come anch'io sono uscito dalla depressione

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Messaggio  pochis Mar Set 10, 2013 7:04 pm

dopo anni di psichiatri e farmaci di tutti i tipi, psicoterapia e molta psicoanalisi mi sono trovato in umo stato depressivo fortissimo (sono anche entrato in contatto con Exit-Italia per andare in Svizzera a prendere i 15 grammi di pentotal sodico)...ecco come mi sono salvato:
un mio caro amico (che tra l'altro conosce e lavora con uno psichiatra) si è veramente spaventato vedendo il materiale che mi era arrivato per posta da Exit-Italia.
Sono quindi andato da quello psichiatra che mi ha preparato una richiesta di ricovero PER IL GIORNO DOPO alla clinica di Poggio Sereno (è convenzionata, non si spende nulla).
Ho fatto 25 giorni di flebo di Anafranil, partendo da mezza fiala fino ad arrivare a quattro, più il Seroquel e il Depakin come stabilizzatori d'umore.
Durante questo periodo TUTTI I GIORNI eccetto la domenica venivano i medici, molto bravi, a sentire come andava ed eventualmente ad aggiustare la terapia farmacologica.
Alla fine ciò che prendevo di Anafranil con le flebo mi è stato sostituito con pasticche della stessa dose.
Ora sto veramente bene; erano molti molti anni che non mi sentivo così, e posso dire che questo E' VIVERE, ho ripreso anche la psicoanalisi perchè ne sento il bisogno, ma non sono più depresso e questo è fantastico.
Quindi, a tutti i depressi dico: cercate se non un ricovero almeno un periodo di day-hospital (occorre monitorare tutti i giorni la pressione, e poi si fanno in genere un paio di elettrocardiogrammi di controllo).
L'Anafranil, da quello che ho sentito, pur essendo un farmaco un po' vecchiotto rispetto ai più recenti SSRI e SSNRI sembra veramente molto efficace, ma bisogna fare questo sotto stretto controllo medico.


pochis

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Messaggio  silviaMario Mar Set 10, 2013 8:23 pm

Io non ho fiducia negli psicofarmaci, piuttosto cercherei una psicoterapeuta brava che sappia fare il suo lavoro e che mi sappia dare i giusti input, gli strumenti adatti per prendere in mano la mia vita, per saper gestire i pensieri e le sensazioni di disperazione che arrivano e che normalmente la fanno da padroni. Non voglio criticare il tuo vissuto, ma ti dico solo che la cosa più importante è la psicoterapia, bisogna trovare uno psicologo bravo che abbia lavorato anche molti anni su sé stesso, gli psichiatri normalmente non mi piacciono, sono medici che ti danno i farmaci, ti fanno parlare ma i benefici reali non ci sono. Gli psicoterapeuti invece sono formati per un approccio diverso che possa risolvere la causa reale del problema e soprattutto ci aiutano a essere forti e padroni di noi stessi, ci aiutano a trovare in noi stessi la capacità di gestire i nostri pensieri senza l' intralcio degli psicofarmaci che alterano la chimica del cervello dando un benessere fittizzio. Io fossi in te cercherei un buon psicoterapeuta, magari un analista corporeo della relazione, e smetterei gradualmente con i farmaci. Buona fortuna...

silviaMario

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Messaggio  Sussurro Sab Set 14, 2013 5:10 am

silviaMario, fidati che in alcuni momenti si può essere talmente depressi che non te ne frega niente di uno psicoterapeuta, non hai la forza ma neanche la voglia di parlare, non hai neanche abbastanza forza o voglia per ucciderti, e sei lì che soffri e aspetti. Aspetti cosa? no in effetti non aspetti niente, perché non hai neanche la speranza che qualcosa possa cambiare. A questo punto fissi il vuoto, fai autolesionismo, bevi o qualcos'altro. Ecco che entrano in gioco i farmaci. Che come l'alcol e l'autolesionismo, ti calmano, ti riempiono il vuoto oppure svuotano la mente. Sono delle droghe legalizzate se così le vuoi chiamare, fa poca differenza. Una volta che ci si è calmati magari si può anche guardare la tv, leggere un giornale o quant'altro. E magari dopo un po' ritrovare anche la forza e la voglia di parlare.
ps non so se il mio discorso abbia senso in italiano, ma abbiate pazienza sono le 5 del mattino

Sussurro

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Messaggio  piquemal Dom Set 15, 2013 12:37 pm

Mi vengono due parole da spendere sugli psicofarmaci e di rimando a quello che curano o tappano, che dir si voglia. La prospettiva di una vita medicalizzata non è allettante ed è facile per un esordiente agire in modo incostante nell'assunzione della terapia. Dimenticarsi, rifiutare, tentare altre vie rispetto all'assunzione abitudinaria della pillola insapore, un rischio forse giusto da correre a scopo conoscitivo, nella consapevolezza dei rischi che questo comporta. L'esito può essere, o almeno qui mi pare di vedere esperienze in tal senso, di fare a meno dei medicinali come di accettarli come una parte del proprio percorso, senza che reputi che una strada sia quella più giusta o che si tratti di una scelta pienamente volontaria quella tra i due esiti.
Sul secondo esito, la pillola come rifugio mi rende perplesso mentre riesco più a considerare la pillola come necessità. Perché si toccano, si possono toccare, a me personalmente toccano, momenti di varia natura dove il non essere ha il sopravvento sulla presenza a sé, momenti forse di semplice (?) squilibrio chimico o di magmatica spiritualità, comunque sia mi è difficile reputare quei momenti come definitori della propria percezione di sé - tutte le volte che ho pensato di essere arrivato a un culmine, al fatto che non avevo più niente da scoprire, in qualche modo un po' di pazienza+tempo e una maggiore cognizione mi dicevano che sbagliavo (spero di ricordarmelo la prossima volta). In quei momenti capisco che una pillola può essere d'aiuto, perché agisca come un tappeto su cui dipanare con più calma una matassa che blocca o fa agire sconsideratamente, cercando sempre di assumerla con la testa senza sedermici sopra (che se no sarebbe una supposta).

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