Oggi, 17 maggio 2009,

Io, che sono Viola, con non poca sofferenza, ho scoperto che ho SCELTO di ammalarmi di depressione. E sono arrivata a capirlo dopo che l'ho curata. Se scegliamo di entrare nel tunnel della depressione (e per ognuno di noi c'è una storia propria)per poterne uscire dobbiamo seguire chi ci aiuterà ad uscire...I farmaci e una psicoterapia...Non mollate.

Viola?

Grazie.

Ciao Viola,

mi permetto in parte, di dissentire..

Nell'altro post tu scrivevi di una serie di vicende dolorose a cui hai reagito nel corso della tua vita, e hai reagito, mi sembra, anche con molta forza.

A mio (modestissimo) parere, la depressione (o altri problemi) può anche arrivare proprio dopo aver reagito a situazioni difficili con molta forza, senza essersi lasciati andare prima. Ci sono situazioni in cui uno si trova solo e deve venire fuori, e per venirne fuori impiega un'enorme energia psichica (e anche fisica). Poi magari anni dopo salta fuori l'ansia, gli attacchi di panico o la depressione, forse anche perchè in un certo periodo della propria vita si è dato tutto.

Il punto è che in quel periodo, dare tutto era forse l'unica soluzione possibile, a meno di perdere molto di più. E allora poi questa fatica eccessiva, è possibile, che la si paghi psichicamente, a volte con una stanchezza o una tensione che si cronicizzano, e che diventano patologia.
Esattamente come uno che va a farsi 10 km di corsa ogni giorno e poi dopo tre anni che corre gli viene fuori la tendinite. Quindi in un questo senso è una scelta: poteva correre di meno o smettere prima, senza dubbio.

Dipende però sempre da per che cosa corri, però: se corri perchè non hai di meglio da fare, allora c**i tuoi, se corri per un buon motivo, forse è una scelta che andava fatta, anche se dopo la tendinite te la tieni.
Il mio psico son due anni che, tra le altre cose, mi dice che devo darmi dei limiti per non schiumare, e adesso sono giunta alla consapevolezza che in linea di massima ha ragione, se si fa un discorso bello generale riguardo al modo di avere e mantenere un certo equilibrio.
Però uno può anche decidere in una certa situazione o portato dalle circostanze, che se ne sbatte dei propri limiti e del proprio equilibrio e tenta di affrontare e superare eventi che per lui sono troppo.
è vero che è una scelta, ma secondo me può esere una scelta legittima e lodevole, se non addirittura obbligata a volte.

Voglio dire, in pratica, che se i limiti che mi pongo sono che non riesco a lavorare, studiare, fare sport, studiare russo, uscire 2/3 sere la settimana con gli amici, allora ok, se i limiti che mi pongo sono relativi a cose di altri genere, tipo magari accettare un certo tipo di fatica psichica per supportare il mio compagno in quest'inizio di convivenza gravato da una serie di problemi pratici, o un altro tipo di fatica psichica per ad esempio mantenere un buon rapporto con la mia famiglia, allora secondo me il gioco vale la candela. Forse la differenza sta solo nell'essere consapevoli del fatto che si sta forzando, quindi nel non sentirsi incastrati in una situazione troppo pesante, ma nell'avere coscienza che si è deciso che in quella situazione si vuole stare e la si vuole risolvere nel migliore dei modi.
Credo, però, che presupposto un certo tipo di fragilità, la depressione o cmq la stanchezza mentale non si possano escludere a priori quando uno 'forza'.

Spero di aver capito cosa intendevi e di aver spiegato cosa intendo io. ciauz

merla

Sono daccordo pienamente con te merla ma dissentisco solo in un punto...Io posso prestare tutta l'attenzione al mio nuovo nucleo familiare,perchè amo il mio uomo e me e quello che faccio e questo è lodevole...Ma ti chiedo: cosa intendi con il mantenere contemporaneamente anche un buon rapporto con i familiari?

Scusa viola, mi sono spiegata malissimo.

intendevo mia madre, con la quale dopo tanti sforzi da parte di entrambe, abbiamo ricostruito un rapporto che era andato completamente a cu*.

ale

PS: è solo una questione terminologica, convivendo da poco confondo un po' il termine famiglia...

No merla, ti sei spiegata benissimo invece...poi quando hai cercato di rispiegarti hai parlato solo di tua madre...e il rapporto con la famiglia?

Anche se il mio commento è dopo si capisce che veniva prima...mi hai battuta sul tempo! Ma siccome credo che niente avviene per caso...Ti dico merla che la confusione che hai avuto con la terminologia è la confusione che hai. E' lodevole quello che fai e che continui a fare perchè credo che hai ristabilito un equilibrio malgrado tutto. E' vero la tua famiglia oggi sei tu ed il tuo compagno ed occuparsi anche solo della metà che vi riguarda è già tanto...

riformulo:

- nucleo familiare prima della scelta progettuale della convivenza: mio padre + mia madre. Niente da recuperare nei confronti di mio papà, quindi lo sforzo era (e in parte è ancora) nei confronti di mia madre.

- nucleo familiare dopo la scelta: io + compagno

Chiaro che poi il termine famiglia pone un limite un po' rigido: nel senso che io + compagno formiamo un nucleo familiare, ma al tempo stesso non è che uno passa senza soluzione di continuità da una famiglia all'altra. Cioè chiaramente i miei sono ancora parte della mia famiglia, ma chiaramente tra le due, in caso di eventuale contrapposizione (che non c'è) avrebbe la precedenza il nucleo familiare in cui vivo ora.
Per me è un discorso un po' certosino questo, perchè nella storia della mia famiglia di provenienza, ci sono stati, non da parte mia ma dalla suddetta mamma, degli improvvisi cambiamenti di priorità tra vecchio e attuale nucleo familiare.

Ma tant'è...adesso la classifica è tornata quella che naturalmente dovrebbe essere.

Diciamo che questa cosa io la pago soprattutto nei confronti della famiglia del mio compagno, che è molto chiusa in sé stessa, quindi non mi sento accettata e non ne voglio sapere, e mi rendo conto che un po' temo (ma per solo per averla già vissuta) un cambiamento di fronte da parte sua, come al tempo avvenne da parte di mia madre.
Del resto uno le proprie esperienze di vita se le porta cmq dietro ed è normale, l'importante è non farsi influenzare troppo, credo.

merla

PS: ci stiamo scrivendo in contemporanea. Cmq sì, come ho scritto qui, un po' di confusione la faccio. Anche se credo sia un po' normale: se ti sei scottato con il fuoco, dopo ci stai attento.

ok merla sei stata chiarissima come sempre. Sapendo alcuna cose su di te che hai scritto sul forum si capisce che non è facile arrivare alla consapevolezza a cui sei arrivata . Ci si può occupare solo del nostro equilibrio e se c'è dell'uomo che amo. Il resto diventerebbe solo controllo e manipolazione che fanno ammalare. Un abbraccio affettuoso e grazie anche a Te.

Ultima precisazione:

in realtà le due cose, compagno da una parte e mamma dall'altra, per me non sono in contrapposizione, e nel contesto erano legate soltanto dal fatto che entrambe le situazioni a volte suscitano in me, fatica psichica.

In realtà sono però sono due relazioni indipendenti, collegate soltanto dal fatto che uno tiene conto delle proprie esperienze (positive e negative) in quello che vive quotidianamente: quindi ad esempio io mi porto dentro la paura che fattori esterni che non hanno niente a che vedere con il legame che c'è tra me e il mio compagno, rompano o destabilizzino eccessivamente questo legame, e al tempo stesso però mi porto dentro la consapevolezza, come è accaduto nella mia famiglia di origine, che se il legame è forte ed è, nonostante tutti i fattori esterni e le situazioni di disagio, la priorità per entrambi i componenti di una coppia, può sopravvivere ed essere recuperato anche in presenza di problematiche molto forti.

Quindi boh, c'è del positivo e del negativo come da tutte le esperienze, insomma.