratterizzato dall'apatia che associo al disgusto. La sofferenza vera e propria viene fuori, credo, in altri momenti. Essendo l'apatia indifferenza, non può essere caratterizzata dal dolore, ma da un'assenza di passioni in generale. A questo punto mi chiedo: perché ci sto tanto male con questa apatia? Probabilmente ciò che non riesco a sopportare è il disgusto, non il dolore. Solo che adesso potrei chiedermi: se è il disgusto ciò che non riesco a sopportare, perché non ne vengo fuori e non affronto la sofferenza? Queste cose non sono molto chiare neanche a me, quindi sto cercando di spiegarvi cosa provo per vedere se almeno voi riuscite a capirci qualcosa. Ci sono, a volte, dei momenti in cui l'apatia sembra scomparire. Di solito avviene di notte, momento della giornata in cui provo una paura grandissima, ma che mi permette di liberare il dolore represso durante il giorno. E' l'unico momento della giornata in cui, passata la paura,riesco a fare qualcosa (leggere, disegnare, interessarmi alle cose in generale). Spesso, sempre di notte, ho crisi di pianto molto violente accompagnate da forti tremori. La voglia di piangere mi prende anche di giorno, solo che di notte mi lascio andare di più. Inutile dire che soffro di insonnia e che prima delle 3 non dormo. Comunque le crisi di pianto notturne le avevo anche quando ero bambina. I miei sono separati da quando ero piccolissima e fino ai 14 anni ho vissuto con mia madre. Quando avevo quelle crisi di pianto avevo bisogno che mio padre venisse da me per potermi calmare. Ora che vivo con mio padre il rapporto tra noi due è in un certo senso peggiorato, quindi sapere che lui è accanto a me non mi tranquillizza come quando ero piccola. Inoltre da piccola avevo uno strano problema. Fino ai 5 anni ricordo che parlavo solo con chi decidevo io. Parlavo con i miei genitori, con mio fratello e forse con qualche amichetto. Non parlavo né con i miei parenti, né con le maestre, né con nessun altro. Sapevo parlare benissimo, ma non so dirvi per quale motivo non lo facessi. Ricordo soprattutto che non volevo parlare con le persone soprattutto quando i miei genitori erano presenti. Comunicavo molto attraverso i gesti. Allo stesso tempo, però, c'era una parte di me un po' troppo cresciuta. Facevo ragionamenti che di solito i bambini di quell'età non fanno. Poi verso i 5 anni ho cominciato a parlare un po' con tutti senza dare spiegazioni. Credevo che ormai dovessi farlo perché altrimenti alle elementari mi avrebbero bocciata. La cosa strana è che ancora adesso quando devo parlare con qualcuno mi prende una specie di ansia. Comunque, tornando alla depressione, gli altri sintomi sono problemi fisici (fortissimo bruciore di stomaco, dolori alla testa ecc.), stanchezza in generale, tendenza a restare a letto per troppo tempo e poi ho anche problemi con il cibo, ma forse questo è legato al rapporto con il mio corpo e all'ossessione che ho per l'aspetto fisico. Questo è un problema che ho ereditato da mia madre. Razionalmente so che l'aspetto fisico non è una cosa importante, ma in realtà per me lo è molto e per questo ho una paura incredibile di invecchiare, di veder cambiare il mio viso e proprio non riesco (e non voglio) immaginare me da vecchia.
Per quanto riguarda le relazioni al di fuori della famiglia, hai toccato un tasto dolente. Di amici veri ne ho avuto uno quando ero più piccola (dall'epoca in cui non parlavo fino ai 13 anni) e poi c'è una ragazza che vive molto lontano da me (io sono di Roma e lei di Milano) con cui mi trovo bene perché ha più o meno i miei stessi problemi. Poi conosco molte altre persone, ma se ci sto troppo mi stancano e comunque non ci sono affezionata. Di solito preferisco che le persone non entrino troppo in confidenza con me. C'è un'altra ragazza con cui mi trovo abbastanza bene, ma semplicemente per il fatto che ridiamo molto insieme. Devo dire che a volte quando sto in compagnia il mio disgusto aumenta e poi sto peggio. Ad ogni modo fino a qualche anno fa davo più importanza all'amicizia. All'amore ho sempre dato tantissima importanza, ma forse non ne ho mai provato. E' un po' complicato in realtà... Mi innamoro quando ho la certezza di non essere in alcun modo corrisposta, quando il ragazzo in questione si mostra indifferente. Dal momento in cui capisco che questo ipotetico ragazzo prova qualcosa per me o che comunque non è irraggiungibile, torna il senso di disgusto e quasi mi viene da vomitare. Con la mia prima vera esperienza è andata così. Lui mi piaceva molto, poi nel momento in cui ho capito che l'interesse era reciproco all'improvviso ha cominciato a farmi schifo. Alla fine però sono rimasta con lui due anni perché ero abbastanza piccola e non capivo bene, credevo che forse era così che doveva essere. Davvero è il caso di dire che è stata una relazione orribile. Inoltre confesso che il mio malessere è peggiorato a causa di un'altra relazione strana con un altro ragazzo e devo dire che è stata una relazione simmetricamente opposta alla prima. Mamma mia quanto sono noiosa...
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Messaggio  suggestione Gio Feb 11, 2010 6:13 pm

L'insonnia è già un sintomo di qualche cosa che non va, e tanto per darti qualche dritta , le ore più importanti per il sonno sono dalle 00 alle 2 di notte, per cui si dovrebbe andare a nanna alle 21, 30 e alzarsi alle 5 o 6 del mattino.
Alzarsi dal letto dopo le 8 del mattino non va affatto bene.
Quindi uno stile di vita più equilibrato giova sicuramente alla salute.

Le tue reazioni alla vita non lo so se potrebbero cambiare con i farmaci, sicuramente tanti disturbi fisici scomparirebbero, come anche il tono energetico basso
A me capitava a causa della poca energia a disposizione di starmene al letto rimuginando ogni cosa successa durante la giornata o nel passato.
I farmaci mi hanno completamente cancellato queste abitudini.
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Messaggio  Viola Gio Feb 11, 2010 6:31 pm

ciao Biancospino, ti sto leggendo, e fin qui mi ha colpito una tua emozione : Il DISGUSTO...Ti va di approfondire? Le emozioni ci chiedono di adattarci all'ambiente che le genera...ma quando queste sono forti, gli adattamenti che sono sia fisici che comportamentali, sono richieste stressanti....nel disgusto si trovano classificate altre forme di emozioni, e cioè:disprezzo, sdegno, aborrimento, avversione, ripugnanza, schifo. Come chessò, nella tristezza le altre forme sono:pena, dolore, mancanza d'allegria,cupezza, malinconia, autocommiserazione,solitudine, abbattimento,disperazione, e, in casi patologici, grave depressione. Se ti va parlaci del tuo disgusto e dello schifo, che anche provi e di cui hai scritto nel tuo ultimo post...Ti abbraccio, e benvenuta!!!
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Messaggio  biancospino Gio Feb 11, 2010 9:16 pm

Ciao suggestione. Sono d'accordo con te che gli orari sballati non vanno affatto bene. Già quando ero piccola andavo a dormire piuttosto tardi, ma ora la notte proprio non dormo. Ti dico solo che oggi mi sono svegliata all'una perché ero andata a dormire tardissimo (e comunque mi sono svegliata solo perché il telefono squillava). Mi accorgo io stessa che quando mi sveglio presto sto molto meglio e ho più voglia di vivere. Purtroppo da quando ho iniziato l'università le mie abitudini in fatto di orari sono peggiorate tantissimo. Prima ero obbligata ad alzarmi presto, mentre ora non lo sono quasi mai e nei mesi in cui non ci sono corsi (come adesso, ad esempio) non ho nessun impegno che mi obblighi ad avere orari normali. Quasi sempre metto la sveglia, solo che la spengo senza neanche accorgermene. Poi quando dormo faccio spesso incubi che mi fanno svegliare in continuazione, quindi il sonno non è per niente tranquillo. Comunque chiederò a mio padre di aiutarmi a svegliarmi presto, così magari mi abituerò pian piano a farlo anche da sola.
Rispondendo a Viola, il disgusto è sicuramente una sensazione che provo spesso. Non so spiegarti quale sia il motivo di questa sensazione. Provo disgusto quando sono triste, quando devo fare delle scelte, quando sto con persone con cui non voglio stare. Mi capita di provarlo anche quando mi sembra di essere contenta o soddisfatta. Magari capita qualcosa che mi fa sentire felice e all'improvviso sento che arriva questo senso di ripugnanza. A volte il mio disgusto è anche disprezzo, però queste due cose non coincidono sempre. Più di questo non so che dirti, ma se mi viene in mente qualcos'altro riguardo questa sensazione te lo farò sapere. Un forte abbraccio anche a te!
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Messaggio  Viola Gio Feb 11, 2010 11:00 pm

Ciao, si si, informaci se vuoi ma più che altro segnati tutto quello che emerge da queste chiacchierate virtuali e portale dal tuo psicoterapeuta, visto che , correggimi se sbaglio, ti trovi in una situazione di stallo con la psicoterapia. Tutto quello che emerge dai vari commenti al tuo post....Perchè scrivi che vivi "spesso" il disgusto...e l'adattamento che chiedi al tuo fisico e conseguente comportamento , attraverso il viversi spesso questa emozione, minimo, ripeto, minimo ti crea stress! Il disgusto che provi spesso, passa inevitabilmente per il tuo corpo e il tuo comportamento. A presto.
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Messaggio  anthea Ven Feb 12, 2010 10:20 am

Non vorrei fare la psicologa...
Però, donna, in tutti i tuoi discorsi quando parli dei tuoi problemi profondi esce sempre il nome di tua madre o di tuo padre.
Pare che li ami, li incolpi, li vuoi scagionare e li prendi ad esempio tutto contemporaneamente.

Le frasi seguenti mi hanno particolarmente colpita:
Ora che vivo con mio padre il rapporto tra noi due è in un certo senso peggiorato, quindi sapere che lui è accanto a me non mi tranquillizza come quando ero piccola.

Comunque chiederò a mio padre di aiutarmi a svegliarmi presto, così magari mi abituerò pian piano a farlo anche da sola.

Pare quasi che tu non sia andata avanti nella tua vita... che tutto sia rimasto come quando avevi 5 anni o che questo sia il tuo desiderio.
Perchè ti dovrebbe tranquillizzare come quando eri piccola avere tuo padre vicino?
Perchè dovresti farti svegliare da tuo padre? Non hai la sveglia, tu?

Certe volte gli psicologi insistono sul passato. Anche con me il mio ci ha provato; ma mi sono accorta che, dopo aver eviscerato quello che c'era da eviscerare... non è che la cosa mi abbia fatto stare meglio. Le mie fisime mentali erano sempre lì. Il passato non lo puoi cambiare, ma il futuro sì e su quello dovresti lavorare.

Solitamente il depresso (ovviamente generalizzo e non si offenda nessuno!) desidera che arrivi qualcuno o qualcosa che possa toglierlo dai suoi problemi, che possa guarirlo. Inutile dire che nessuno può operare miracoli e la nostra depressione rimane lì con noi a scavare.
Dovresti renderti conto profondamente che il continuare a vivere nel passato, a cercar di capire perchè ora sei così, a pensare cosa sarebbe successo se i tuoi non avessero divorziato ecc... non serve a nulla.
Ti ho chiamato donna, perchè tu ora sei una donna e non dovresti vivere come se gli altri governassero la tua vita.
In casa cosa fai? Aiuti tuo padre nei lavori domestici? Gestisci il tuo denaro e contribuisci con qualche lavoro saltuario? Hai dei doveri a parte lo studio?
Se non ci fossero i tuoi a mantenerti avresti tempo di dormire fino a tardi?
Se non combini nulla con lo studio, forse è arrivato il momento di sospendere e cercarti un lavoro anche saltuario che ti aiuti a staccarti dal tuo bozzolo.

La faccenda del disgusto nei confronti degli altri e la tua ossessione per il tuo corpo a me fanno pensare ad uno specchio. Alla fine ciò che ti disgusta sei forse tu? Sei tu che non ti piaci, che ti ritieni inadeguata, che non ti permetti neppure di "toccare" nel profondo le persone, perchè temi che possano toccarti a loro volta e vedere come sei inconsistente?
Qui entra in gioco l'autostima; la prima cosa che manca ad un depresso e quella più importante da rafforzare.
Come rafforzarla? Cercando stimoli positivi tutti tuoi, creati da te e solamente da te. Concreti se possibile.
Ad es.: fare volontariato, dipingere le pareti di casa, ecc..
Se non ti apprezzi e non ti ami come sei, non puoi costruire nulla e diventa difficile guarire.

Non pensare a tutto quello che non va o rimmarrai schiacciata. Inizia con un piccolo passo, uno sforzo piccolo e pensa solamente a quello. Presi uno alla volta i problemi sembreranno più abbordabili.

Ovviamente queste sono mie considerazioni personali fatte in base a quello che scrivi qui. E quelli che ti dò sono consigli non indicazioni terapeutiche. Magari sto toppando alla grande..... ma ti parlo con franchezza perchè tu l'hai chiesto.

Un abbraccio.
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