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Messaggio  Stef Mer Giu 20, 2012 4:07 pm

L’altro giorno Canterel, rispondendo a un mio post off topic, citava un autore di fantascienza, uno importante, Ray Bradbury recentemente scomparso. Tanto per dare un riferimento a chi non lo conoscesse, digitate su Google Fahrenheit 451 (lo ha scritto lui).
Di questo scrittore, anzi di questa “persona” (perché in questo forum questo ci interessa) mi ha molto colpito la “causa scatenante” e la “forma” in cui fu stimolato a scrivere (quindi “ideare”) i suoi libri. Citerò in corsivo l’incipit di un suo scritto che “sembra” non connesso al discorso depressione. Ma osserviamo com’era la sua mente, il suo cervello.
Fu verso i sette otto anni che Ray Bradbury cominciò a leggere una rivista “con illustrazioni di copertina vivaci e incredibilmente estrose che nutrivano la mia immaginazione affamata”. Subito dopo, quando è uscito Buck Rogers, un personaggio di fantascienza, “è andata crescendo in me la bestia creativa e penso che fu proprio in quell’autunno che sono andato fuori di testa. È questo l’unico modo per descrivere l’intensità con cui divoravo le storie che leggevo. È raro nella vita provare una tale eccitazione che ti riempie le giornate di emozioni”.
Un punto cruciale è quello dove afferma: “Capisco che croce dovevo essere per i miei amici e parenti”. Questo mi ricorda molto da vicino la mia esperienza da depresso ciclotimico. Poi continua: “Un delirio dopo un’esaltazione dopo un entusiasmo dopo un’isteria […] Mi agitavo e mi dimenavo, perché avevo paura che la vita potesse finire proprio quello stesso pomeriggio”. Ray Bradbury prosegue dicendo che l’avevano stimolato a continuare a scrivere delle tavole domenicali e un libro, ma egli usa questa espressione: “La mia pazzia successiva risale al 1931, quando è apparsa la prima serie delle tavole domenicali a colori di […]”.
Ora, tutti i termini usati fanno trasparire uno stato mentale, uno stato dell’essere, un’emozione esattamente contrari a quelli della depressione (ma forse conciliabili a quelli della fase maniacale del disturbo bipolare). Ma il punto che a me preme è un altro. Perché era così?
Lo è diventato perché stimolato da quella prima rivista a sette otto anni solo a livello psichico – psicologico?
Oppure era così da sempre, cioè “pazzo”, “affamato”, con una “bestia creativa” dentro?
È stata la lettura stimolante, creativa della fantascienza che è creativa già di per sé, a colori (nel 1928!) ad essere un mero grilletto che ha fatto scattare in lui questa super eccitazione-entusiasmo-vena creativa ininterrotta già latente?
La risposta a questo quesito è la stessa di quella della depressione. Ma so già la vostra risposta.
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Messaggio  Camelia Bianca Dom Lug 01, 2012 2:19 am

Credo che la risposta possa essere riassunta in due sole parole: fattore scatenante.
Ognuno di noi ha un folle, un criminale, un genio, un depresso, un artista e cento altri se stessi latenti dentro di sè. Ciò che determinerà chi di loro affiorerà in superficie e quando sarà solo l'ambiente esterno, immagino, il bagaglio di esperienze che si faranno, e che nel bene o nel male contribuiranno a formarci e renderci ciò che siamo.

Se Ray Bradbury fosse una "bestia creativa" da sempre? Potenzialmente si, e la sua vita lo ha reso poi effettivamente tale.

...e per inciso, lo adoro.
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