Egosimo e depressione

In un'altro topic avevo parlato del disprezzo e del risentimento che nutro, io persona in psicoterapia con episodi autolesionistici ed abbattimento pluriennale, nei confronti di una persona che recentemente si è definita "forse depressa" per ragioni di lavoro. A mio avviso lo fa per non rispondere, a sè stesso e al proprio prossimo, del suo profondissimo egoismo che fa parte del suo carattere da sempre. Ho poi letto che i problemi lavorativi sono effettivamente secodo alcuni lavori la seconda causa di stress importanti, dopo la perdita di un famigliare. E' ovvio che stress non è comunque sinonimo di depressione. Ho anche letto che persone iperstressate, esaurite, come me, possono tendere a odiare, detestare, disprezzare qualcuno cercando di vederne solo ed accenntuandone i difetti e le colpe. Quindi mi sono detto, per la millesima volta: e se fossi davvero io, a vedere le cose con un filtro nerissimo? Se questa persona avesse davvero bisogno di aiuto (che non gli potei dare, perchè non ho più energie da spendere, ma forse mi potrei risparmiare l'odio...)
So che la depressione impedisce di confrontare la propria sofferenza e le proprie problematiche con quelle degli altri, tuttavia volevo chiedervi, pensando ai casi complessi ed intersecati dei miei rapporti personali: se una persona vi chiede aiuto, una persona a voi vicinissima, voi come vi comportate? Da depressi, come va il vostro lavoro? Vi sentite in colpa qualche volta, avete mai parlato con altri degli errori che pensate di aver fatto, nei rapporti con le altre persone? Dell'aiuto che magari vi è stato chiesto e non avete dato, perchè non potevate? Oppure vi sentite sempre dei giusti che hanno subito ingiustizie? Riuscite ad analizzare i vastri comportamenti, a capire che magari state sbagliando, ma non riuscite a farne a meno, oppure pensate che il vostro comportamento sia una inevitabile conseguenza di quello che avete dovuto subire e quindi non ne avete nessuna colpa? Perchè io, che mi sento depresso, spendo le energie che non ho per cercare di aiutare gli altri, ed un'altro si chiude solo in sè stesso? E' perchè io non sono depresso, e l'alro si? E' possibile?

mazzonrocky ha scritto:Perchè io, che mi sento depresso, spendo le energie che non ho per cercare di aiutare gli altri, ed un'altro si chiude solo in sè stesso? E' perchè io non sono depresso, e l'alro si? E' possibile?

Probabilmente è perché tu hai un certo carattere e lui ne ha un altro.

Nel senso che se con la parola "depresso" intendiamo un concetto diagnostico più o meno definito, allora si tratta di un elenco di sintomi e tra questi non c'è la disponibilità verso gli altri. Insomma uno può benissimo essere depresso e stronzo ed egocentrico.

Forse potresti provare a uscire da questo loop (almeno a me sembra un loop): non sei obbligato a farti piacere questa persona, e non sei obbligato a confrontarti con questa persona (e con nessun altro) per legittimare il tuo malessere o il tuo impegno per stare meglio. Tu puoi in primo luogo occuparti della tua depressione e lasciare che ognuno si occupi della propria. Magari puoi essere d'esempio nel momento in cui cambi, magari una volta che diventato più forte e più stabile, puoi anche proporre dinamiche nuove nei tuoi rapporti (se le dinamiche nuove ti piacciono), ma di concreto non credo tu possa fare molto di più, almeno nell'ambito delle cose che hai raccontato.

Quello che forse, in un certo senso, è un po' """patologico""" (nel senso di non funzionale, ma non mi addentrerei oltre) è cercare di aiutare gli altri spendendo energie che non si hanno, sia perché inevitabilmente le si tolgono a se stessi, sia perché se a un certo punto le energie non ci sono, non ci sono e non si aiuta neanche nessuno. Molto spesso, anzi, gli altri li si aiutano semplicemente facendo il possibile per star bene con se stessi.

Se mi ricordo bene parlavi di una persona che una volta ritenevi tuo amico..

Aggiungerei però che odiare è un sentimento di per sè che richiede un grosso dispendio di energie e credo non ne valga la pena per te in questo caso.
Tu non sei obbligato a stare a sentire ciò che il tuo collega ti propina, giusto o sbagliato che sia. Ma odiarlo perchè è egoista direi che è eccessivo e produce in te reazioni nocive. Molto meglio soprassedere e non dar peso, passare oltre, magari con un po' di fastidio e basta.

Purtroppo dare la colpa delle proprie sfighe agli altri è un meccanismo molto diffuso e adottato da chi non vuole mettersi in discussione. Questo perchè ha paura di ciò che potrebbe scoprire di sè stesso.
Come sostenevo in altro post, è anche un meccanismo promosso da questa società che gestisce l'errore come una cosa brutta e da evitare, e non come un importante momento ed occasione di crescita.

Alla fine questa gente a me fa pena. Perchè prima o poi si fa il vuoto intorno; depressa o non depressa.

Si, so che è giusto soprassedere, passare oltre. Purtoppo non posso, perchè i nostri rapporti sono troppo articolati ed abbiamo molti coinvolgimenti ed interessi comuni. Devo solo darmi pace, trovare il modo di lasciar correre le cose meno importanti ed affrontare le controversie per me più pesanti, quelle che non sarebbe giusto per me lasciar correre perchè mi lascerebbero dentro una rabbia intollerabile, in modo rilassato e maturo, piuttosto che istintivo e da belligerante. Ci sto quasi riuscendo, ma è difficilissimo. Diciamo che mi sembra che mi costi sempre meno fatica. In questo periodo, mi sembra che sto finalmente maturando, e spero che sia davvero così. Già in molte altre occasioni in passato ho avuto dele ricadute depressive in momenti nei quali non me lo aspettavo. Basta che in una discussione io mi senta dalla parte del giusto, ma impotente, che i miei tentativi di pacificazione o di arrivare ad un punto condiviso, oppure anche di affermare la mia insindacabile verità (lo dico con autocritica, ma spesso le mie verità mi sembrano davvero, sotto tutti i punti di vista, Le Verità assolute), mi basta sentirmi con le spalle al muro, che mi torna la voglia di spaccare tutto, oppure di rinchiudermi a piangere, senza speranza. Ci sto lavorando su e molto, mi sembra per la prima volta che le cose prendano una piega giusta. Il punto è capire, ma capire davvero dentro di sè, che cosa è meglio per me, quale obbiettivo mi pongo. Smettere con la pretesa di cambiare gli altri, che in qualche raro caso (ironia...) potrebbero forse persino avere quasi ragione. E se non ce l'hanno, peggio per loro. Io devo fare del mio meglio per fargliela capire, ma senza insultarli, senza aggredirli solo perchè non sono intelligenti e leali come me. Il passaggio successivo è digerire il fatto che io non sia necessariamente il più bello intelligente e leale, ma questo faccio davvero fatica a mettermelo in testa e a sentirlo nel cuore. Sono l'ipocrisia e la falsità che vedo negli altri, e non in me stesso, a distruggermi.

Anch'io mi son sempre considerata una "brava" persona, corretta, sincera, leale.
Poi ho avuto diverse traversie personali e ho avuto i miei brutti comportamenti anch'io.
Ho mentito, ho fatto del male.. Non importa se tutto in buona fede e spinta dalla sofferenza..
L'ho fatto..

Quindi è sempre meglio non mettersi troppo sul piedistallo, perchè più ti collochi in alto e più se cadi ti fai tanto male!