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Messaggio  Nospe81 Lun Mag 25, 2015 8:34 pm

Forse sarebbe meglio smettere di sperarci? Sarebbe meglio smettere di provarci a stare meglio? Ritrovarsi a stare male dopo un po' che c'hai sperato, che c'hai creduto che le cose possano cambiare è forse ancora peggio che stare male! Sento una tristezza tanto potente che arriva e mi abbatte, fisicamente e mentalmente, e fa scomparire di colpo quella tenue speranza alla quale giorno dopo giorno mi tenevo aggrappato! E la solitudine poi... cosa darei adesso per un abbraccio... e le lacrime che spingono per uscire mentre scrivo queste quattro frasi! Vorrei solo scomparire, almeno per un po'... per avere il tempo di ricaricarmi, di diventare forte, di allontanare tutta questa negatività, di non permettere a niente e nessuno di farmi stare male, di poter smettere di respirare quest'aria malsana!
Dopo otto mesi ho deciso di smettere di fare psicoterapia... è essenziale che tra terapeuta e paziente ci sia un rapporto di fiducia mi diceva... e io invece fiducia non ne avevo, nemmeno un po'.
Vorrei che ci fosse un interrutore per smettere di pensare, vorrei smettere di avere paura, vorrei smettere di vivere nella tristezza... vorrei qualcosa che mi dia forza e speranza, ma tutto attorno e dentro di me vedo solo desolazione!
Stare male è brutto... stare male ed essere soli è terribile... stare male ed essere soli e senza speranza è spaventoso...

Nospe81

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Messaggio  newnew Mar Mag 26, 2015 12:16 am

Ciao Nospe81.

Avevo letto da qualche parte che perdere la speranza è un passo fondamentale per raggiungere l'illuminazione. Ma forse ci ho messo un po' del mio e non era proprio così la frase.

Comunque, magari uno pensa di aiutare un'altra persona dandole speranza, invece la sta solo aiutando a rimanere impantanata.

Perdere la speranza potrebbe essere positivo. Potrebbe essere un passo avanti che stai facendo. Potrebbe essere ciò che ti serve per arrenderti davanti all'evidenza che stai sbagliando qualcosa, quindi per capire cos'è e raddrizzare il tiro.

Gli abbracci altrui non ti servono a niente, anzi probabilmente ti affosserebbero ancora di più nel pantano della sofferenza, l'unico amore che ti serve è il tuo amor proprio.

Riparti da te stesso, diventa bastante a te stesso.

Quando non sentirai il bisogno di nessun altro, avrai a disposizione la lucidità mentale per avvicinarlo qualcun altro (quindi per progettare e seguire una strategia, un programma, che ti porti da dove sei ora, a dove vuoi essere, da indesiderato a desiderato), ma deve essere ... un hobby, non deve essere una questione importante, altrimenti rischi di risolvere il problema della solitudine sostituendolo con quella della sottomissione, rischi di cambiare solo tiranno...

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Messaggio  MythOpOiEsIs Mar Mag 26, 2015 9:32 pm

come spesso mi accade, non sono affatto d'accordo con mmm, quantomeno sul modo di porre la questione.
Sono convinto che il grande problema di fondo della depressione siano proprio i muri che questo assetto mentale - perchè, occorre ricordarlo, di questo si tratta - porta a erigere per impedire di entrare a qualsiasi voce "altra" rispetto al proprio monologo (sarei tentato di dire monotonia) interiore.
Credo che l'errore più grande che si possa fare, in una condizione simile, sia chiudere le porte a chi ci può aiutare, alle voci percepite come esterne, "realizzate", percepite come se si stesse parlando di qualcosa di metallico e di radicalmente estraneo a noi, senza la possibilità di entrare con esse in sintonia.
Per dirla in breve, caro/a Nospe81, credo sia un errore l'abbandono dell'analisi. Se davvero credi non ci sia un rapporto di fiducia col proprio analista, ma anche (e a giudicare da quel che dici ne sembri convinto/a) che qualcosa non vada, una soluzione potrebbe essere provare con un altro/a analista. L'analista è una figura professionale deputata proprio ad un lavoro di costruzione di un'armonia fra le parti di sè da una parte, di una strategia relazionale più efficace dall'altra.

è vero, l'autonomia è senza dubbio la nostra più grande forza, ma come qualsiasi altra forza va costruita, e che ci piaccia o no tale costruzione vive di un costante e ininterrotto attraversamento per l'alterità. Di più: per dirla con Lacan (e qui la faccio spicciola) la nostra identità primigenia è costruita proprio a partire dall'adozione del linguaggio dell'Altro. Confondere l'autonomia con l'autoreferenzialità, e farne un punto d'onore, non è solo un comportamento etico-sociale ingiusto verso chi ci ama o ci vuole bene (fosse anche una sola persona), ma anche un errore fatale sul cammino per la propria realizzazione. Per la serenità, quantomeno, se si vuole credere che la felicità non esista. Quando non sentirai più il bisogno di nessun altro (e bisogno NON vuol dire dipendenza, perlomeno non nel senso stretto del termine), allora le cose si faranno veramente problematiche. Ma per sviluppare una strategia relazionale (e mi riferisco ai rapporti con gli altri, certo, ma anche alla costruzione di un equilibrio interiore, il tutto finalizzato a una più integra economia delle proprie scelte) serve avere sempre la forza di affidarsi agli altri, di ascoltarli (soprattutto se particolarmente qualificati, come nel caso dell'analista), e di valutare poi in autonomia - e ancora una volta lo ribadisco, in autonomia e non in autoreferenzialità - le scelte da fare sulla propria vita.

Credo che questa sia la migliore soluzione possibile, fermo restando che le delusioni, le rabbie, le paure ci saranno sempre, ma percepite non più come assolute ma come relative, e in quanto relative superabili.

In bocca al lupo! Smile

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Messaggio  piquemal Mar Mag 26, 2015 10:29 pm

Si può abbandonare una psicoterapia, e ci mancherebbe. Considererei che emergono anche aspetti conflittuali nel rapporto col terapeuta, in funzione del proprio vissuto, e che ci si allontani e s'interrompa l'analisi talvolta in quei momenti, per il carico emotivo difficile da sostenere. Con questo non voglio giudicare alcuna situazione personale, lo terrei solo a mente in una situazione del genere.
E comunque cercherei di costruire un'uscita significativa per il periodo terapeutico che si è vissuto, che è comunque un lasso di tempo in cui si è parlato di se stessi in una maniera certamente diversa dalle tipiche interazioni quotidiane.

piquemal

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Messaggio  merla Mer Mag 27, 2015 7:16 am

Nospe81 ha scritto:
Dopo otto mesi ho deciso di smettere di fare psicoterapia... è essenziale che tra terapeuta e paziente ci sia un rapporto di fiducia mi diceva... e io invece fiducia non ne avevo, nemmeno un po'.
Vorrei che ci fosse un interrutore per smettere di pensare, vorrei smettere di avere paura, vorrei smettere di vivere nella tristezza... vorrei qualcosa che mi dia forza e speranza, ma tutto attorno e dentro di me vedo solo desolazione!
Stare male è brutto... stare male ed essere soli è terribile... stare male ed essere soli e senza speranza è spaventoso...

Ciao Nospe81,

forse tu hai sperato per un po' di essermi sfuggito questa volta...e invece no!!! Smile

Condivido in parte i due interventi precedenti, un po' meno quello di newnew, che ha comunque degli spunti interessanti, però vorrei aggiungere un punto di vista.

Tendenzialmente, siamo abituati a considerare la fiducia come un sentimento o qualcosa che si percepisce (o si ha, come dici tu), tuttavia in realtà la fiducia richiede sostanzialmente un atto di volontà, reso più o meno semplice dai propri vissuti, molto spesso soprattutto familiari. Per chi ha l'opportunità di vivere e crescere in un contesto stabile, con punti di riferimento forti la scelta di fidarsi dell'altro può essere piuttosto naturale e spontanea, mentre chi non ha punti di riferimento/appoggio nel fare questa scelta deve giocarsela con i propri mezzi e le proprie paure e la vive sicuramente con maggiore difficoltà. Tuttavia la volontarietà della fiducia rimane, esattamente come quando entrando in autostrada il nostro cervello opera la scelta di fidarsi del fatto che tutte le altre auto seguiranno lo stesso senso di marcia, sulla base di consuetudini e valutando come trascurabile il rischio di incontrare il pazzo che va in contromano. Anche se avviene inconsapevolmente di base c'è una scelta dettata dalla necessità e dal desiderio di arrivare a destinazione in un tempo ragionevole perché in realtà cosa troverai lungo l'autostrada non è dato sapere.

Allo stesso modo tu puoi soppesare la tua esigenza e il tuo desiderio di rompere la tua catena di solitudine (che tra star male e trovare speranza, mi sembra il malessere definito in modo più concreto e risolvibile più a breve termine), tenere in considerazione che per quanto sia sicuramente ingiusto, la conditio sine qua non per uscire dalla solitudine è fidarsi di qualcuno o di qualcosa, valutare il contesto e trovare tempi e modi per provare a fare questa scelta di fiducia, il che non significa "percepire" la fiducia, ma semplicemente cercare di comportarsi come se ci si fidasse, senza colpevolizzarsi quando proprio non si riesce.
Per la mia esperienza personale questo è più facile in un contesto di terapia, dove c'è un setting ben definito, i rapporti sono chiari e dove tu, alla luce del rapporto economico/professionale, non hai alcun dovere nei confronti della relazione, non devi occuparti dei sentimenti dell'altro e non sei tenuto direttamente ad occuparti della relazione o a sentirti "adeguato" alla relazione. Tutte queste cose puoi lasciarle al terapeuta, fregandotene altamente e limitarti ad andare perché serve a te e per tuo esclusivo vantaggio, che ti spetta a fronte di un corrispettivo economico.

Resta chiaro che solo tu puoi scegliere il contesto più adeguato e in cui ti è più agevole fidarti e relazionarti con qualcuno, quindi prendi queste ultime cose che ti ho scritto soltanto come il riverbero della mia esperienza personale. Cerca però di tenere presente la tua esigenza di trovare un aiuto, di qualsiasi natura, la tua difficoltà nell'affidarti all'aiuto, che non è una colpa, e di conciliare questi due aspetti apparentemente contrastanti per trovare tempi e modi con cui dipanare questa matassa, tenendo presente che sì, ci può stare il momento di sfogo, ma poi nel concreto l'interruttore che cerchi non esiste, per nessuno, quindi datti uno stop e un tempo, oltre ai quali questa invocazione dell'interruttore (in sé necessaria perché un po' di pietà verso se stessi è indispensabile) diventa però inutile e controproducente perché ti affossa nell'autocommiserazione.

Ciao. Ti tampino. :-)

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Messaggio  Nospe81 Mer Mag 27, 2015 11:55 am

Non sono mai stato bravo ad analizzare con oggettività e razionalità quello che mi accade, la mia vita in generale e capire in questo modo quello di cui avrei realmente bisogno, quello che potrebbe realmente aiutarmi e riuscire a distinguere tra ciò che possa essermi utile per stare meglio e ciò che magari credo possa aiutarmi ed invece in realtà essere un ostacolo al raggiungimento di tale benssere.

Scrivo solo ciò che sento, adesso, quando sto male, ciò che penso mi possa servire e quindi, newnew, non saprei dirti se questa perdita di speranza possa in realtà essere un bene, una situazione difficile della quale prendere coscienza e dalla quale ripartire, per cambiare.
La speranza credo di averla persa da tempo, sono più di dieci anni che vivo in questa situazione e il mio sfogo dell'altro giorno era dovuto al fatto che avendo provato per alcuni mesi la psicoterapia, nemmeno questo era riuscito a cambiare qualcosina.
Capisco quando parli del pericolo dipendenza da altre persone, ma anche in questo caso, come ho detto sopra, io penso invece sia fondamentale avere qualcuno... ne sento forte il bisogno, il desiderio... io che non ho mai avuto nessuno, e non ho quindici anni, di anni anni ne ho 34... e non ho mai avuto amici, nemmeno uno, solo familiari che desidererei tanto non avere e non avere mai avuto!

Ma infatti, MythOpOiEsIs, ho deciso di interrompere la terapia con quell'analista in particolare. Non escludo di cercarne un altro, anzi ... ma devo ancora riprendermi da questa prima "delusione" e valutare anche degli aspetti economici, perchè, non lavorando, al momento mi riuslta un po' problematico affrontare tale spesa.
"fermo restando che le delusioni, le rabbie, le paure ci saranno sempre, ma percepite non più come assolute ma come relative, e in quanto relative superabili." ... ed è proprio questo che vorrei riuscire ad ottenere attraverso al terapia... la capacità di tenere testa a queste "avversità", di attraversarle senza farmi stare così male, di conviverci, cosa che adesso non riesco proprio a fare.

Piquemal, la decisione di lasciare la terapia non è dovuta al carico emotivo difficile da sostenere, ma solo ad una mancanza di fiducia verso lo psicoterapeuta, fiducia che avevo deciso di concedergli a priori all'inizio del percorso e che man mano che si andava avanti invece di confermarsi andava sempre via via scemando... lo trovavo poco professionale per molti aspetti e, perdonatemi l'arroganza, anche poco preparato e capace. Ho avuto fin da subito questa sensazione, ma ho preferito aspettare per valutare meglio... ma dopo otto mesi ho dato retta alle mie sensazioni e credo di aver fatto la scelta giusta! Peccato solo non averla fatta prima questa scelta!

Ciao Merla, forse invece ho sperato di non sfuggirti, nemmeno questa volta! Smile
Fidarsi di qualcuno per me è un problema, un grosso problema e molto sicuramente questa difficoltà è dovuta, come dici tu, al contesto familiare in cui sono cresciuto e in cui continuo a vivere. Faccio mente locale un attimo e no, non credo di fidarmi di nessuno!
Come ho scritto prima, con lo psicoterapeuta ho scelto di fidarmi ma l'ho fatto facendo un salto nel vuoto proprio perchè a me interessava esclusivamente stare meglio e se per stare meglio dovevo abbandonare la mia naturale ritrosia nel fidarmi delle persone, l'unico modo per farlo era farlo sperando che fosse ben riposta. Ne ho parlato molte volte anche con lui, e spesso mi chiedeva come mai con lui ci riuscissi mentre con altri no e come mai non riuscissi ad individuare nessuno nella mia vita a cui concedere lo stesso "trattamento". Ma con lui era diverso, prima di tutto perchè era qualcuno che potevo decidere di non vedere più appena lo avessi voluto, poi perchè era un professionista e poi perchè appunto mi aspettavo di essere aiutato e così ho deciso di rischiare. Ho deciso di essere del tutto onesto con lui e abbiamo parlato praticamente di ogni cosa... gli ho raccontato cose che non ho mai raccontato a nessuno e che forse facevo difficoltà a raccontare anche a me stesso. Poi però, pian piano, come ho detto prima, quella fiducia concessa a priori, pian piano è venuta sempre meno, invece di confermarsi. Atteggiamenti poco professionali, intere sedute perse a parlare della sua vita (e io che mi sofrzavo di coglierne eventuali messaggi subliminali da adattare alla mia), mancanza di attenzione, atteggiamenti palesemente forzati e non spontanei, superficialità e, a parer mio, poca competenza mi hanno portato a interrompere questo persorso.
Il problema sostanzialmente è che sono già impantanato nell'autocommiserazione ma non RIESCO (come direi io)/ ma non VOGLIO (come mi avrebbe tempestivamente corretto lo psico) a venirne fuori!

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Messaggio  merla Mer Mag 27, 2015 8:31 pm

Beh però allora puoi anche cercare di mettertela via non come un problema di fiducia tua, ma come una mancanza/inadeguatezza sua, anche senza stare a dargli troppe colpe e considerare che la fine di una terapia è la fine di una relazione e per quanto la terapia possa essere funzionale, l'uscita ben gestita è normale, sano e umano che abbia degli strascichi.
Normale essere delusi ma confrontandoti con persone come puoi trovarne qui o in altri forum simili, scoprirai che molte persone si trovano a cambiare terapeuta nel corso del loro percorso per i più diversi motivi. E magari potresti anche cercare di tenerti come una tua vittoria il fatto di essere comunque riuscito a dare fiducia a una persona. Questo perché, tornando all'autostrada, il risultato non è non incontrare il pazzo in contromano, tanto quello non dipende da noi, ma semplicemente aver imboccato l'autostrada. ;-)

A partire da un carteggio che sto avendo in pvt e da cosa che in parte ho anche vissuto, però mi viene da dirti di provare a sfruttare il web un po' come una palestra per costruire relazioni, se la cosa può avere un senso. Qui, in altri siti che ti interessano o nei social puoi comunque conoscere e incontrare delle persone ed imparare a osservarti ed esercitarti nei rapporti, nel dare fiducia e anche nel vedere come si muovono le altre persone, perché quando uno resta un po' chiuso nella propria diffidenza rischia anche di percepire "gli altri" sempre più fighi, più a posto e tutto quanto e, invece molto spesso non è così.
Chiaro che è sempre diverso da un rapporto reale e non si deve cascare nell'errore di confonderlo, ma mi sembra anche superfluo dirlo, tuttavia a volte si possono avere spunti interessanti, a me capita spesso che nel virtuale le dinamiche tra le persone mi risultino più evidenti e non è detto che le persone si mostrino in modo meno autentico, anzi alle volte succede esattamente il contrario perché internet in un certo senso protegge.
Poi boh, può anche capitare di conoscere nel reale le persone conosciute virtualmente e che nascano delle belle amicizie. Il mio ex fidanzato storico l'avevo appunto conosciuto nella chat di un hub per scaricare reggae/dub, figurati. ;-)
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Messaggio  Nospe81 Sab Mag 30, 2015 11:27 am

Internet per me è ed è stato, forse più in passato che adesso, l'unico canale di contatto con gli altri. Per anni ho partecipato attivamente in alcuni forum e per un bel po' di anni ho anche avuto un mio blog: la relazione "virtuale" con gli altri frequentatori del forum e con i commentatori del blog era diventata una piacevole e quotidiana alternativa alla solitudine della mia realtà. ovviamente era molto limitata, proprio per il tipo di mezzo usato, ma internet, il suo anonimato, la sua possibilità di mettere "in mostra" solo ciò che ti piace di te, il fatto di poter gestire tranquillamente e senza paure o pericoli quella situazione (bastava un click per spegnere tutto) mi dava una sicurezza enorme, che nella vita reale non avrei mai avuto. Ovviamente come tutte le relazioni, anche qeulle virtuali tendono ad evolversi, principalmente, per quanto riguarda la mia esperienza, in due direzioni: o finiscono per esaurirsi, a volte lentamente, a volte anche di botto, o arrivano ad un punto tale che richiedono un passo in avanti, una conoscenza maggiore, una conoscenza reale. Ed è lì che io mi bloccavo e ponevo un muro: niente contatti "reali"... gli altri membri del forum si organizzavano, si incontravano, vi vedevano ed io sempre a trovare scuse, sapendo in cuor mio che non avrei mai fatto il passaggio successivo.
Adesso invece uso internet in maniera forse più deleterea... mi soffermo a guardare la vita degli altri, immaginandomi come potesse essere la mia se fossi "normale"... seguo persone che non so chi siano su instagram, twitter o youtube... osservo le loro vite e, sò che è molto triste, ma attraverso le loro esperienze, i loro viaggi, i loro racconti mi semra di vivere anche io, un pochettino.

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