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Messaggio  daniele72 Ven Gen 15, 2016 12:42 pm

Ciao! Soffro di depressione da 15 anni; nonostante gli antidepressivi e la psicoterapia non riesco ad integrarmi nel lavoro, farmi degli amici, od avere una relazione. In pratica, lavoro mangio e dormo, e sono sempre più stanco e sfiduciato. Guarirò mai?

daniele72

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Messaggio  canterel II Ven Gen 15, 2016 6:17 pm

daniele72 ha scritto:Ciao! Soffro di depressione da 15 anni; nonostante gli antidepressivi e la psicoterapia non riesco ad integrarmi nel lavoro, farmi degli amici, od avere una relazione. In pratica, lavoro mangio e dormo, e sono sempre più stanco e sfiduciato. Guarirò mai?

ciao daniele72. fossi in te proverei a porre domande un po' diverse, perché "guarirò mai" apre una serie di problemi (sia sul concetto un po' indefinito di guarigione, sia sulla prevedibilità della guarigione proiettata nel futuro remoto).
io mi chiederei altre cose, appunto, cioè mi chiederei se voglio stare meglio oppure no (sembra una domanda cretina, ma quando la rivolgo a me stesso mi accorgo di cercare poi risposte complesse e piene di discriminanti), e cosa posso/sono disposto a fare o facilitare in questo momento per rendere la mia situazione più gradevole o più stimolante o più dinamica, e con quali risorse disponibili.
riguardo alle relazioni umane, affettive e professionali, bisognerebbe cercare di capire cosa si intende per integrazione in ciascuno di questi ambiti, anche immaginando situazioni intermedie o solo parzialmente rispondenti all'ideale.
dalla tua presentazione si evince che gli strumenti in opera nella tua terapia non ti sembrano sufficienti a realizzare dei risultati, ma questa affermazione non specifica quali possano essere concretamenti gli ostacoli a tali realizzazioni. Non è detto che questi ostacoli siano tutti necessariamente riconducibili alla tua depressione attuale: tante persone incontrano difficoltà nelle relazioni anche perché l'organizzazione sociale è un po' collassata e la distribuzione delle attività delle persone appare spesso disfunzionale (tanta attività e comunicazione inutile, tanto lavoro alienato e introverso ma non facilmente evitabile che distoglie energie e tempo da dedicare a bisogni che restano non solo insoddisfatti ma perfino poco espressi nella coscienza).

in ogni caso secondo me è importante riconoscere che per costruire e mantenere relazioni di diversi tipi serve un po' di disponibilità al lavoro in perdita. si può in un certo senso ottenere una soddisfazione solo se si accetta l'eventualità dell'insoddisfazione. perché è probabile che si investano energie e si consolidino aspettative intorno a persone e situazioni che possono poi deludere, ma questa delusione va accolta con una certa pazienza, come se fosse un retrogusto inevitabile dell'esperienza di contatto con il prossimo (pazienza verso se stessi intendo, non necessariamente passività e sottomissione a scorrettezze o pretese ingiuste degli altri).
nei momenti della mia vita in cui mi sono aperto di più e ho raccolto di più le possibilità di fare esperienze significative con gli altri, con l'idea di spezzare l'isolamento, ho spesso assunto interiormente una specie di atteggiamento da antropologo che si rassegna ad alimentare la sua curiosità verso popolazioni sconosciute tollerando la frustrazione di fondo di non condividerne il codice, di essere escluso dal tabernacolo dei loro dei, di essere spesso sorpreso da comportamenti inattesi, di faticare a cogliere i dettagli e i moventi delle varie situazioni, di non poter contare su simboli condivisi, strumenti facili da usare, maschere e riti che si padroneggiano bene. anzi, il piacere e l'affetto vanno un po' estratti da questa radice amarognola dell'incontro con abitudini altrui che sembrano assurde, motivazioni e sistemi morali che non si condividono affatto, storie e barzellette che non si capiscono e non fanno ridere.


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Messaggio  tic tac Ven Gen 15, 2016 10:19 pm

Mai scoraggiarsi, mantenere la calma e credere in se stessi.

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Messaggio  Pavely II Sab Gen 16, 2016 11:06 am

daniele72 ha scritto: [...] non riesco ad integrarmi nel lavoro, farmi degli amici, od avere una relazione. [...] Guarirò mai?

Analizziamo le tre domande.

In verità, vanno riorganizzate: farmi degli amici --->avere una relazione ---> integrarmi nel lavoro.

Sono consequenziali.

La sequenza può anche essere composta così: integrarmi nel lavoro ---> farmi degli amici ---> avere una relazione.

§

Le due sequenze si compongono in una mappa concettuale che mette al centro del discorso il "farmi degli amici".

E la domanda è: come ci si fa degli amici?

La risposta è questa: capendo l'autorità, la sottomissione, la parità.

Tento di spiegarmi: quando due persone entrano in contatto - te la faccio semplice - costruiscono tre codici comunicativi: l'autorità, la parità, la sottomissione.

Se la comunicazione rimane 'stabile' in uno di questi tre codici, la relazione che ne nasce non potrà mai portare a costruire un'amicizia. Provo con un esempio: metti che io incontri una persona e che inizi a dare ad essa un "lei": "Come stà?", "Ha visto che bella giornata oggi?"...

Se accade questo, la relazione rimarrà sempre nella modalità 'autorità': riconosco all'altro l'autorità, un ruolo sociale importante, una distanza emotiva che non mi permette di avvicinarmi ad essa. Poi, può accadere che questa persona mi dica: "Dai... ma non è così... diamoci del tu..." accompagnando questa frase con un sorriso.

Se accade questo la relazione comunicativa da 'formale' può diventare 'informale' e diventare, in questo modo, amicizia.

§

MI ripeto: la comunicazione da formale diventa informale... questo passaggio è fondamentale.

Perché se si inizia subito a dare del 'tu'... o si 'corre troppo', allora, la relazione informale non può veramente nascere.

Chi non riesce a costruire amicizie, però, si trova 'da Dio' - con la D maiuscola - nella modalità "relazione formale tra pari" o "relazione comunicativa autorità/sottomissione".

Tento di spiegarmi: chi non riesce ad avere amici ama, letteralmente, dare del lei alle persone. E' una persona che trova naturalissimo dire: "Può farmi questo...", "Può indicarmi la strada per...".

Il suo cervello è in modalità "formale".

Ed è stupendo... perché se accade questo si incontrano persone che, non so, conoscono il valore dell'educazione, del rispetto, del pudore.

Spesso, dare del lei, equivale a usare il cervello, ad essere colti, ad essere educati, a conoscere molte cose ed è piacevolissimo parlare con persone che danno un tono rispettoso: di solito chi usa il lei è una persona che quando parla usa i congiuntivi.

§

Di solito chi non amici, si trova a disagio nella comunicazione amichevole.

Ad esempio, se ascolta un genovese dire: "Bela vecchio...", un milanese dire. "Bellà zì"... o un romano dire: "Se spaccamo, fratè..." o un napoletano dire: "Ué, chi se ver'... addò si s'tat'?", chi non amici prova una sensazione di fastidio.

E' proprio questa idiosincrasia comunicativa in primo luogo il p r i m o scoglio da superare.

Ed è il più difficile.

Perché la socializzazione, alle volte, impone il s u p e r a m e n t o dell'intelligenza e della cultura.

Tento di spiegarmi: con un amico tu puoi parlare di tutto. Anche di massimi sistemi. Pure: nel momento in cui dimostri la tua intelligenza finisce che poni il discorso su binari 'formali'. Ad esempio: se tu ne sai molto di più di un amico... questa persona può, perfettamente, annoiarsi. Certo, ti vuole bene e te ne vorrà sempre... però non potrà dire nulla di suo. Magari non capirà ciò che stai dicendo...

C'è, così, una legge fondamentale.

Per questa legge fondamentale, l'intelligenza produce la personalità.

Ma la personalità è qualcosa di diverso, di o l t r e, le posizioni dell'intelligenza.

la personalità, ad esempio, è costituita di fantasia... di ottimismo... di fiducia nel mondo...

Prendi l'ottimismo. In sé, essere ottimisti per il futuro, ti permette di 'fare amicizia'. Oppure, prendi la capacità di 'afidarti all'altro', di 'provare fiducia'... provare fiducia nelle persone è indice della personalità.

Avere un buon carattere... essere estroverso... vedi? Ti sto elencando tutti aspetti che mi sembra contraddistinguano la personalità.

Se li raccogli, però, vedi come siano qualità d i v e r s e dall'intelligenza.

Ad esempio: essere ottimista ed essere intelligente, tu capisci, sono cose diversissime...

Pure: se una persona è v e r a m e n t e intelligente... allora sarà anche ottimista. Perché? Ma perché, magari, sa che risolverà tutti i problemi che si presenteranno... sa di potercela fare, perché ha fiducia in sé stesso, perché il suo carattere estroverso gli ha fatto conoscere tante persone e sa chiedere aiuto e così via...

§

Il problema, quindi, è l'intelligenza.

A volte, fermarsi troppo sull'intelligenza... significa avere una macchina straordinaria ma non usarla mai.

E' l''effetto museo'.

§

Bisogna permettere all'intelligenza di produrre la personalità.

Quando ciò accadrà... gli amici arriveranno.

E arriverà l'amore.

E con l'amore, arriverà il lavoro...

§

Questa la teoria.

Nella pratica...

Un forte abbraccio.

Un fortissimo incoraggiamento a resistere...

Un chiarmo messaggio: "Non mollare".

Non ora.

non adesso.

E' importante.




Pavely II

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Messaggio  daniele72 Sab Gen 16, 2016 12:55 pm

Vi ringrazio per le risposte e gli incoraggiamenti, davvero

daniele72

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