Perché andare avanti?

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Messaggio  Mattia90 Mar Ott 26, 2010 3:56 pm

Salve, mi chiamo Mattia, ho 20 anni e sono uno studente universitario.

Nonostante viva una condizione di apparente normalità sono morto dentro da anni, o forse non sono mai stato vivo. Non ho alcun ricordo felice della mia vita, ho vissuto infanzia e adolescenza senza la gioia di essere bambino o adolescente. Non ho fratelli, non ho cugini, ho pochi amici "usa e getta" che vedo ogni tanto, odio i miei assenti genitori, che quando c'erano si limitavano a picchiarmi, voglio bene solo ai miei nonni, che mi hanno cresciuto. Altro disagio mi è prodotto dall'essere gay, ma questo non è determinante in quanto ho vissuto senza troppe seghe mentali questa mia inclinazione.
Fin da piccolo ho alternato stati di euforia (brevissimi) a stati di intensa frustrazione, ansia e tristezza, tuttora ne sono afflitto. Sono sempre stato solo, un po' perché la gente sembra non vedermi, per quanto forte possa urlare, un po' perché da solo sto meglio e posso essere me stesso.
Mento sempre e a chiunque, su qualunque cosa ma in particolare su di me e su ciò che ho dentro. Questo stupido strumento di difesa mi penalizza in ogni modo e ormai divento pazzo a combattere quello che è a tutti gli effetti un riflesso automatico.
La vita non ha alcun significato per me, non ho prospettive, il futuro è nebbioso e incerto, non so chi sono, chi sarò, cosa farò e sopratutto perché devo fare qualcosa. Mi disgustano solamente anche le cose che dovrebbero darmi piacere come il cibo, la compagnia o le più semplici attività conviviali.
Passo la maggior parte del tempo ad autocommiserarmi e ad arrovellarmi su come fare meglio tutte quelle cose che non ho voglia di fare ma che DEVO fare. Avessi una macchina del tempo/lampada di aladino/ sfera di cristallo non saprei concretamente cosa chiedere. Il fatto è che questo stato d'animo non mi dispiace totalmente ma, specialmente in tempo recente, mi reca una cupa e grottesca soddisfazione che sublima nella disperazione.
Sono un convinto sostenitore della vanità del mondo, dei suoi attributi ed abitanti, ed ho sempre creduto che la serenità e la felicità fossero solamente ignoranza di questa insignificanza, e mai come ora il mio stato mi sembra nient'altro che una presa di coscienza sulla verità del mondo, al quale non rinuncerei. La mia è un'autocondanna autoinflitta e sinceramente non vedo vie d'uscita.
Leggere è l'unica attività che mi da pace, l'ho fatto molto in gioventù. Ora non ho più neppure quella in quanto costretto dagli impegni universitari a studiare codici civili e penali, che non mi recano alcun conforto e che anzi, mi deprimono ancora di più. Non ho la minima idea del perché studio all'università e del perché ho scelto giurisprudenza, a volte la mia mano di muove senza che sia io a controllarla, e la voce del mio tormento sovrasta quella della mia coscienza.
La mia condanna si estende anche alla reticenza di parlare della mia depressione. Sono apparentemente solare, curo i rapporti umani sebbene non me ne freghi niente, la mia depressione adolescenziale è sfociata in una vivacità dirompente e stupida, che non lasciava trasparire il vuoto al suo interno. Di conseguenza non ho neppure la possibilità di farmi commiserare, neppure la decenza di piangere o di chiedere aiuto perché anche se ci provassi rimarrei di sasso e le parole non mi uscirebbero. Eppure non dovrebbe importarmene nulla degli altri. Non so dare una spiegazione a quello che ho in testa.
Ogni mia decisione rivela subito il suo contrario. Posso essere affabile e tenere conversazione con una nuova conoscenza come smettere dopo 5 minuti e rintanarmi nel mio guscio perché la faccenda diventa inspiegabilmente opprimente e ansiogena.
Non ho ricordi in cui rifugiarmi, non ho famiglia da cui tornare, non ho programmato alcun futuro in cui sperare. Spesso non riesco a svegliarmi e rimango a letto fino a mezzogiorno, poi mi alzo e mi chiedo "e adesso?" e non so darmi alcuna risposta.
Sono il più grosso problema di me stesso, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, sempre giù di corda.

Avevo progettato il suicidio per i 18 anni, per qualche motivo non l'ho fatto e l'ho rimandato a data da destinarsi. Forse sono troppo codardo pure per questo. Ora perdonatemi per i miei deliri e non vi preoccupate se non avete capito niente, non credo di essere riuscito a dargli un senso compiuto.
Spero di riuscire a perdonarmi anch'io un giorno.

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Messaggio  Lucedamore Mar Ott 26, 2010 8:21 pm

Mattia...a me sembra che hai un'ottima capacità di scrittura e di analisi. Dalla tua hai inoltre un gran vantaggio: 20 anni! Non ho consigli da darti ma mi sembra di capire che non hai mai tentato un approccio psicoterapeutico. Lo hai fatto? Non è detto che funzioni, anzi, spesso non è risolutivo, ma per poterlo dire va fatto.

Potresti dirmi che non avresti nulla da dire a un terapeuta. Analizza bene il tuo problema, poi fai una ricerca in rete e tra una miriade di approcci prova a trovarne uno che ti piace, o che almeno ti apra una speranza. Poi ti documenti, ti informi, insomma, AGISCI!
Non è detto che si trovi la soluzione al primo tentativo. Io ne ho fatti tanti e ancora ne dovrò fare.
Ma almeno combatti, non ti dai per vinto.

Cosa ci guadagni a rimanere fermo, succube del tuo stato d'animo?
Agisci! Prova...
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Messaggio  suggestione Mar Ott 26, 2010 9:17 pm

Che dirti, sei il genere di persona che detesto, ma non fraintendermi, non centra la tua inclinazione sessuale.
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Messaggio  Lucedamore Mar Ott 26, 2010 9:22 pm

puoi motivare il tuo forte commento?
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Messaggio  Mattia90 Mar Ott 26, 2010 9:41 pm

suggestione ha scritto:Che dirti, sei il genere di persona che detesto, ma non fraintendermi, non centra la tua inclinazione sessuale.

In effetti penso di concordare. Sono abbastanza detestabile, se fossi un'altra persona mi odierei più di quanto mi odi adesso.

Mattia90

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Messaggio  suggestione Mar Ott 26, 2010 9:52 pm

non credo che la tua affermazione sia sincera, visto che sei un incorreggibile bugiardo.
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Messaggio  Mattia90 Mar Ott 26, 2010 10:15 pm

Lucedamore ha scritto:Mattia...a me sembra che hai un'ottima capacità di scrittura e di analisi. Dalla tua hai inoltre un gran vantaggio: 20 anni! Non ho consigli da darti ma mi sembra di capire che non hai mai tentato un approccio psicoterapeutico. Lo hai fatto? Non è detto che funzioni, anzi, spesso non è risolutivo, ma per poterlo dire va fatto.

Potresti dirmi che non avresti nulla da dire a un terapeuta. Analizza bene il tuo problema, poi fai una ricerca in rete e tra una miriade di approcci prova a trovarne uno che ti piace, o che almeno ti apra una speranza. Poi ti documenti, ti informi, insomma, AGISCI!
Non è detto che si trovi la soluzione al primo tentativo. Io ne ho fatti tanti e ancora ne dovrò fare.
Ma almeno combatti, non ti dai per vinto.

Cosa ci guadagni a rimanere fermo, succube del tuo stato d'animo?
Agisci! Prova...

Non mi sono mai sottoposto ad analisi da parte di un terapeuta, ma ho fatto molta autoanalisi. In un certo senso, anche se non vengo a capo di niente sono io il mio psichiatra. Non ho bisogno di consigli, so già ciò che dovrei fare e come farlo. Quello che mi manca è la determinazione per applicarlo e questa determinazione viene meno semplicemente perché non riesco a dare un senso alla mia vita e alle mie azioni, allo sbattimento, allo studio, allo svegliarmi la mattina, a niente. Retrospettivamente vedo solo fallimenti, occasioni mancate, sento di non essere all'altezza di qualunque mia eventuale aspettativa. I 20 anni mi stanno stretti, mi sento vecchio, ho perso quella poca spontaneità che avevo, la semplicità che aveva la vita quando tutto non si era complicato così tanto. Non è che stessi bene, ma ora, anche se riesco a dare forma al mio male, sto molto peggio.
La mia malattia è di vivere questa situazione da quando ho memoria, per me è consuetudine quotidiana, non noto differenza da una mia presupposta era arcadica, che non c'è mai stata.

suggestione ha scritto:non credo che la tua affermazione sia sincera, visto che sei un incorreggibile bugiardo.

Mentire in un luogo come questo, coperto dal totale anonimato, mi renderebbe una persona più pietosa e disperata di quanto potrei mai essere.

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Messaggio  suggestione Mar Ott 26, 2010 10:33 pm

Mattia, non era un attacco alla tua persona, ma a un dilagante modo di pensare e di agire che purtroppo lo ritrovo nella tua auto descrizione.

Probabilmente sei piacevole e gradevole, ma inconsistente nei rapporti con gli altri.
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Messaggio  mmm Mar Ott 26, 2010 10:44 pm

Mattia, non dare troppo peso alle parole di Suggestione... come alle mie... non siamo che depressi, anonimi, sconosciuti, che interagiscono tramite un mezzo freddo come il web...

Comunque, parliamo di te...

Mattia90 ha scritto:Nonostante viva una condizione di apparente normalità sono morto dentro da anni, o forse non sono mai stato vivo.

Queste cose ce le siamo dette in molti, ma in fondo non vogliono dire niente.

Cos'è per te essere "vivo dentro"? Perché tu non lo sei?

Dici che la tua normalità è solo apparente, perché, quale sarebbe la normalità reale? In cosa ti discosti da questa?

Mattia90 ha scritto:Non ho alcun ricordo felice della mia vita, ho vissuto infanzia e adolescenza senza la gioia di essere bambino o adolescente.

Dai che se cerchi qualcosa trovi...

Mattia90 ha scritto:Non ho fratelli, non ho cugini, ho pochi amici "usa e getta" che vedo ogni tanto, odio i miei assenti genitori, che quando c'erano si limitavano a picchiarmi, voglio bene solo ai miei nonni, che mi hanno cresciuto.

Cosa intendi per "usa e getta"?

Mattia90 ha scritto:Altro disagio mi è prodotto dall'essere gay, ma questo non è determinante in quanto ho vissuto senza troppe seghe mentali questa mia inclinazione.

Mattia90 ha scritto:Fin da piccolo ho alternato stati di euforia (brevissimi) a stati di intensa frustrazione, ansia e tristezza, tuttora ne sono afflitto. Sono sempre stato solo, un po' perché la gente sembra non vedermi, per quanto forte possa urlare, un po' perché da solo sto meglio e posso essere me stesso.

La frustrazione fa parte della vita dei più.

Mattia90 ha scritto:Mento sempre e a chiunque, su qualunque cosa ma in particolare su di me e su ciò che ho dentro. Questo stupido strumento di difesa mi penalizza in ogni modo e ormai divento pazzo a combattere quello che è a tutti gli effetti un riflesso automatico.

In altri tempi saresti stato "il pallonaro" Smile niente di particolarmente strano, ce n'è sempre uno Wink

Mattia90 ha scritto:La vita non ha alcun significato per me, non ho prospettive, il futuro è nebbioso e incerto, non so chi sono, chi sarò, cosa farò e sopratutto perché devo fare qualcosa.

Sei quello che sei, non puoi essere un altro. Puoi migliorare in qualche aspetto, migliorare il tuo comportamento, ma sei sempre tu il nocciolo.

Il futuro è incerto per chiunque ne abbia uno...

Mattia90 ha scritto:Mi disgustano solamente anche le cose che dovrebbero darmi piacere come il cibo, la compagnia o le più semplici attività conviviali.

Perché?

Mattia90 ha scritto:Passo la maggior parte del tempo ad autocommiserarmi e ad arrovellarmi su come fare meglio tutte quelle cose che non ho voglia di fare ma che DEVO fare.

Se DEVI vuol dire che c'è uno scopo... un bene maggiore...

Mattia90 ha scritto:Avessi una macchina del tempo/lampada di aladino/ sfera di cristallo non saprei concretamente cosa chiedere.

Non ti credo Wink

Mattia90 ha scritto:Il fatto è che questo stato d'animo non mi dispiace totalmente ma, specialmente in tempo recente, mi reca una cupa e grottesca soddisfazione che sublima nella disperazione.
Sono un convinto sostenitore della vanità del mondo, dei suoi attributi ed abitanti, ed ho sempre creduto che la serenità e la felicità fossero solamente ignoranza di questa insignificanza, e mai come ora il mio stato mi sembra nient'altro che una presa di coscienza sulla verità del mondo, al quale non rinuncerei. La mia è un'autocondanna autoinflitta e sinceramente non vedo vie d'uscita.

Qua stai sragionando... felicità e serenità sono significanti in se... danno significato, non lo richiedono...

Mattia90 ha scritto:Leggere è l'unica attività che mi da pace, l'ho fatto molto in gioventù. Ora non ho più neppure quella in quanto costretto dagli impegni universitari a studiare codici civili e penali, che non mi recano alcun conforto e che anzi, mi deprimono ancora di più. Non ho la minima idea del perché studio all'università e del perché ho scelto giurisprudenza, a volte la mia mano di muove senza che sia io a controllarla, e la voce del mio tormento sovrasta quella della mia coscienza.

Forse hai scelto quegli studi per mirare ad un elevato status economico e sociale?

Mattia90 ha scritto:La mia condanna si estende anche alla reticenza di parlare della mia depressione. Sono apparentemente solare, curo i rapporti umani sebbene non me ne freghi niente, la mia depressione adolescenziale è sfociata in una vivacità dirompente e stupida, che non lasciava trasparire il vuoto al suo interno. Di conseguenza non ho neppure la possibilità di farmi commiserare, neppure la decenza di piangere o di chiedere aiuto perché anche se ci provassi rimarrei di sasso e le parole non mi uscirebbero. Eppure non dovrebbe importarmene nulla degli altri. Non so dare una spiegazione a quello che ho in testa.

Se ci fai caso, ogni volta che al TG intervistano i conoscenti di qualche depresso che compie atti spregevoli, questi immancabilmente blaterano qualcosa come "mah, sembrava un ragazzo normale, gentile, a posto". Quelli come noi, che riescono a covare la depressione dietro una maschera di normalità, sono i più pericolosi. Devi imparare a dominare e neutralizzare la tua depressione, se non vuoi diventare il suo burattino.

Mattia90 ha scritto:Ogni mia decisione rivela subito il suo contrario. Posso essere affabile e tenere conversazione con una nuova conoscenza come smettere dopo 5 minuti e rintanarmi nel mio guscio perché la faccenda diventa inspiegabilmente opprimente e ansiogena.
Non ho ricordi in cui rifugiarmi, non ho famiglia da cui tornare, non ho programmato alcun futuro in cui sperare. Spesso non riesco a svegliarmi e rimango a letto fino a mezzogiorno, poi mi alzo e mi chiedo "e adesso?" e non so darmi alcuna risposta.
Sono il più grosso problema di me stesso, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, sempre giù di corda.

La civiltà ha eliminato la maggior parte delle minacce esterne alla nostra esistenza, quindi non rimaniamo che noi stessi e una manciata di altre cose a tormentarci.

Mattia90 ha scritto:Avevo progettato il suicidio per i 18 anni, per qualche motivo non l'ho fatto e l'ho rimandato a data da destinarsi. Forse sono troppo codardo pure per questo. Ora perdonatemi per i miei deliri e non vi preoccupate se non avete capito niente, non credo di essere riuscito a dargli un senso compiuto.
Spero di riuscire a perdonarmi anch'io un giorno.

E' un Mondo difficile, tendiamo a pretendere tutto e subito, mentre per capire il significato della vita bisogna viverla. Continua la tua ricerca, forse diventerai un saggio, ma non preoccuparti se non lo sei a vent'anni.

mmm

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Messaggio  Mattia90 Mar Ott 26, 2010 10:50 pm

suggestione ha scritto:Mattia, non era un attacco alla tua persona, ma a un dilagante modo di pensare e di agire che purtroppo lo ritrovo nella tua auto descrizione.

Probabilmente sei piacevole e gradevole, ma inconsistente nei rapporti con gli altri.

Non lo credo troppo dilagante come sistema. In ogni caso non capisco come si possa essere piacevoli e gradevoli e al contempo inconsistenti.
Ma non importa, sarà difettosa la mia interpretazione ma credo di aver capito come la pensi.

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Messaggio  Ospite Mar Ott 26, 2010 11:04 pm

ti sei creato... "un personaggio" per recitare nel teatro della vita. Solo che non te ne rendi conto. Non sai distingure il vero di te dal falso, dal costruito.
E' una forma di autodifesa. Dalla vita, probabilmente.
Accompagnata da una buona dose di depressione.
Da solo non ne esci. Hai bisogno dell'aiuto giusto.

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Messaggio  Mattia90 Mar Ott 26, 2010 11:45 pm

mmm ha scritto:Mattia, non dare troppo peso alle parole di Suggestione... come alle mie... non siamo che depressi, anonimi, sconosciuti, che interagiscono tramite un mezzo freddo come il web...

Non mi sento certo ferito da un'opinione legittima.

Comunque, parliamo di te...

Mattia90 ha scritto:Nonostante viva una condizione di apparente normalità sono morto dentro da anni, o forse non sono mai stato vivo.

Queste cose ce le siamo dette in molti, ma in fondo non vogliono dire niente.

Posso immaginare quanto sia stereotipata questa espressione. Il significato è semplicemente comparativo. Anche se può essere una velleitaria illusione vedo gli altri molto più felici e sereni di me, molto più capaci di vivere alla giornata senza preoccuparsi di ogni minima cosa.
Il significato di "vivo" è quello che do a degli amici al bar che ridono e scherzano. Potrei confondermi anch'io con loro, lo faccio ben spesso, ma non sono come loro.


Cos'è per te essere "vivo dentro"? Perché tu non lo sei?

Dici che la tua normalità è solo apparente, perché, quale sarebbe la normalità reale? In cosa ti discosti da questa?

La mia normalità apparente deriva dal mio confondermi passivamente con gli altri. Non do sfogo a nulla di ciò che mi opprime. Se dicessi di essere depresso gran parte delle persone che conosco non mi crederebbe.

Mattia90 ha scritto:Non ho alcun ricordo felice della mia vita, ho vissuto infanzia e adolescenza senza la gioia di essere bambino o adolescente.

Dai che se cerchi qualcosa trovi...

Forse ho rimosso selettivamente i ricordi felici e ho tenuto solo quelli spiacevoli. Sarebbe da me.

Mattia90 ha scritto:Non ho fratelli, non ho cugini, ho pochi amici "usa e getta" che vedo ogni tanto, odio i miei assenti genitori, che quando c'erano si limitavano a picchiarmi, voglio bene solo ai miei nonni, che mi hanno cresciuto.

Cosa intendi per "usa e getta"?

Vuol dire che non intrattengo rapporti stretti, ma solo superficiali, troncabili molto velocemente e senza pensieri. Avevo degli amici d'infanzia, ma alle superiori ho vissuto dei brutti periodi a livello mentale e li ho abbandonati senza farmi più sentire.

Mattia90 ha scritto:Altro disagio mi è prodotto dall'essere gay, ma questo non è determinante in quanto ho vissuto senza troppe seghe mentali questa mia inclinazione.

Mattia90 ha scritto:Fin da piccolo ho alternato stati di euforia (brevissimi) a stati di intensa frustrazione, ansia e tristezza, tuttora ne sono afflitto. Sono sempre stato solo, un po' perché la gente sembra non vedermi, per quanto forte possa urlare, un po' perché da solo sto meglio e posso essere me stesso.

La frustrazione fa parte della vita dei più.

Certo, per un pomeriggio, non per anni. Mi piacerebbe pensare di non avere problemi come vuoi sottendere tu. Mi piacerebbe davvero.

Mattia90 ha scritto:Mento sempre e a chiunque, su qualunque cosa ma in particolare su di me e su ciò che ho dentro. Questo stupido strumento di difesa mi penalizza in ogni modo e ormai divento pazzo a combattere quello che è a tutti gli effetti un riflesso automatico.

In altri tempi saresti stato "il pallonaro" Smile niente di particolarmente strano, ce n'è sempre uno Wink

Non millanto ricchezze che non ho, non racconto palle in giro su altre persone. Semplicemente accampo scuse assurde per inezie, nascondo più che posso chi sono veramente agli altri. Non sarei il pallonaro perché non racconto bugie fini a loro stesse, ma solo al fine di "proteggermi", ovvero distruggermi.

Mattia90 ha scritto:La vita non ha alcun significato per me, non ho prospettive, il futuro è nebbioso e incerto, non so chi sono, chi sarò, cosa farò e sopratutto perché devo fare qualcosa.

Sei quello che sei, non puoi essere un altro. Puoi migliorare in qualche aspetto, migliorare il tuo comportamento, ma sei sempre tu il nocciolo.

Il futuro è incerto per chiunque ne abbia uno...

Il fatto è che ho creduto per anni di non averlo. Che me lo sarei tolto, volontariamente. Per la mente dei miei 16-17 anni ora non dovrei più esistere.

Mattia90 ha scritto:Mi disgustano solamente anche le cose che dovrebbero darmi piacere come il cibo, la compagnia o le più semplici attività conviviali.

Perché?

Penso di non essere all'altezza. Apparentemente fingo compostezza, sicurezza, disinvoltura; in realtà mi sento a disagio e vorrei scappare via. Quando non sono in compagnia alcune volte invece vorrei esserlo. Circolo vizioso.
Quando mangio mi sento in colpa con me stesso. Avere fame e non soddisfarla mi da l'illusione di avere il controllo di me stesso. In ogni caso non ho mai sofferto di anoressia o altro.

Mattia90 ha scritto:Passo la maggior parte del tempo ad autocommiserarmi e ad arrovellarmi su come fare meglio tutte quelle cose che non ho voglia di fare ma che DEVO fare.

Se DEVI vuol dire che c'è uno scopo... un bene maggiore...

Quello che mia madre si è prefissa per me, quello che dovrei fare per sentirmi normale

Mattia90 ha scritto:Avessi una macchina del tempo/lampada di aladino/ sfera di cristallo non saprei concretamente cosa chiedere.

Non ti credo Wink

Dovrei trovarmela davanti questa lampada, e dovrei concretamente provare quello che dico, ma essere l'uomo più ricco del mondo non mi renderebbe più felice.
E in questi anni ho pericolosamente associato la felicità all'ignoranza, quindi non credo chiederei quella.

Sì, è un casino.


Mattia90 ha scritto:Il fatto è che questo stato d'animo non mi dispiace totalmente ma, specialmente in tempo recente, mi reca una cupa e grottesca soddisfazione che sublima nella disperazione.
Sono un convinto sostenitore della vanità del mondo, dei suoi attributi ed abitanti, ed ho sempre creduto che la serenità e la felicità fossero solamente ignoranza di questa insignificanza, e mai come ora il mio stato mi sembra nient'altro che una presa di coscienza sulla verità del mondo, al quale non rinuncerei. La mia è un'autocondanna autoinflitta e sinceramente non vedo vie d'uscita.

Qua stai sragionando... felicità e serenità sono significanti in se... danno significato, non lo richiedono...

Qui non ho parlato di significato. La definizione di felicità/serenità significati della vita non mi soddisfa affatto. Sono semplici stati d'animo temporanei, come la mia depressione e le manie suicide.

Mattia90 ha scritto:Leggere è l'unica attività che mi da pace, l'ho fatto molto in gioventù. Ora non ho più neppure quella in quanto costretto dagli impegni universitari a studiare codici civili e penali, che non mi recano alcun conforto e che anzi, mi deprimono ancora di più. Non ho la minima idea del perché studio all'università e del perché ho scelto giurisprudenza, a volte la mia mano di muove senza che sia io a controllarla, e la voce del mio tormento sovrasta quella della mia coscienza.

Forse hai scelto quegli studi per mirare ad un elevato status economico e sociale?

L'ho scelto perché mio padre è avvocato, e mi ha spinto in quella direzione. Punto.
Quello che non so è perché non mi sono sognato di protestare.

Mattia90 ha scritto:La mia condanna si estende anche alla reticenza di parlare della mia depressione. Sono apparentemente solare, curo i rapporti umani sebbene non me ne freghi niente, la mia depressione adolescenziale è sfociata in una vivacità dirompente e stupida, che non lasciava trasparire il vuoto al suo interno. Di conseguenza non ho neppure la possibilità di farmi commiserare, neppure la decenza di piangere o di chiedere aiuto perché anche se ci provassi rimarrei di sasso e le parole non mi uscirebbero. Eppure non dovrebbe importarmene nulla degli altri. Non so dare una spiegazione a quello che ho in testa.

Se ci fai caso, ogni volta che al TG intervistano i conoscenti di qualche depresso che compie atti spregevoli, questi immancabilmente blaterano qualcosa come "mah, sembrava un ragazzo normale, gentile, a posto". Quelli come noi, che riescono a covare la depressione dietro una maschera di normalità, sono i più pericolosi. Devi imparare a dominare e neutralizzare la tua depressione, se non vuoi diventare il suo burattino.

Lo sono già. Ma non sono violento.

Mattia90 ha scritto:Ogni mia decisione rivela subito il suo contrario. Posso essere affabile e tenere conversazione con una nuova conoscenza come smettere dopo 5 minuti e rintanarmi nel mio guscio perché la faccenda diventa inspiegabilmente opprimente e ansiogena.
Non ho ricordi in cui rifugiarmi, non ho famiglia da cui tornare, non ho programmato alcun futuro in cui sperare. Spesso non riesco a svegliarmi e rimango a letto fino a mezzogiorno, poi mi alzo e mi chiedo "e adesso?" e non so darmi alcuna risposta.
Sono il più grosso problema di me stesso, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, sempre giù di corda.

La civiltà ha eliminato la maggior parte delle minacce esterne alla nostra esistenza, quindi non rimaniamo che noi stessi e una manciata di altre cose a tormentarci.

Solita concezione di causa delle malattie psicosomatiche. Io credo che la guerra o la malattia semplicemente le coprano e le nascondano, ma certi tormenti sono innati, per alcuni di noi.

Mattia90 ha scritto:Avevo progettato il suicidio per i 18 anni, per qualche motivo non l'ho fatto e l'ho rimandato a data da destinarsi. Forse sono troppo codardo pure per questo. Ora perdonatemi per i miei deliri e non vi preoccupate se non avete capito niente, non credo di essere riuscito a dargli un senso compiuto.
Spero di riuscire a perdonarmi anch'io un giorno.

E' un Mondo difficile, tendiamo a pretendere tutto e subito, mentre per capire il significato della vita bisogna viverla. Continua la tua ricerca, forse diventerai un saggio, ma non preoccuparti se non lo sei a vent'anni.

Saggezza è solo una parola.



xxxy ha scritto:ti sei creato... "un personaggio" per recitare nel teatro della vita. Solo che non te ne rendi conto. Non sai distingure il vero di te dal falso, dal costruito.
E' una forma di autodifesa. Dalla vita, probabilmente.
Accompagnata da una buona dose di depressione.
Da solo non ne esci. Hai bisogno dell'aiuto giusto.

Complimenti, tutto vero. Ti sbagli solo su un punto; ne sono pienamente consapevole. Il mio problema è uscirne.
Perché non posso guarire da solo? Io vorrei delle medicine da assumere. Il fatto è che conoscendomi, ne abuserei.

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Messaggio  mmm Mer Ott 27, 2010 11:42 pm

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Nonostante viva una condizione di apparente normalità sono morto dentro da anni, o forse non sono mai stato vivo.

Queste cose ce le siamo dette in molti, ma in fondo non vogliono dire niente.

Posso immaginare quanto sia stereotipata questa espressione. Il significato è semplicemente comparativo. Anche se può essere una velleitaria illusione vedo gli altri molto più felici e sereni di me, molto più capaci di vivere alla giornata senza preoccuparsi di ogni minima cosa.
Il significato di "vivo" è quello che do a degli amici al bar che ridono e scherzano. Potrei confondermi anch'io con loro, lo faccio ben spesso, ma non sono come loro.

Cos'è che ti impedisce, nello specifico, di ridere e scherzare pure tu?

Forse sarai meno "leggero" di loro, più nevrotico, ma questo non ti impedisce di ritagliarti degli spazi di spensieratezza.

Poi, non so qual'è il tuo rapporto con la TV e i media in generale, ma è classico, ad esempio nelle pubblicità, che questi mettano una persona bella, preferibilmente giovane, che sorride, senza motivo. Ti viene da dire "**zo ride?!' Smile va beh apparire sereni e felici non è solo un fine ma anche un mezzo per attirare gli altri.

Non riesci a darti un limite, un tempo per preoccuparti e un tempo per rilassarti e vuotare la mente da questioni a lungo termine? Scervellarti per sedici ore al giorno tanto non aiuta.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:Cos'è per te essere "vivo dentro"? Perché tu non lo sei?

Dici che la tua normalità è solo apparente, perché, quale sarebbe la normalità reale? In cosa ti discosti da questa?

La mia normalità apparente deriva dal mio confondermi passivamente con gli altri. Non do sfogo a nulla di ciò che mi opprime. Se dicessi di essere depresso gran parte delle persone che conosco non mi crederebbe.

Cos'è che ti opprime? Delle depressione ne puoi parlare con noi, e volendo anche con un medico.

Per quanto riguarda l'orientamento sessuale, non so nella tua zona, ma nella mia città ci sono settimanalmente serate dedicate a quel genere di minoranze, dove molti dei frequentatori sono gay e lesbiche e il resto sono persone tolleranti che si vogliono divertire.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Non ho alcun ricordo felice della mia vita, ho vissuto infanzia e adolescenza senza la gioia di essere bambino o adolescente.

Dai che se cerchi qualcosa trovi...

Forse ho rimosso selettivamente i ricordi felici e ho tenuto solo quelli spiacevoli. Sarebbe da me.

E' abbastanza comune tra i depressi, però più che "rimosso" direi "accantonato". Prova davvero a cercarli questi ricordi, però devi richiamarli alla mente con gli occhi di allora, non con quelli di adesso. Cioè, facciamo un esempio, una bella partita a pallone, magari oggi diresti "che palle", ma mentre giocavi ti sentivi preso, partecipe, coinvolto. Felicità non vuol dire essere come il testimonial in uno spot, con la figona (o il figaccione) a fianco e il sorriso a 32 denti stampato sul volto...

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Non ho fratelli, non ho cugini, ho pochi amici "usa e getta" che vedo ogni tanto, odio i miei assenti genitori, che quando c'erano si limitavano a picchiarmi, voglio bene solo ai miei nonni, che mi hanno cresciuto.

Cosa intendi per "usa e getta"?

Vuol dire che non intrattengo rapporti stretti, ma solo superficiali, troncabili molto velocemente e senza pensieri. Avevo degli amici d'infanzia, ma alle superiori ho vissuto dei brutti periodi a livello mentale e li ho abbandonati senza farmi più sentire.

Io ho due amici di lunga data. Saranno 14 anni che ci frequentiamo. Ci siamo conosciuti a scuola, alle medie. Abbiamo iniziato a trovarci ogni tanto fuori da scuola per giocare alla play. Questa cosa è andata avanti per anni. Alle superiori, uscivo con altre persone, ma con i compagni di gioco no, perché loro non uscivano. I gruppi con con uscivo li cambiavo abbastanza di frequente, ma i compagni di gioco no. Poi uno dei compagni di gioco è uscito qualche volta con una ragazza che a me interessava e a lui no, quindi ho abbandonato un gruppo delle uscite e mi sono aggregato al suo. Poi ho fatto entrare anche il rimanente compagno di giochi. La ragazza si è sganciata, e gli altri pure, siamo rimasti noi tre e qualche persona orbitante attorno al primo.

Detto questo, i nostri rapporti sono superficiali. Una volta il primo mi ha lasciato indietro in una situazione di pericolo. Era tipo dopo 6 o 7 anni che ci frequentavamo. Ho capito che l'amicizia per gli adulti non è quella del migliore amico, dell'amico fidato, degli amici per la pelle.

Gli adulti si curano ognuno dei propri interessi, però hanno interesse a passare del tempo in compagnia.

Ecco, noi siamo come i vecchi che si trovano al centro anziani per giocare a carte, però invece delle carte abbiamo videogiochi di ultima generazione. Non vedo niente di particolarmente stretto o profondo in questo, però è un rapporto onesto, perché sappiamo che ognuno guarda prima al proprio tornaconto, è un rapporto equo, perché nessuno sottrae all'altro e tutti passano una giornata migliore di quella che passerebbe da solo. E' vero, c'è quello che bara, che usa l'inganno e tecniche non convenzionali per vincere (come urlare e fare casino tutta la partita), e ti fa' girare le palle, perché non è solo un gioco, chi vince si sente bene, si sente spavaldo e esuberante, chi perde si incazza e si frustra, è benessere psicologico quello che ci giochiamo, quindi a rubare si mette in discussione l'equità del rapporto, che si avvia quindi alla rottura, in particolare io ho deciso più volte di mandarli al diavolo, ma poi sono rimasto, un po' per mancanza di meglio da fare.

Quindi, dove voglio arrivare? Non ossessionarti alla ricerca di rapporti particolarmente profondi, sottostimando tutto il resto, quelli sono l'eccezione, non la regola, la regola è che tu devi essere autosufficiente, i rapporti con gli altri scaturiscono prevalentemente da comunanza di intenti e coincidenza di interessi, niente di particolarmente romantico.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Fin da piccolo ho alternato stati di euforia (brevissimi) a stati di intensa frustrazione, ansia e tristezza, tuttora ne sono afflitto. Sono sempre stato solo, un po' perché la gente sembra non vedermi, per quanto forte possa urlare, un po' perché da solo sto meglio e posso essere me stesso.

La frustrazione fa parte della vita dei più.

Certo, per un pomeriggio, non per anni. Mi piacerebbe pensare di non avere problemi come vuoi sottendere tu. Mi piacerebbe davvero.

Quello che voglio dire non è che non hai problemi, ma che ci li hanno tutti, probabilmente tu ne hai qualcuno in più, però non sei la pecora nera, l'escluso, sei nella mischia insieme a tutti gli altri, te la puoi cavare, anche se farai un po' di fatica in più.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Mento sempre e a chiunque, su qualunque cosa ma in particolare su di me e su ciò che ho dentro. Questo stupido strumento di difesa mi penalizza in ogni modo e ormai divento pazzo a combattere quello che è a tutti gli effetti un riflesso automatico.

In altri tempi saresti stato "il pallonaro" Smile niente di particolarmente strano, ce n'è sempre uno Wink


Non millanto ricchezze che non ho, non racconto palle in giro su altre persone. Semplicemente accampo scuse assurde per inezie, nascondo più che posso chi sono veramente agli altri. Non sarei il pallonaro perché non racconto bugie fini a loro stesse, ma solo al fine di "proteggermi", ovvero distruggermi.

No, fai bene a proteggerti, molti approfitterebbero delle tue confidenze, le userebbero contro di te alla prima occasione. Ancora non lavori, ma ad esempio sul lavoro è un continuo parlare dietro, anche dove sono tutti amici e c'è un clima apparentemente sereno, c'è sempre quello che ti scavalca, che complotta dietro di te, che ti invidia, che si sente minacciato dai tuoi successi, ecc... ecc...

Anche, metti che ti accade qualche incidente, qualcuno potrebbe far leva sulla tua depressione per sostenere che non si è trattato di un incidente ma di un gesto deliberato.

In famiglia, qualcuno potrebbe decidere di sovradeterminare decisioni che invece ti competono, perché magari sarebbe convinto che tu sei troppo in difficoltà e non puoi farti carico delle tue responsabilità.

Se ti devi confidare con qualcuno, puoi provare con qualcuno che non abbia (e non possa avere facilmente) nessun contatto con tutte le altre persone che tu conosci e che per te contano o che hanno qualche influenza sulla tua vita, oppure con una persona fidata (difficile trovarla per noi però).

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:La vita non ha alcun significato per me, non ho prospettive, il futuro è nebbioso e incerto, non so chi sono, chi sarò, cosa farò e sopratutto perché devo fare qualcosa.

Sei quello che sei, non puoi essere un altro. Puoi migliorare in qualche aspetto, migliorare il tuo comportamento, ma sei sempre tu il nocciolo.

Il futuro è incerto per chiunque ne abbia uno...

Il fatto è che ho creduto per anni di non averlo. Che me lo sarei tolto, volontariamente. Per la mente dei miei 16-17 anni ora non dovrei più esistere.

Almeno non devi fare i conti con il fallimento delle tue aspettative... devi disimparare di meno, devi però tornare al punto in cui decidi cosa vuoi fare, in cui pesi il valore delle cose, capisci che compromessi vuoi fare, che priorità darti.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Mi disgustano solamente anche le cose che dovrebbero darmi piacere come il cibo, la compagnia o le più semplici attività conviviali.

Perché?

Penso di non essere all'altezza. Apparentemente fingo compostezza, sicurezza, disinvoltura; in realtà mi sento a disagio e vorrei scappare via. Quando non sono in compagnia alcune volte invece vorrei esserlo. Circolo vizioso.
Quando mangio mi sento in colpa con me stesso. Avere fame e non soddisfarla mi da l'illusione di avere il controllo di me stesso. In ogni caso non ho mai sofferto di anoressia o altro.

Anch'io a volte provo una sensazione positiva nella fame, cioè quando hai fame ma puoi stare così. Mi è capitato di saltare qualche pasto, io che sono capace di avere fame pure quando mi alzo dalla tavola dopo aver mangiato primo, secondo e frutta...

Invece chiamo "fame cattiva" quando, ad esempio dopo aver fatto troppo tardi dopo cena, il corpo quasi mi "prende a frustrate" per mandarmi a mangiare qualcosina...

Per le compagnie, se ti senti a disagio forse sei nel posto sbagliato. Se invece il posto è quello giusto o ci devi stare per qualche motivo, è normale all'inizio sentirsi a disagio, gli sguardi sembrano (e magari sono) ostili. Ma poi, piano piano, con il tempo, senza strafare, diventerai parte del gruppo, o dei frequentatori di un posto, le persone ti daranno più confidenza, saranno meglio disposte verso di te, sarai uno di loro. Però ci va tempo. Metti sei mesi per essere un novizio ma comunque parte del gruppo, un anno per fare il gregario, tre per essere una personalità, un personaggio. Ovviamente dipende anche dal turnover, l'ultimo arrivato rimane sempre l'ultimo arrivato, e dalle differenze, se hanno tutti 50 anni tu di 20 non puoi che essere il novellino.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Passo la maggior parte del tempo ad autocommiserarmi e ad arrovellarmi su come fare meglio tutte quelle cose che non ho voglia di fare ma che DEVO fare.

Se DEVI vuol dire che c'è uno scopo... un bene maggiore...

Quello che mia madre si è prefissa per me, quello che dovrei fare per sentirmi normale

Ecco, per normale tu intendi sereno, non essere ossessionato dalle preoccupazioni, dalle frustrazioni, i "cieli blu", il mare calmo.

Non hai bisogno di avere un'occupazione per avere tutto questo, non hai bisogno di soddisfare i sogni di tua madre. Tua madre la propria vita se l'è vissuta, non ha nessun diritto di "vivere" pure la tua...

Le persone credono di volere una cosa, quando poi ne vogliono un'altra.

Non mi ricordo chi lo disse, per rovinare davvero un uomo, basterebbe esaudire tutti i suoi desideri...

Tua madre crede di volerti vedere avvocato, ma in realtà ha bisogno di vederti sereno, realizzato.

Tu non devi darle quello che chiede, ma quello di cui ha bisogno.

Non sei più il bambino che fa quello che dice la madre, ora probabilmente sei tu quello che ha la maggior capacità di comprensione e di analisi tra i due...

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Avessi una macchina del tempo/lampada di aladino/ sfera di cristallo non saprei concretamente cosa chiedere.

Non ti credo Wink

Dovrei trovarmela davanti questa lampada, e dovrei concretamente provare quello che dico, ma essere l'uomo più ricco del mondo non mi renderebbe più felice.
E in questi anni ho pericolosamente associato la felicità all'ignoranza, quindi non credo chiederei quella.

Sì, è un casino.

Il valore di tante cose lo si riconosce solo dopo che le si è costruite. Però, ci sono cose su cui non abbiamo potere, cose che si hanno o non si hanno. Se dovessi chiedere qualcosa per me, chiederei una salute perfetta, in ogni parte del mio corpo, in seconda istanza un bel capitale, abbastanza grande da permettermi di non dover spendere il mio tempo lavorando, ma non tanto grande da trasformarmi in un suo mezzo, in terza istanza chiederei una generale buona sorte per il resto della vita.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Il fatto è che questo stato d'animo non mi dispiace totalmente ma, specialmente in tempo recente, mi reca una cupa e grottesca soddisfazione che sublima nella disperazione.
Sono un convinto sostenitore della vanità del mondo, dei suoi attributi ed abitanti, ed ho sempre creduto che la serenità e la felicità fossero solamente ignoranza di questa insignificanza, e mai come ora il mio stato mi sembra nient'altro che una presa di coscienza sulla verità del mondo, al quale non rinuncerei. La mia è un'autocondanna autoinflitta e sinceramente non vedo vie d'uscita.

Qua stai sragionando... felicità e serenità sono significanti in se... danno significato, non lo richiedono...

Qui non ho parlato di significato. La definizione di felicità/serenità significati della vita non mi soddisfa affatto. Sono semplici stati d'animo temporanei, come la mia depressione e le manie suicide.

OK, ma gli stati d'animo non sono cose a se stanti...

Cioè, se sei depresso, vuol dire che qualcosa non funziona, c'è qualcosa che non va, se hai manie suicide, vuol dire che soffri oltre le tue capacità di sopportazione (ovvero quel limite oltre al quale non riesci a condurre una vita apprezzabile) e non vedi vie di uscita.

A questi stati d'animo non si pone rimedio semplicemente intervenendo sull'espressione del problema (lo stato d'animo), ma cercando di alterare la combinazione di fattori scatenanti, delle cause.

Ad esempio, puoi neutralizzare una causa di sofferenza (rimuovendola - intervenendo sulla realtà materiale - o alterando il modo in cui ti lasci influenzare - modificando i tuoi processi mentali), puoi ritrovare la speranza e qualche via di uscita, una via di salvataggio che ti conduca verso una situazione più sostenibile.

D'altra parte, se sei felice, se sei sereno, vuol dire che il mondo, la realtà oggettiva, è accettabile, o magari stupenda, e tu hai gli strumenti per apprezzarlo, i tuoi processi mentali sono strutturati in maniera tale da apprezzare questa realtà, hai gli strumenti per accettare le cose che non vanno, ma anche di valorizzare le cose buone, di cogliere il panorama più ampio, di miliardi di esseri viventi che, nonostante tutto, amano. Non so, forse sto parlando di compassione. L'amore, il bene, lo star bene, non solo noi, ma tutti, come parte di qualcosa di più grande, l'Universo, nella sua materia vivente e non, tangibile e non. Certe cose non dobbiamo pretendere di comprenderle a piena, basta intuirle, sfiorarle superficialmente, e tutto cambia.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Leggere è l'unica attività che mi da pace, l'ho fatto molto in gioventù. Ora non ho più neppure quella in quanto costretto dagli impegni universitari a studiare codici civili e penali, che non mi recano alcun conforto e che anzi, mi deprimono ancora di più. Non ho la minima idea del perché studio all'università e del perché ho scelto giurisprudenza, a volte la mia mano di muove senza che sia io a controllarla, e la voce del mio tormento sovrasta quella della mia coscienza.

Forse hai scelto quegli studi per mirare ad un elevato status economico e sociale?

L'ho scelto perché mio padre è avvocato, e mi ha spinto in quella direzione. Punto.
Quello che non so è perché non mi sono sognato di protestare.

Se non hai protestato forse è perché non eri così contrario.

Cioè, quasi a nessuno piace il proprio lavoro, o lo studio necessario ad ottenerlo. Il lavoro è sacrificio. In alcuni posti lavorare si dice "faticare", "travagliare".

Riesci a sacrificarti per ottenere l'indipendenza economica, e su questa mirare di costruirti una vita "normale"?

Tanto, anche se tu lasciassi gli studi, alzarti alle 5 di mattina per andare a fare la stessa cosa tutti i giorni, con scarse prospettive di miglioramento, o passare la notte in turno, o lavorare un anno si e uno no, non sarebbero alternative meno logoranti, ti chiederebbero più sacrificio e pagherebbero meno (e non sto parlando di soldi).

Se proprio non ce la fai, puoi pensare di cambiare studi, o di andare a lavorare, ma se riesci a tenere duro ti risparmierai molti problemi e molta miseria (mancanze, negazioni, esclusioni) in futuro.

Fossi in te, terrei duro e proseguirei, non per far contenta mia madre, ma perché mi servirebbe, per una questione utilitaristica, per la mia convenienza, il mio benessere, e per poter anche aiutare chi dovesse averne bisogno e meritarlo (esclusivamente dal mio punto di vista, ovvio) in futuro.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:La mia condanna si estende anche alla reticenza di parlare della mia depressione. Sono apparentemente solare, curo i rapporti umani sebbene non me ne freghi niente, la mia depressione adolescenziale è sfociata in una vivacità dirompente e stupida, che non lasciava trasparire il vuoto al suo interno. Di conseguenza non ho neppure la possibilità di farmi commiserare, neppure la decenza di piangere o di chiedere aiuto perché anche se ci provassi rimarrei di sasso e le parole non mi uscirebbero. Eppure non dovrebbe importarmene nulla degli altri. Non so dare una spiegazione a quello che ho in testa.

Se ci fai caso, ogni volta che al TG intervistano i conoscenti di qualche depresso che compie atti spregevoli, questi immancabilmente blaterano qualcosa come "mah, sembrava un ragazzo normale, gentile, a posto". Quelli come noi, che riescono a covare la depressione dietro una maschera di normalità, sono i più pericolosi. Devi imparare a dominare e neutralizzare la tua depressione, se non vuoi diventare il suo burattino.

Lo sono già. Ma non sono violento.

Ecco, è a lei che ti devi ribellare. Seppure ti rimane aggrappata alle gambe, e ti rallenta, non lasciare che ti fermi.

Svogliatezza, inerzia, tristezza, depressione, sono demoni, sono vizi di cui ti devi liberare, e finché non lo fai devi cercare di vivere nonostante questi.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Ogni mia decisione rivela subito il suo contrario. Posso essere affabile e tenere conversazione con una nuova conoscenza come smettere dopo 5 minuti e rintanarmi nel mio guscio perché la faccenda diventa inspiegabilmente opprimente e ansiogena.
Non ho ricordi in cui rifugiarmi, non ho famiglia da cui tornare, non ho programmato alcun futuro in cui sperare. Spesso non riesco a svegliarmi e rimango a letto fino a mezzogiorno, poi mi alzo e mi chiedo "e adesso?" e non so darmi alcuna risposta.
Sono il più grosso problema di me stesso, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, sempre giù di corda.

La civiltà ha eliminato la maggior parte delle minacce esterne alla nostra esistenza, quindi non rimaniamo che noi stessi e una manciata di altre cose a tormentarci.

Solita concezione di causa delle malattie psicosomatiche. Io credo che la guerra o la malattia semplicemente le coprano e le nascondano, ma certi tormenti sono innati, per alcuni di noi.

Io credo che ci sia più una predisposizione e degli eventi scatenanti.

Come la miopia, se sei predisposto, ma non ti rovini gli occhi a correre appresso alle richieste di insegnanti e genitori, magari non diventi miope. Se sei predisposto e passi le giornate a fare i compiti, ti rovini la vista.

Siamo predisposti, la depressione ha trovato terreno fertile in noi, ma possiamo sradicarla.

Mattia90 ha scritto:
mmm ha scritto:
Mattia90 ha scritto:Avevo progettato il suicidio per i 18 anni, per qualche motivo non l'ho fatto e l'ho rimandato a data da destinarsi. Forse sono troppo codardo pure per questo. Ora perdonatemi per i miei deliri e non vi preoccupate se non avete capito niente, non credo di essere riuscito a dargli un senso compiuto.
Spero di riuscire a perdonarmi anch'io un giorno.

E' un Mondo difficile, tendiamo a pretendere tutto e subito, mentre per capire il significato della vita bisogna viverla. Continua la tua ricerca, forse diventerai un saggio, ma non preoccuparti se non lo sei a vent'anni.

Saggezza è solo una parola.

Una parola può rappresentare il Mondo :-p

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Perché andare avanti? Empty Re: Perché andare avanti?

Messaggio  Mattia90 Gio Ott 28, 2010 1:21 am

mmm ha scritto:
Cos'è che ti impedisce, nello specifico, di ridere e scherzare pure tu?

Forse sarai meno "leggero" di loro, più nevrotico, ma questo non ti impedisce di ritagliarti degli spazi di spensieratezza.

Poi, non so qual'è il tuo rapporto con la TV e i media in generale, ma è classico, ad esempio nelle pubblicità, che questi mettano una persona bella, preferibilmente giovane, che sorride, senza motivo. Ti viene da dire "**zo ride?!' Smile va beh apparire sereni e felici non è solo un fine ma anche un mezzo per attirare gli altri.

Non riesci a darti un limite, un tempo per preoccuparti e un tempo per rilassarti e vuotare la mente da questioni a lungo termine? Scervellarti per sedici ore al giorno tanto non aiuta.

Quello che mi frega è il vedere tutto come un dovere, e forse per questo non riesco a divertirmi; per me è tutta una costrizione imposta da me stesso. Anche la socialità per me è un dovere auto-imposto e così lo vivo, come se fosse una mansione da svolgere, anche se mi sto divertendo. E non riesco a uscire da questo labirinto mentale, anche se non voglio strutturo il mio pensiero in questo modo.
La tv non la guardo mai, non c'è niente di indotto o subliminale nel mio pensiero.

mmm ha scritto:
Cos'è che ti opprime? Delle depressione ne puoi parlare con noi, e volendo anche con un medico.

Per quanto riguarda l'orientamento sessuale, non so nella tua zona, ma nella mia città ci sono settimanalmente serate dedicate a quel genere di minoranze, dove molti dei frequentatori sono gay e lesbiche e il resto sono persone tolleranti che si vogliono divertire.

In effetti trovo molto terapeutico parlarne, anche poco, confrontarsi, scambiarsi opinioni con persone che un poco magari mi capiscono.
Il medico non mi capisce, non mi capirà mai, ragiona per vie protocollari; non mi piacerebbe essere solo un fascicolo. Poi queste cose per me sono così personali e private che non so se parlerei. Forse mi chiuderei a riccio come al solito e direi che, alla fine, va tutto bene.
Prima o poi ci andrò, ma ora le mie risorse economiche sono limitate a ciò che mi serve per vivere; infatti ho lasciato casa per andare a studiare in un'altra città infatti, sperando in un cambiamento che ovviamente non è avvenuto.
E Seneca, tra versioni e letture personali mi aveva avvertito almeno 400 volte che alla fine si scappa solamente da se stessi.

La parte gay è l'unica che quantomeno non mi causa complessi, non è un problema.


mmm ha scritto:
E' abbastanza comune tra i depressi, però più che "rimosso" direi "accantonato". Prova davvero a cercarli questi ricordi, però devi richiamarli alla mente con gli occhi di allora, non con quelli di adesso. Cioè, facciamo un esempio, una bella partita a pallone, magari oggi diresti "che palle", ma mentre giocavi ti sentivi preso, partecipe, coinvolto. Felicità non vuol dire essere come il testimonial in uno spot, con la figona (o il figaccione) a fianco e il sorriso a 32 denti stampato sul volto...

Non ci riesco, ci ho provato oggi pomeriggio e non ci riesco. Magari ho ricordi di vago e temporaneo benessere con un amico; ma poi penso a come ho mandato tutto a puttane con quel determinato amico e mi sento male. Per me è molto doloroso rivangare, sebbene non abbia subito traumi particolarmente seri, a parte quelli enormemente amplificati dalla mia mente di ragazzino triste, ovviamente.

mmm ha scritto:
Io ho due amici di lunga data. Saranno 14 anni che ci frequentiamo. Ci siamo conosciuti a scuola, alle medie. Abbiamo iniziato a trovarci ogni tanto fuori da scuola per giocare alla play. Questa cosa è andata avanti per anni. Alle superiori, uscivo con altre persone, ma con i compagni di gioco no, perché loro non uscivano. I gruppi con con uscivo li cambiavo abbastanza di frequente, ma i compagni di gioco no. Poi uno dei compagni di gioco è uscito qualche volta con una ragazza che a me interessava e a lui no, quindi ho abbandonato un gruppo delle uscite e mi sono aggregato al suo. Poi ho fatto entrare anche il rimanente compagno di giochi. La ragazza si è sganciata, e gli altri pure, siamo rimasti noi tre e qualche persona orbitante attorno al primo.

Detto questo, i nostri rapporti sono superficiali. Una volta il primo mi ha lasciato indietro in una situazione di pericolo. Era tipo dopo 6 o 7 anni che ci frequentavamo. Ho capito che l'amicizia per gli adulti non è quella del migliore amico, dell'amico fidato...

Questa visione dell'amicizia è un po' triste, ma corretta. Purtroppo la lucidità illumina spesso una verità triste.
Il fatto è che sono sempre stato in totale casino, cioè, non mi è mai andato bene niente. Se giocando alla play da solo sentivo bisogno di una qualche presenza amica, se giocavo con amici non vedevo l'ora di tornare a casa e stare da solo.
Finché non ho detto fanculo e non sono più tornato.

mmm ha scritto:

Quello che voglio dire non è che non hai problemi, ma che ci li hanno tutti, probabilmente tu ne hai qualcuno in più, però non sei la pecora nera, l'escluso, sei nella mischia insieme a tutti gli altri, te la puoi cavare, anche se farai un po' di fatica in più.

Vuoi sapere cosa ho in testa adesso?
A sentire queste constatazioni mi prende quasi lo sconforto. Cioè, sapere che tutti bene o male hanno di questi problemi quasi mi fa sentire derubato di un qualcosa che credo solo mio. Come se ne andassi segretamente orgoglioso e credessi che questo mi renda in qualche modo speciale. Come se mi piacesse e non volessi condividere questa condizione con altri.
Ma che cazz.. sono scemo

mmm ha scritto:
No, fai bene a proteggerti, molti approfitterebbero delle tue confidenze, le userebbero contro di te alla prima occasione. Ancora non lavori, ma ad esempio sul lavoro è un continuo parlare dietro, anche dove sono tutti amici e c'è un clima apparentemente sereno, c'è sempre quello che ti scavalca, che complotta dietro di te, che ti invidia, che si sente minacciato dai tuoi successi, ecc... ecc...

Anche, metti che ti accade qualche incidente, qualcuno potrebbe far leva sulla tua depressione per sostenere che non si è trattato di un incidente ma di un gesto deliberato.

In famiglia, qualcuno potrebbe decidere di sovradeterminare decisioni che invece ti competono, perché magari sarebbe convinto che tu sei troppo in difficoltà e non puoi farti carico delle tue responsabilità.

Se ti devi confidare con qualcuno, puoi provare con qualcuno che non abbia (e non possa avere facilmente) nessun contatto con tutte le altre persone che tu conosci e che per te contano o che hanno qualche influenza sulla tua vita, oppure con una persona fidata (difficile trovarla per noi però).

Figurati che mi sono messo a piangere con una gentilissima emerita sconosciuta su chatroulette un giorno che ero particolarmente giù, raccontandole qualcosa di me. Io non riesco a parlare di queste cose se non con sconosciuti, quindi questi accorgimenti sono automatici per me.
La fiducia è un lusso che non mi posso permettere; sono uno da troppa o troppo poca.


mmm ha scritto:Almeno non devi fare i conti con il fallimento delle tue aspettative... devi disimparare di meno, devi però tornare al punto in cui decidi cosa vuoi fare, in cui pesi il valore delle cose, capisci che compromessi vuoi fare, che priorità darti.

Io non lo so che cazzo fare nella vita. La mancanza di aspettative è ciò che mi ha un po' salvato, suppongo.

mmm ha scritto:Anch'io a volte provo una sensazione positiva nella fame, cioè quando hai fame ma puoi stare così. Mi è capitato di saltare qualche pasto, io che sono capace di avere fame pure quando mi alzo dalla tavola dopo aver mangiato primo, secondo e frutta...

Invece chiamo "fame cattiva" quando, ad esempio dopo aver fatto troppo tardi dopo cena, il corpo quasi mi "prende a frustrate" per mandarmi a mangiare qualcosina...

Per le compagnie, se ti senti a disagio forse sei nel posto sbagliato. Se invece il posto è quello giusto o ci devi stare per qualche motivo, è normale all'inizio sentirsi a disagio, gli sguardi sembrano (e magari sono) ostili. Ma poi, piano piano, con il tempo, senza strafare, diventerai parte del gruppo, o dei frequentatori di un posto, le persone ti daranno più confidenza, saranno meglio disposte verso di te, sarai uno di loro. Però ci va tempo. Metti sei mesi per essere un novizio ma comunque parte del gruppo, un anno per fare il gregario, tre per essere una personalità, un personaggio. Ovviamente dipende anche dal turnover, l'ultimo arrivato rimane sempre l'ultimo arrivato, e dalle differenze, se hanno tutti 50 anni tu di 20 non puoi che essere il novellino.

Non è questo il problema. Io non soffro per non essere parte del gruppo, io soffro perché non riesco a sentirmi parte di esso.

mmm ha scritto:Ecco, per normale tu intendi sereno, non essere ossessionato dalle preoccupazioni, dalle frustrazioni, i "cieli blu", il mare calmo.

Non hai bisogno di avere un'occupazione per avere tutto questo, non hai bisogno di soddisfare i sogni di tua madre. Tua madre la propria vita se l'è vissuta, non ha nessun diritto di "vivere" pure la tua...

Le persone credono di volere una cosa, quando poi ne vogliono un'altra.

Non mi ricordo chi lo disse, per rovinare davvero un uomo, basterebbe esaudire tutti i suoi desideri...

Tua madre crede di volerti vedere avvocato, ma in realtà ha bisogno di vederti sereno, realizzato.

Tu non devi darle quello che chiede, ma quello di cui ha bisogno.

Non sei più il bambino che fa quello che dice la madre, ora probabilmente sei tu quello che ha la maggior capacità di comprensione e di analisi tra i due...

Ecco, forse ho avuto troppo senza meritarmelo. Tempo fa ti avrei detto che piuttosto di stare così mi sarei scambiato con un soldato in trincea. Ora non lo so se sono così stupido. Anzi, in realtà te lo direi anche adesso.
Mia madre è molto autoritaria. Non c'ho proprio la forza di combatterla. Non lo so se mia madre vuole il mio bene, non la conosco neanch'io. Anche lì, ho passato 15 anni ad odiare a morte i miei genitori, ad augurargli le peggiori disgrazie e adesso che sono lontano quasi mi mancano e scopro che, tutto sommato, voglio bene a entrambi.

mmm ha scritto:
Il valore di tante cose lo si riconosce solo dopo che le si è costruite. Però, ci sono cose su cui non abbiamo potere, cose che si hanno o non si hanno. Se dovessi chiedere qualcosa per me, chiederei una salute perfetta, in ogni parte del mio corpo, in seconda istanza un bel capitale, abbastanza grande da permettermi di non dover spendere il mio tempo lavorando, ma non tanto grande da trasformarmi in un suo mezzo, in terza istanza chiederei una generale buona sorte per il resto della vita.

A questo punto puoi chiedere l'immortalità no?
A parte le sciocche fantasie, io non so cosa farmene di soldi, di salute, buona sorte. A me servono degli occhiali nuovi per vedere il mondo sotto una luce diversa. Non dico migliore, ma diversa.

mmm ha scritto:OK, ma gli stati d'animo non sono cose a se stanti...

Cioè, se sei depresso, vuol dire che qualcosa non funziona, c'è qualcosa che non va, se hai manie suicide, vuol dire che soffri oltre le tue capacità di sopportazione (ovvero quel limite oltre al quale non riesci a condurre una vita apprezzabile) e non vedi vie di uscita.

A questi stati d'animo non si pone rimedio semplicemente intervenendo sull'espressione del problema (lo stato d'animo), ma cercando di alterare la combinazione di fattori scatenanti, delle cause.

Ad esempio, puoi neutralizzare una causa di sofferenza (rimuovendola - intervenendo sulla realtà materiale - o alterando il modo in cui ti lasci influenzare - modificando i tuoi processi mentali), puoi ritrovare la speranza e qualche via di uscita, una via di salvataggio che ti conduca verso una situazione più sostenibile.

D'altra parte, se sei felice, se sei sereno, vuol dire che il mondo, la realtà oggettiva, è accettabile, o magari stupenda, e tu hai gli strumenti per apprezzarlo, i tuoi processi mentali sono strutturati in maniera tale da apprezzare questa realtà, hai gli strumenti per accettare le cose che non vanno, ma anche di valorizzare le cose buone, di cogliere il panorama più ampio, di miliardi di esseri viventi che, nonostante tutto, amano. Non so, forse sto parlando di compassione. L'amore, il bene, lo star bene, non solo noi, ma tutti, come parte di qualcosa di più grande, l'Universo, nella sua materia vivente e non, tangibile e non. Certe cose non dobbiamo pretendere di comprenderle a piena, basta intuirle, sfiorarle superficialmente, e tutto cambia.

Eh, una parola. Vedo tutto come uno schifo senza un cazzo di senso e penso pure di avere ragione. Cosa neutralizzo se la causa scatenante della mia depressione è il risveglio? Trovare la via d'uscita.. magari!

mmm ha scritto:
Se non hai protestato forse è perché non eri così contrario.

Cioè, quasi a nessuno piace il proprio lavoro, o lo studio necessario ad ottenerlo. Il lavoro è sacrificio. In alcuni posti lavorare si dice "faticare", "travagliare".

Riesci a sacrificarti per ottenere l'indipendenza economica, e su questa mirare di costruirti una vita "normale"?

Se il lavoro non piace, se lo studio non piace, a che pro? Studio 10 anni per raggiungere un indipendenza economica e trovarmi nella stessa situazione dei 13-17 anni in cui camminavo per strada pregando che mi investisse una macchina per sbaglio.

mmm ha scritto:
Ecco, è a lei che ti devi ribellare. Seppure ti rimane aggrappata alle gambe, e ti rallenta, non lasciare che ti fermi.

Non sono forte abbastanza. Non ora almeno. Prima il mio lo facevo sempre, andavo bene a scuola, facevo quello che mi dicevano di fare.
Adesso senza giustificazioni da portare, senza genitori da non deludere, libero e indipendente mi sento privato di un comando, e sto perso proprio.

mmm ha scritto:
Io credo che ci sia più una predisposizione e degli eventi scatenanti.

Come la miopia, se sei predisposto, ma non ti rovini gli occhi a correre appresso alle richieste di insegnanti e genitori, magari non diventi miope. Se sei predisposto e passi le giornate a fare i compiti, ti rovini la vista.

Siamo predisposti, la depressione ha trovato terreno fertile in noi, ma possiamo sradicarla.

Ecco, quello che intendevo io.

mmm ha scritto:
Una parola può rappresentare il Mondo :-p

Poco ma sicuro, questa parola non è saggezza.

Mattia90

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