non ce la faccio
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canterel II
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Stef
tic tac
marco7
spiaggia
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non ce la faccio
se una non ce la fa proprio a vivere e pensa che la lotta per riemergere è impari e non porta a risultati, come può muoversi e non lasciarsi andare dove non sente più ?
spiaggia- Numero di messaggi : 92
Data d'iscrizione : 10.10.12
Re: non ce la faccio
il senso di impotenza è spesso un sintomo della depressione stessa.
per sentirti meglio è importante curare la depressione con un bravo psichiatra e/o uno psicologo.
quando la depressione diminuisce tornano anche le speranze.
per sentirti meglio è importante curare la depressione con un bravo psichiatra e/o uno psicologo.
quando la depressione diminuisce tornano anche le speranze.
marco7- Numero di messaggi : 331
Data d'iscrizione : 12.12.10
Re: non ce la faccio
Bisogna reagire, continuare a cercare soluzioni, perchè esse esistono, tenendo conto che non si può sempre essere al 100 per 100.
tic tac- Numero di messaggi : 188
Data d'iscrizione : 15.08.10
Località : Milano
Re: non ce la faccio
Spera, Spiaggia, spera. Continua, resisti. Curati, vai o fatti portare da qualcuno che sia bravo nelle depressioni. Uno psichiatra dedicato alle depressioni, un neuropsichiatra, una donna. Cerca, chiedi.
Ciò che tu vivi l'hanno vissuto in milioni e milioni prima di te. Ogg non è come ieri, i passi da gigante fatti possono esere buoni anche per te, anche se pensi che sia tutto inutile.
Ciò che tu vivi l'hanno vissuto in milioni e milioni prima di te. Ogg non è come ieri, i passi da gigante fatti possono esere buoni anche per te, anche se pensi che sia tutto inutile.
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
spiaggia ha scritto:se una non ce la fa proprio a vivere e pensa che la lotta per riemergere è impari e non porta a risultati, come può muoversi e non lasciarsi andare dove non sente più ?
mia madre ha solo me, è anziana e totalmente non autosufficiente, ho il dovere di cercare di proteggerla
spiaggia- Numero di messaggi : 92
Data d'iscrizione : 10.10.12
Re: non ce la faccio
Attenta a te, intendo ai sensi di colpa. Non si tratta di tua madre. Sarebbe lungo e difficile spiegare, solo chi ha fatto psicologia o meglio psicologia del profondo capirà bene. Cerca, cerca si internet. Non mento.
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
Stef ha scritto:Attenta a te, intendo ai sensi di colpa. Non si tratta di tua madre. Sarebbe lungo e difficile spiegare, solo chi ha fatto psicologia o meglio psicologia del profondo capirà bene. Cerca, cerca si internet. Non mento.
non so a cosa ti riferisci, non potresti darmi un indizio qualcosa per iniziarea a comprendere? Io non vivo stef, non faccio niente, la mia casa sembra una tana
spiaggia- Numero di messaggi : 92
Data d'iscrizione : 10.10.12
Re: non ce la faccio
Ciao spiaggia, mi sono iscritta oggi al forum.
Sto cercando anche io per la prima volta di descrivere quello che provo, di cercare un sostegno negli altri, anche solo di sentire semplicemente che non sono l'unica a stare così.
Tu chiedi come si fa, e io purtroppo non so risponderti, perchè le risposte le sto cercando anche io.
Posso provare a chiederti cosa ti piaceva fare prima che iniziasse tutto questo, anche se so che ora non sei in grado di farlo, però puoi prendere un piccolo spunto da lì.
Io ad esempio la tv non riesco più a guardarla, perchè non ho più abbastanza concentrazione per farlo, allora sto provando con brevi filmati sul web, magari dei tutorial delle cose che mi piaceva fare, che richiedono meno attenzione.
Anche solo delle ricette di cucina, per farti un esempio, cose semplici, che mi distraggono un pò la mente.
Poi cerco di profumare la mia casa. Con i profumi che mi facciano rilassare, per sentirla più accogliente, e non solo la "tana" in cui mi sono rinchiusa.
Da quando ho iniziato a stare così, ho iniziato anche ad odiare la mia casa, che prima amavo, allora cerco di renderla meno angosciante.
Cerco di guardare i siti di fotografia. Trovo che niente come quello occupi la mia attenzione.
Non cerco paesaggi, ma oggetti, cose di tutti i giorni, che qualcuno ha guardato con occhio diverso.
Lo faccio per accorgermi che ci sono ancora cose intorno a me, ma semplicemente che io ora non so vederle per quel che sono.
Ecco, so che non è molto. E non risolve nessun problema.
Ma volevo solo dirti qualcuna delle sciocchezze che faccio io per "rimanere a galla".
Un abbraccio
Sto cercando anche io per la prima volta di descrivere quello che provo, di cercare un sostegno negli altri, anche solo di sentire semplicemente che non sono l'unica a stare così.
Tu chiedi come si fa, e io purtroppo non so risponderti, perchè le risposte le sto cercando anche io.
Posso provare a chiederti cosa ti piaceva fare prima che iniziasse tutto questo, anche se so che ora non sei in grado di farlo, però puoi prendere un piccolo spunto da lì.
Io ad esempio la tv non riesco più a guardarla, perchè non ho più abbastanza concentrazione per farlo, allora sto provando con brevi filmati sul web, magari dei tutorial delle cose che mi piaceva fare, che richiedono meno attenzione.
Anche solo delle ricette di cucina, per farti un esempio, cose semplici, che mi distraggono un pò la mente.
Poi cerco di profumare la mia casa. Con i profumi che mi facciano rilassare, per sentirla più accogliente, e non solo la "tana" in cui mi sono rinchiusa.
Da quando ho iniziato a stare così, ho iniziato anche ad odiare la mia casa, che prima amavo, allora cerco di renderla meno angosciante.
Cerco di guardare i siti di fotografia. Trovo che niente come quello occupi la mia attenzione.
Non cerco paesaggi, ma oggetti, cose di tutti i giorni, che qualcuno ha guardato con occhio diverso.
Lo faccio per accorgermi che ci sono ancora cose intorno a me, ma semplicemente che io ora non so vederle per quel che sono.
Ecco, so che non è molto. E non risolve nessun problema.
Ma volevo solo dirti qualcuna delle sciocchezze che faccio io per "rimanere a galla".
Un abbraccio
.- Numero di messaggi : 3
Data d'iscrizione : 27.12.12
Re: non ce la faccio
. ha scritto:Ciao spiaggia, mi sono iscritta oggi al forum.
... è bello quello che mi hai scritto, mi ritrovo in alcuni tuoi gesti e desideri. Attualmente io non riesco a compiere un atto che migliori il luogo in cui vivo. Riesco solo a impegnarmi in quelle che sono le priorità più necessarie, e queste non sono piacevoli.
Parlare del dolore che provo mi aiuta a sentirlo di meno, lui rimane ma ho momenti di minore sofferenza quasi riuscissi a svuotarne via un po'. Vorrei eliminarlo del tutto, ci provo, ancora non sono arrivata in fondo al percorso di conoscenza che occorre all'eliminazione . Prima avevo degli interessi e alcune attività che mi piacevano, adesso non riesco neanche a leggere o ascoltare musica, la mia grande amica. Adesso da qualche mese non sento il dolore cupo, guardo la tv e chatto con altri come me, due attività che non ero solita fare. A questo modo di vivere una realtà edulcorata sto inserendo brevi uscite, e pause dalla mia amica. Sono piccoli passi, ma sono passi che spero di moltiplicare per tornare come prima.. Anch'io vorrei abitare altrove, in un posto nuovo dove ricominciare a scrivere nuove pagine.
Ti ringrazio per avermi reso partecipe del tuo sentire, ti ringrazio per essermi vicina e ti abbraccio
raccio
spiaggia- Numero di messaggi : 92
Data d'iscrizione : 10.10.12
Re: non ce la faccio
Sì, certo. L'unica cosa è che è difficile da credere, accettare e comprendere.
Può essere che inconsciamente io odi una persona per un qualche motivo (sempre inconscio che ora è difficle spiegare perché si tratta di cose non palesi, classico è il caso della gelosia per il genitore dello stesso sesso quando si è piccoli o giovani - con desiderio della sua morte - perché inconsciamente ci ruba l'amore del genitore di sesso opposto). Allora succede che una parte di me (che non emerge alla superficie) desidera la sua morte, "uccide" la persona inconsciamente. Ma questo pensiero-sentimento viene sbarrato perché considerato inammissibile, viene rifiutato e rimosso dalla coscienza. Ma il sentimento di morte, di annientamento, "permane" a livello inconscio. Non essendo coscienti di questo meccanismo, ma vivendolo dentro, compensiamo istintivamente questa cosa prendendoci cura della persona di cui vogliamo la morte, amandola oltremodo, anche a costo di vivere male o di perdere la libertà o altra forma di compensazione. Anzi, il sacrificarsi ci fa sentire meglio perché avremo fatto il nostro dovere. Pensiamo che ciò sia il minimo. Ma non è amore, solo senso di colpa.
Volevo dire "Attenzione a te stessa, attenzione sulla cosa che ti blocca, che non ti fa camminare, andare oltre, ti fa dipendere, ti fa "rimanere" sulla stesdsa situazione ecc. ecc., non è tua madre il problema, capisci?
Può essere che inconsciamente io odi una persona per un qualche motivo (sempre inconscio che ora è difficle spiegare perché si tratta di cose non palesi, classico è il caso della gelosia per il genitore dello stesso sesso quando si è piccoli o giovani - con desiderio della sua morte - perché inconsciamente ci ruba l'amore del genitore di sesso opposto). Allora succede che una parte di me (che non emerge alla superficie) desidera la sua morte, "uccide" la persona inconsciamente. Ma questo pensiero-sentimento viene sbarrato perché considerato inammissibile, viene rifiutato e rimosso dalla coscienza. Ma il sentimento di morte, di annientamento, "permane" a livello inconscio. Non essendo coscienti di questo meccanismo, ma vivendolo dentro, compensiamo istintivamente questa cosa prendendoci cura della persona di cui vogliamo la morte, amandola oltremodo, anche a costo di vivere male o di perdere la libertà o altra forma di compensazione. Anzi, il sacrificarsi ci fa sentire meglio perché avremo fatto il nostro dovere. Pensiamo che ciò sia il minimo. Ma non è amore, solo senso di colpa.
Volevo dire "Attenzione a te stessa, attenzione sulla cosa che ti blocca, che non ti fa camminare, andare oltre, ti fa dipendere, ti fa "rimanere" sulla stesdsa situazione ecc. ecc., non è tua madre il problema, capisci?
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
Bisogna curare anche se stessi, ma non per egoismo o perché siamo migliori, ma perché anche noi siamo esseri umani. E poi perché se non stiamo bene, noi non riusciamo ad aiutare gli altri adeguatamente (o potremmo non resistere e cedere).
Ci sono specialisti, in genere psichiatri, che sono dedicati e preparati specificamente su questa malattia (perché tale è). Uno importante è il Prof. Cassano a Pisa. La terapia d'attacco alla depressione è sempre farmacologioca, a meno che non si tratti di cosa lieve, in questo caso basta una psicoterapia (ce ne sono diverse, come ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale). In ogni caso, anche se la depressione è grave e viene trattata farmacologicamente, fa bene (una volta che si sta meglio) fare contemporaneamente una psicoterapia. I due specialisti dovranno contattarsi per armonizzare le due cure.
Ci sono specialisti, in genere psichiatri, che sono dedicati e preparati specificamente su questa malattia (perché tale è). Uno importante è il Prof. Cassano a Pisa. La terapia d'attacco alla depressione è sempre farmacologioca, a meno che non si tratti di cosa lieve, in questo caso basta una psicoterapia (ce ne sono diverse, come ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale). In ogni caso, anche se la depressione è grave e viene trattata farmacologicamente, fa bene (una volta che si sta meglio) fare contemporaneamente una psicoterapia. I due specialisti dovranno contattarsi per armonizzare le due cure.
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
Stef ha scritto: classico è il caso della gelosia per il genitore dello stesso sesso quando si è piccoli o giovani - con desiderio della sua morte - perché inconsciamente ci ruba l'amore del genitore di sesso opposto). Allora succede che una parte di me (che non emerge alla superficie) desidera la sua morte, "uccide" la persona inconsciamente. Ma questo pensiero-sentimento viene sbarrato perché considerato inammissibile, viene rifiutato e rimosso dalla coscienza. Ma il sentimento di morte, di annientamento, "permane" a livello inconscio. Non essendo coscienti di questo meccanismo, ma vivendolo dentro, compensiamo istintivamente questa cosa prendendoci cura della persona di cui vogliamo la morte, amandola oltremodo, anche a costo di vivere male o di perdere la libertà o altra forma di compensazione. Anzi, il sacrificarsi ci fa sentire meglio perché avremo fatto il nostro dovere. Pensiamo che ciò sia il minimo. Ma non è amore, solo senso di colpa.
ecco, questo è proprio uno dei pilastri della scuola freudiana che - almeno, spiattellato in una forma come questa - mi lascia un po' perplesso. assai più di quanto non faccia l'insistente ed eccessiva sessualizzazione dei comportamenti e dei contenuti latenti che gli viene attribuita.
non è che non riconosca il valore generale dell'intuizione che c'è nella teoria del complesso di edipo; è che poi la sua articolazione così concepita mi sembra un po' troppo rigida e deterministica. io ad esempio non trovo reciprocamente esclusivi l'amore e il senso di colpa. mi sembrano due sentimenti abbastanza compatibili. e inoltre non credo che il "sentimento di morte" debba sgorgare per forza in relazione a questo trauma fondamentale. e contesto l'assunto per cui a livello della coscienza e della vita spirituale della persona, debba valere una specie di legge della ricorsività all'indietro, per cui ciò che è più vero e più autentico è per forza ciò che si è manifestato in una mitica condizione originaria della quale non serbo memoria, e con ciò, se quando avevo il pannolone mi sono incazzato col babbo, allora l'amore che gli porto da una vita non è proprio amore, ma è una specie di sovrastruttura che mi protegge da me stesso e dalla mia aggressività.
in generale, faccio fatica ad accettare questo determinismo dell'inconscio e non consentirei mai ad un tizio di spiegarmi con i codici alla mano cosa c'è al fondo di un sentimento che a me sembra autentico e che invece per la sua scuola è pellicola che ricopre una pulsione atavica di tutt'altra specie. il rischio è che queste speculazioni diventino un tanto deresponsabilizzanti, a prenderle troppo sul serio, o troppo alla lettera.
Re: non ce la faccio
La tua terapia consiste esclusivamente di qualche goccia di citalopram? cosa provi nei riguardi della psicoanalisi?spiaggia ha scritto:se una non ce la fa proprio a vivere e pensa che la lotta per riemergere è impari e non porta a risultati, come può muoversi e non lasciarsi andare dove non sente più ?
Zimmi- Numero di messaggi : 1
Data d'iscrizione : 29.12.12
Re: non ce la faccio
Le semplificazioni sono utili come semplici indicazioni.
«Attenzione, stai in guardia!»
Attenzione, stai in guardia da te stesso. Poi tutto può essere, anche che Feud sia morto per sempre anche nel "senso", nel significato. La vera questione è un'altra, quella dell'orientamento di un individuo, e per conseguenza delle sue scelte. Cioè se ci si orienta verso una strategia rigida ma semplice oppure verso una più creativa e gratificante ma complessa.
Io sono dalla parte di chi dice che le cose non sempre stanno come sembrano, come crediamo, non sono sempre semplici e immediate, non sono sempre quelle che si vedono in superficie. Nello stesso tempo però - anzi, primaditutto - bisogna accettare la realtà, saperla guardare. E cioè capire, realizzare, che così non va, che si sta male, che non si può continuare a questo modo. Ma subito dopo ci vuole un'analisi della situazione, delle sue cause. E al 90% le cause siamo noi stessi, non le nostre madri. Come vedi, caro amico, non è dietrologia.
«Attenzione, stai in guardia!»
Attenzione, stai in guardia da te stesso. Poi tutto può essere, anche che Feud sia morto per sempre anche nel "senso", nel significato. La vera questione è un'altra, quella dell'orientamento di un individuo, e per conseguenza delle sue scelte. Cioè se ci si orienta verso una strategia rigida ma semplice oppure verso una più creativa e gratificante ma complessa.
Io sono dalla parte di chi dice che le cose non sempre stanno come sembrano, come crediamo, non sono sempre semplici e immediate, non sono sempre quelle che si vedono in superficie. Nello stesso tempo però - anzi, primaditutto - bisogna accettare la realtà, saperla guardare. E cioè capire, realizzare, che così non va, che si sta male, che non si può continuare a questo modo. Ma subito dopo ci vuole un'analisi della situazione, delle sue cause. E al 90% le cause siamo noi stessi, non le nostre madri. Come vedi, caro amico, non è dietrologia.
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
ConcordoStef ha scritto:Io sono dalla parte di chi dice che le cose non sempre stanno come sembrano, come crediamo, non sono sempre semplici e immediate, non sono sempre quelle che si vedono in superficie.
Siamo noi le cause o in noi sono le conseguenze di quanto ci capita/è capitato o entrambe?Stef ha scritto:E al 90% le cause siamo noi stessi, non le nostre madri
Niklaswolf- Numero di messaggi : 395
Data d'iscrizione : 10.03.12
Età : 46
Località : Milano
Re: non ce la faccio
Siamo fatti del nostro passato, la nostra costruzione conta. Ma se siamo determinati dal nostro vissuto è anche vero che esso influisce se noi non ne siamo coscienti. Se ci analizziamo (o ci facciamo analizzare da uno specialista onesto che può essere uno psicoterapeuta, uno psicanalista o altro) vedremo che molta della nostra vita è dipesa da falsi concetti, visioni del mondo, illusioni, deformazioni, influenze esterne ma anche interne. In un ambiente gretto, desolante, in una società depressiva, è ovvio che la persona non è la stessa di quella che vive in una famiglia gioiosa, curiosa, stimolante, creativa, ricca ecc. ecc. Ma non l'indole, quella rimane. Ma può cambiare, e può chiudersi a riccio in un mondo suo anche in un contesto apparentemente favorevole ma... contrastante nelle pretese, minaccioso nei ricatti... alla fine il nostro essere non è più naturale.
Noi non sappiamo "quanto" ha influito l'ambiente e "quanto" ha influito il nocciolo della personalità originario. Occorre partire da sé e ascoltarsi per vedere cosa non va (in noi e nel mondo). Quindi, appunto, cercare di scoprirne le cause. Solo dopo questi passi cercare una soluzione, e infine - ovviamente - praticarla.
Ho fatto un po' di confusione perché non mi ricordo cosa volevo dire all'inizio.
Noi non sappiamo "quanto" ha influito l'ambiente e "quanto" ha influito il nocciolo della personalità originario. Occorre partire da sé e ascoltarsi per vedere cosa non va (in noi e nel mondo). Quindi, appunto, cercare di scoprirne le cause. Solo dopo questi passi cercare una soluzione, e infine - ovviamente - praticarla.
Ho fatto un po' di confusione perché non mi ricordo cosa volevo dire all'inizio.
Stef- Numero di messaggi : 1033
Data d'iscrizione : 13.01.08
Età : 70
Località : Napoli
Re: non ce la faccio
Non vivo, sono assolutamente incapace di fare. Sto perdendo le speranze di riuscire a riprendere il timone della mia vita, cessato il dolore non va via l'apatia e il non fare. Anche scrivere pare non aiutarmi ad uscire da questo stato, inizio ad avere la paura di andarmene in punta di piedi
spiaggia- Numero di messaggi : 92
Data d'iscrizione : 10.10.12
Re: non ce la faccio
canterel II ha scritto:Stef ha scritto: classico è il caso della gelosia per il genitore dello stesso sesso quando si è piccoli o giovani - con desiderio della sua morte - perché inconsciamente ci ruba l'amore del genitore di sesso opposto). Allora succede che una parte di me (che non emerge alla superficie) desidera la sua morte, "uccide" la persona inconsciamente. Ma questo pensiero-sentimento viene sbarrato perché considerato inammissibile, viene rifiutato e rimosso dalla coscienza. Ma il sentimento di morte, di annientamento, "permane" a livello inconscio. Non essendo coscienti di questo meccanismo, ma vivendolo dentro, compensiamo istintivamente questa cosa prendendoci cura della persona di cui vogliamo la morte, amandola oltremodo, anche a costo di vivere male o di perdere la libertà o altra forma di compensazione. Anzi, il sacrificarsi ci fa sentire meglio perché avremo fatto il nostro dovere. Pensiamo che ciò sia il minimo. Ma non è amore, solo senso di colpa.
ecco, questo è proprio uno dei pilastri della scuola freudiana che - almeno, spiattellato in una forma come questa - mi lascia un po' perplesso. assai più di quanto non faccia l'insistente ed eccessiva sessualizzazione dei comportamenti e dei contenuti latenti che gli viene attribuita.
non è che non riconosca il valore generale dell'intuizione che c'è nella teoria del complesso di edipo; è che poi la sua articolazione così concepita mi sembra un po' troppo rigida e deterministica. io ad esempio non trovo reciprocamente esclusivi l'amore e il senso di colpa. mi sembrano due sentimenti abbastanza compatibili. e inoltre non credo che il "sentimento di morte" debba sgorgare per forza in relazione a questo trauma fondamentale. e contesto l'assunto per cui a livello della coscienza e della vita spirituale della persona, debba valere una specie di legge della ricorsività all'indietro, per cui ciò che è più vero e più autentico è per forza ciò che si è manifestato in una mitica condizione originaria della quale non serbo memoria, e con ciò, se quando avevo il pannolone mi sono incazzato col babbo, allora l'amore che gli porto da una vita non è proprio amore, ma è una specie di sovrastruttura che mi protegge da me stesso e dalla mia aggressività.
in generale, faccio fatica ad accettare questo determinismo dell'inconscio e non consentirei mai ad un tizio di spiegarmi con i codici alla mano cosa c'è al fondo di un sentimento che a me sembra autentico e che invece per la sua scuola è pellicola che ricopre una pulsione atavica di tutt'altra specie. il rischio è che queste speculazioni diventino un tanto deresponsabilizzanti, a prenderle troppo sul serio, o troppo alla lettera.
Impeccabile.
Ed ora la finisco di evidenziare ogni scritto che trovo supremo.
Che comunque siete proprio una bella sorpresa, alcuni di voi!
Analitica- Numero di messaggi : 190
Data d'iscrizione : 08.04.13
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