Reagire è vivere?

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Messaggio  seal Mar Nov 23, 2010 2:11 am

Un saluto a tutti.

Le mie giornate passano da una reazione all'altra, dal reagire ad un qualcosa ad un altro.
Capita qualche inconveniente o imprevisto, penso a qualche soluzione.

Poi, 'sprofondo', al che 'risalgo' con una serie tv o con un qualche brano musicale, per poi 'ridiscendere'.
Il tutto senza che nessuno se ne accorga, anche perchè non ho concretamente nessuno con cui realmente parlare. Non del mio "lavoro", visto che un socio-collega altro non fa che amplificare a dismisura cretinate e situazioni marginali, non in famiglia, quel poco che ne resta, per la quale ogni scelta da me fatta è una idiozia.

Ma è veramente vivere questo?
Solo continuare a 'reagire'?
E se mi stancassi di farlo?

Non so neanche bene perché mi trovo a scrivere, mi sento 'costretto' in una situazione, non vedo vie di uscita, almeno questo testo in qualche modo supererà quel "muro", forse mi troverò a vedere le cose sotto un differente punto di vista in qualche risposta.

Forse non è tutto come nel titolo.

seal

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Messaggio  mmm Mar Nov 23, 2010 11:03 am

Ciao Seal,

se credi di non fare altre che reagire, forse è perché ti sei dimenticato qualcosa.

Forse dovresti rivangare il passato, il percorso che ti ha portato fino a qua, le scelte fatte, le opportunità perse e quelle che invece sei riuscito a cogliere, i sacrifici che hai fatto, le persone che ti hanno voluto bene e ti hanno sostenuto.

Cioè, magari volevi fare qualcosa, poi facendo a compromessi con la realtà hai sistemato le cose in un altro modo.

Io ho ben chiaro cosa voglio fare della mia vita.

Da bambino volevo fare il soldato, poi il mio "socio" voleva fare il poliziotto e accettai il compromesso. Poi lui usci' di scena (i suoi si sono trasferiti e, seppure lui sia venuto una volta a trovarmi dopo un po' di tempo, io non mi sentivo più così in sintonia e lasciai perdere i contatti). Alla fine delle medie dovevo fare qualcosa, quindi ridussi le scelte a due: o aeronautica (nel percorso militare) o informatica (che mi piaceva). Alla fine la miopia (reale, non è una metafora :-) ) mi spinse nello scegliere l'informatica. Poi ebbi l'opportunità di tornare sulla via militare, lo stavo per fare, ho fatto tutte le analisi e le visite, ho presentato la domanda di volontario all'esercito, ma poi non mi sono presentato alla visita militare, perché non mi sentivo fisicamente all'altezza: un ginocchio rattoppato che va bene per camminare (e anche per correre, saltare, ma non per giocare a calcetto o sciare ad esempio) ma non per lunghissime distanze, un sistema immunitario che reagisce male ai farmaci (e per questo avrei dovuto dichiarare il falso), ancora la miopia, ho preferito lasciar perdere.

Quindi, questo è quello che volevo fare, e non ho fatto, anche se ancora per qualche anno avrei una chance per entrare nel settore in una particolare forza straniera... va beh.

Ho detto che ho ben chiaro cosa voglio fare. In prima istanza, voglio stare pronto a intervenire, nel caso in cui tra la fine della carriera lavorativa e l'inizio della pensione dei miei (genitori) ci fosse un gap di alcuni anni. Dovesse succedere il peggio, non perderanno la casa, non finiranno per strada, perché, non dovessero farcela loro, ci sono io, pronto, se non a tutto (tutto è tutto, quindi occhio a non sbilanciarci... :-p ), comunque a fare il possibile per evitare che il peggiore degli scenari si realizzi. Questo obbiettivo si esaurirà in alcuni anni. Poi bho, mi piacerebbe trovare una compagna, e mettere su una mia famiglia, come fanno tutti. Mi piacerebbe essere pronto ad aiutare mio fratello minore se e quando ne avrà bisogno.

A parte questi "grandi obbiettivi", ci sono gli obbiettivi base, il primo è mantenermi in salute, mangiando bene, dormendo il giusto, facendo ginnastica, evitando comportamenti dannosi, facendo regolarmente le analisi standard (sangue, urine, occhi, denti, pensavo di introdurre pure la cute), poi viene il lavoro, cercare di tenermi il mio e, se mai riuscirò a raccogliere abbastanza energie, a specializzarmi ulteriormente e sperare di ottenere un contratto più stabile o più remunerativo, poi viene il risparmio, cercare di non sperperare, seppure non facendomi mancare niente di necessario e qualche esperienza da ricordare.

Quindi, riepilogando, il mio scopo è mantenermi pronto ad affrontare al meglio quello che verrà, a reagire appunto, questo tramite la salute, il lavoro, il risparmio; le persone di cui ho deciso di prendermi cura sono quattro, ovvero i miei due genitori, mio fratello e me, e c'è spazio per qualche altra persona speciale. Poi, dovessi crepare domani, amen, a livello razionale sarei pronto ad accettarlo, a livello emotivo non saprei.

Ognuno si da' i propri obiettivi, i propri scopi, le proprie responsabilità, anche a seconda della propria storia personale. La mia, tra incidenti, ricoveri e sale operatorie, mi ha insegnato che non soffrire è già qualcosa, è già tanto, e passare del tempo con delle persone care, magari del tempo spensierato, è il massimo.

mmm

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Messaggio  Bac Mar Nov 23, 2010 7:46 pm

Sembra che la vita sia solo una andare avanti per andare avanti, tutto perde significato e l'interesse per le cose che prima mi interessavano è morto. Morto è la parola giusta perché sembra che tutto sia morto dentro di me, che non sia stanca, non abbia voglia di fare niente per risolvere la cosa perché effettivamente per me non è un problema, non ha significato. Ogni tanto anche io mi tiro su con la musica, con i libri, ma dura poco, e raramente sento questo "sollievo"; mi stanco subito anche di queste cose, che un tempo erano le mie passioni principali. Passione, sinceramente ora non so più neanche cosa significhi, perché per me non ha senso. Non voglio fare la tragica, voglio solo essere diretta, perché mi capita spesso di dirmi " e se un giorno mi stancassi?". Per caso sono capitata su questo forum e per caso ho letto il tuo argomento e mi sono stupita, davvero. Per la prima volta mi sembra di trovare qualcun altro che vive questo nulla. Io ho da tempo abbandonato i miei sogni e le mie speranze, ma è già da così tanto tempo che è così che sono arrivata a un punto troppo lontano: non lo sopporto più. Forse perché sono molto giovane c'è una specie di istinto vitale che ancora si vorrebbe riaccendere. Mi hanno praticamente costretto a una seduta di prova da una psicologa, io ero tranquilla anche perché non è che sono triste, non c'entra niente, magari fossi triste; almeno quello sarebbe provare qualcosa di vitale. Fatto sta che mi ha diagnosticata depressa e mi ha detto che vorrebbe iniziare ad avere più incontri con me perché dice che è grave. Io ho declinato l'invito perché non credo che sia utile, non credo di averne bisogno e anche perché devo convivere costantemente con me stessa e sedermi un'ora alla settimana a parlare solo di me mi sembra una tortura, ma questo punto non so più dove sbattere la testa. c'è una paura razionale (o irrazionale) in me che questo periodo possa finire tra molto tempo, e a quel punto io sarei costretta a guardarmi indietro e rendermi conto di aver buttato tutta la vita. A questo punto credo che darò una possibilità alla psicologa perché ho letto il tuo post e mi sono resa conto che è così che comincia, e che io voglio vedere se riesco "rinascere". Non mi azzardo a dirti che ti capisco, però, perché ognuno ha il suo modo di sentire le cose e non so se ti ho capito. E' inutile ascoltare la gente intorno a te che ti dice "ma no! la vita ha significato! ci sono tante cose belle al mondo" oppure "ma dai, è solo un periodo, devi solo capire i tuoi obbiettivi nella vita ecc ecc". Sono cose del tutto fuori luogo, perché per me per esempio non ci sono obbiettivi perché non ho assolutamente voglia né vedo alcuna ragione per avere successo o per avere degli obbiettivi. Vado avanti e basta, come te, a "reazioni". A volte per il malessere non c'è causa, c'è e basta, e diventa ancora peggiore quando tutte le persone che ti circondano sono deludenti.
Se hai letto fin qui, prova a iniziare una terapia anche tu. So che la prima volta può sembrare che non ti abbia capito, è quello che ho pensato io; ma poi mi sono detta, oggettivamente in soli 50 minuti non si può capire tutto quello che c'è dentro un'anima, anche se questa è vuota.
Non lasciare che il tempo e le cose ti scivolino addosso come acqua, perché poi dopo un po' non ne puoi semplicemente più.
Grazie per aver condiviso il tuo stato d'animo; raramente si è soli.
Ciao,
B.

Bac

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Messaggio  seal Mer Nov 24, 2010 12:45 am

Grazie ragazzi, mi state davvero aiutando a capire cosa fare o che direzioni prendere.

Molto significative anche le vostre esperienze, e in molto di ciò che dite mi ci ritrovo anch'io.

Penso che a me abbia molto aiutato lo scrivere, inventare 'nuove realtà'; almeno "in quel posto" so che le cose hanno un senso, una direzione, uno scopo.
Sembrerà forse paradossale, ma proprio per questa ragione nel "mondo immaginario" non mi lancio in voli pindarici ma mi importa che ci sia invece coerenza, logicità, anche quell'insieme di valori in cui credo fermamente che nel quotidiano pare siano invece qualcosa di distorto e di irreale.
Ecco, rapporti di causa ed effetto, ad esempio, cose che accadono in conseguenza di altre, e per motivi concreti, reali, non fraintendibili.

Per il resto, io sono ancora convinto della buona fede di chi magari sostiene le solite frasi fatte sul 'tirati su', 'reagisci'; il problema e' che non capiscono che è proprio quello il problema, il reagire, continuamente.

Adesso ad esempio, come dicevo all'inizio, mi viene appunto da 'reagire', di consigliare, di 'sistemare', a leggere i vostri interventi. Mi sento solo di dire che le direzioni e le scelte che avete voluto condividere sono ovviamente a mio avviso le migliori.

Magari se posso provare un consiglio, lo scrivere aiuta, perché ritengo che molte idiosincrasie provengano da un'assenza di confronto, di dialogo concreto, che alla fine è anche un po' ciò che fa crescere. Scrivere e rileggere in un secondo tempo ciò che si è scritto può aiutare a simulare un confronto, a vedere in una luce differente eventi passati, aiuta a comprendere. Alla fine sarebbe anche un po' come rileggere un 'tema' prima di consegnarlo, in modo da trovare non errori ma particolarità che nella prima stesura magari non si sono visti o sui quali si é sorvolati sopra per vari motivi.

Penso che sia il confronto con gli altri il 'grimaldello' giusto per uscirne.
L'unico problema, così almeno la penso io, è che quando non si ha quello 'stimolo' che sorregge l'ego e non si ha fiducia in se stessi, o la fiducia è comunque decisamente affievolita, non la si può avere negli altri.

Ma da qualche parte bisogna cominciare, e penso che anche questo dialogo in sé, questo confronto schietto, possa rappresentare un qualcosa.

seal

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