Esiste il male?

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Messaggio  Oudeis Ven Lug 26, 2019 5:54 pm

Un po’ di tempo fa ho incontrato alcuni miei ex allievi con cui ho avuto il piacere di sviscerare, quasi fosse un dialogo di Platone, alcuni argomenti abissali.

Abbiamo deciso di stabilire il presupposto secondo cui il male non esiste. Tutti gli esseri viventi, in misura maggiore o minore, lo sperimentano, ma si può arguire che il male oggettivamente sussiste? E’ sufficiente una valutazione personale per attestarne la presenza?

Gli atei e materialisti, manifestando ragionevolezza, negano la presenza del male, poiché reputano che tutto avvenga secondo necessarie leggi di natura. Se il ghepardo sbrana la gazzella, siamo di fronte ad una situazione del tutto naturale. Anche se un astro, esplodendo, causa la fine di numerose e raffinate civiltà galattiche, assistiamo ancora ad un evento normale, inscritto nei processi fisici del cosmo. La natura è quel che è: ciò che gli uomini percepiscono come doloroso o ingiusto, dipende solo da un giudizio di valore, giacché non sussiste nelle cose. Secondo tale concezione, ha torto Siddharta Gautama quando lamenta che “la vita è dolore”. No, la vita è così e basta. La natura può sembrare crudele, ma è perfetta.

In modo quasi paradossale i new agers, che si piccano di essere spiritualisti, sono d’accordo con i materialisti: essi ripetono che “tutto è perfetto”. Secondo questa interpretazione, pure il caso-limite di uno psicopatico che tortura un bambino per settimane e che lo uccide dopo aver inflitto alla vittima inaudite sofferenze, sarebbe razionale, possedendo una sua logica indefettibile. E’ spiegato con i soliti argomenti: il karma e la necessità di evolvere. Una summa di questo pensiero si può leggere in un articolo di Luciano Giannazza intitolato “E’ colpa tua”: stando all’autore tutto quello che ci accade, di bello e di brutto, sarebbe stato deciso da noi a priori per evolvere… c’est naturel! Prendiamo un altro caso estremo: il giovane che qualche giorno addietro è stato ustionato con l’acido da una sua ex fidanzata, prima di rinascere, avrebbe stabilito che per lui sarebbe stato molto istruttivo e di enorme giovamento sul piano spirituale incorrere in questo piccolo contrattempo. Et voilà: è stato accontentato!

E’ ovvio che sia i materialisti sia i new agers inciampano in alcune difficoltà teoriche, ma i primi sono maggiormente da apprezzare: infatti, con coerenza, negano il male ma pure Dio e l’immortalità dell’anima. Certo non sanno spiegare né come né perché sorga il male umano, quel surplus di violenza del tutto incompatibile con la struggle for life. Uccidere per sopravvivere è un fatto di natura, ma il seviziare ha una funzione darwiniana? E’ indubbio: anche certi animali seviziano, ma tale comportamento sembra avere una sua valenza biologica: la gatta che tormenta il topolino, dopo averlo catturato, insegna ai gattini come cacciare le prede.

Nel complesso le aporie che devono affrontare i materialisti sono meno ostiche di quelle su cui scivolano i new agers. I materialisti abbracciano anche l’idea del determinismo che è una forma di fatalismo: tutto avviene secondo precise leggi di natura. Giustamente essi non si interrogano sul problema del male, ma sbagliano, come i new agers, quando s’impegnano in crociate contro la superstizione e le ingiustizie sulla Terra. Se non sussiste il male, non ha ragion d’essere neppure l’etica, che è distinzione tra bene e male: perciò di fronte alle sciagure, alle guerre, all’ignoranza, all’oscurantismo, il vero ateo materialista deve rimanere indifferente, come è imperturbabile al cospetto di un ragno che divora un insetto.

Gli “spiritualisti”, invece, vogliono salvare capra e cavoli: affermano il libero arbitrio, ma lo neutralizzano con l’idea del karma; dichiarano che tutto è perfetto, compiuto, ma spronano gli uomini affinché maturino ed evolvano; siamo noi a costruire l’esistenza ed il mondo, ma seguendo un percorso predeterminato a priori in modo inconsapevole. Ne risulta un guazzabuglio, un’accozzaglia di sciocchezze in cui ogni concetto si disintegra in una contraddizione insanabile. Il fatalismo più radicale si incista nella più recisa affermazione della libertà umana.

A proposito di incongruenze, ho notato che alcuni atei e materialisti sono propensi a credere nell’immortalità dell’anima. Ebbene, questa è una gigantesca, irriducibile incoerenza: se, infatti, esiste solo la materia-energia, l’eternità è prerogativa delle particelle del tutto prive di coscienza. Dopo il decesso ci attende il nulla e non è poi una prospettiva così spaventosa, se ricordiamo l’insegnamento di Epicuro. La sopravvivenza dell’individuo dopo la morte fisica presuppone che esista un quid immateriale ed imperituro di cui siamo parte o manifestazione: se non ci piace chiamarlo Dio, definiamolo Anima, Coscienza, Assoluto, Essenza, Essere… Raffiguriamolo anche in modo diverso da come lo presentano le religioni tradizionali, magari come un Dio imperfetto o qualcosa del genere, ma non è consequenziale escluderlo. Un irreligioso non può stare con il piede in due staffe: respingere Dio e, nel contempo, aspettarsi di continuare a vivere in un altro piano, per la “contradizion che no’l consente”.

Tornando al tema del male, è evidente che le argomentazioni dei miscredenti sono, tutto sommato, persuasive, se si prescinde da almeno un aspetto. Il male, che essi riescono ad espellere dalla porta, rientra dalla finestra, quando si considera che l’universo è intrinsecamente irrazionale, solo per il motivo che esiste. Ora l’irrazionalità, sebbene non sia sinonimo di male, implica un risvolto illogico, una mancanza di senso che ci obbligano poi ad arrampicarci sugli specchi per tentare di spiegare l’inspiegabile. Solo il Nulla è perfetto, ma il Nulla non esiste. Visto che qualcosa esiste, quel qualcosa, porta su di sé, come una tartaruga il carapace, il problema del male. Esistere (ex-sistere, ossia stare fuori) significa essere collocato nello spazio e nel tempo: spazio e tempo contengono in sé l’entropia, l’imperfezione che sono difetti del tutto.

Infine la “realtà” è codificata attraverso la lingua: essa, anzi, per molti versi precede e fonda il “reale”. Dunque se le comunità linguistiche hanno sentito l’esigenza di coniare un termine per designare il male, esso in qualche maniera esiste. Esiste nel lògos (discorso) e, in ragione di una corrispondenza biunivoca e sincronica, esiste pure nel mondo.

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Messaggio  Oudeis Dom Lug 28, 2019 10:04 pm

Perché nessuno risponde a questa domanda lancinante? Sad Sad Sad Sad Sad Sad Sad Sad Sad Sad

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Messaggio  Oudeis Gio Ago 01, 2019 4:53 pm

Attendo. Sad Sad Sad

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Messaggio  canterel II Gio Ago 01, 2019 6:04 pm

Oudeis ha scritto:Perché nessuno risponde a questa domanda lancinante?

La domanda è lancinante, e questa è appunto una prima banale ragione per cui le risposte tardano - su un forum già poco frequentato. L'argomento mi induce a temere di affaticarmi, di spaventarmi, di rattristarmi nel tentativo di mettere insieme un discorso. Mi manca anche il rigore filosofico che sembra necessario a risponderti nel merito, dato che ricorri a concetti difficili come il determinismo, ed evochi diverse posizioni antagoniste con le quali chi provasse a rispondere forse non riuscirebbe a misurarsi senza condividere precisamente tutti i tuoi riferimenti storici, espliciti e impliciti. tra l'altro la domanda è lancinante, ma è anche posta a titolo di un testo molto articolato e curato, probabilmente composto per una pubblicazione diversa da questo forum, quindi almeno da parte mia c'è un po' di titubanza a commentare, ad azzardare interventi senza avere sufficiente padronanza per sostenere le discussioni complicate che minacciano di inghiottire tutto lo scibile e le capacità logiche dei partecipanti, quando si alzano certi coperchi.

ad onta di questa premessa timorosa, per non lasciarti senza una pur laconica risposta da parte mia, ti dirò immediatamente che per me esiste il male, anche se mi penso ateo e materialista.
per il momento non aggiungo altro, né garantisco di riuscire a tornare a proseguire il discorso, ma mi dispiaceva non rispondere alla richiesta che hai ripetuto.
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Messaggio  Oudeis Gio Ago 01, 2019 6:47 pm

Grazie della risposta. Mi dà lo spunto per altre domande.

Ciao

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Messaggio  Oudeis Ven Ago 02, 2019 10:17 am

Mi piacerebbe sapere come vedi, da ateo e materialista, il male. Come lo concepisci, dove lo rintracci, che risoluzioni pensi esistano per ridurlo?

Ciao Sad Sad Sad

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Messaggio  canterel II Ven Ago 02, 2019 1:47 pm

Oudeis ha scritto:Mi piacerebbe sapere come vedi, da ateo e materialista, il male. Come lo concepisci, dove lo rintracci, che risoluzioni pensi esistano per ridurlo?

Ciao Sad Sad Sad

forse mi toccherebbe di giustificare filosoficamente il mio ateismo e il mio materialismo, che non mi sembrano del tutto rispondenti al ritratto degli atei materialisti nel tuo articolo (che mi sembrano, approssimativamente, tutti più o meno darwinisti e positivisti). è possibile che dal tuo punto di vista io non sia proprio ateo. Devo dire che per me attribuirsi/dichiarare questa o quella inclinazione rispetto alla tradizione o al sentire religioso risponde più a intenzioni pragmatiche nell'agire sociale che a classificazioni rigorose sul piano della filosofia (piano rispetto al quale confesso tutta la mia debolezza e impreparazione) . Per me tutti gli atei sono anche credenti (non manca loro nulla dell'esperienza psicologica di un credente) e viceversa tutti i credenti sono anche atei (non manca loro nulla dell'esperienza psicologica di un nichilista inveterato, possono spesso agire, consapevoli o meno in quel momento, conformemente all'idea che non ci sia un dio da nessuna parte, o che ce ne sia più d'uno, ecc).
ho qualche problema anche con la definizione di "new ager" che non ha confini così chiari, ma in quel caso sono abbastanza convinto di non riconoscermi nelle manifestazioni di pensiero oggetto delle tue critiche. mi sembra del resto che manchi qualche personaggio in commedia, fra i new ager, i darwinisti e la posizione che nell'articolo sembra opporsi ad entrambi.
che ne è delle posizioni moderne del soggetto, il sensismo, lo spinozismo, le metafisiche della volontà? e il materialismo dialettico? Che ne è del concetto laico di male radicale? io non ho bisogno di considerare la materia-energia senza lo spirito e senza la coscienza, anzi mi sembrano scandalosamente la stessa cosa anche se, quando la consideriamo astrattamente, dobbiamo con sofferenza tenerne separati i modi e gli aspetti, probabilmente perché la separazione e il trauma sono costitutivi del soggetto e delle sue membra reali. Per me il mondo è materiale e perciò anche cosciente, innervato, ed è fatto di cocci, di cose strappate, di tentativi, di soluzioni di continuità che si riformano e si rimarginano. I cocci, le cose strappate: non mi sembrano l'indizio di un armonioso intero che li ha preceduti o l'anticamera di un necessario progresso organizzativo. mi sembrano fondamentalmente frammentari e tra loro parenti.


Percepisco il male come possibilità positiva (e non come sola ignoranza, decadenza del bene, calo di potenza, inerzia, trauma, ecc) tutte le volte che la fisiologia sociale produce l'infelicità e annichilisce le manifestazioni dell'umanità con il medesimo gesto che produce la ricchezza, le cose, i beni, i ruoli e le relazioni delle persone. Purtroppo è esperienza che si dà nella storia in forme anche colossali e molto organizzate, oltre che nei piccoli atteggiamenti quotidiani di ciascuno. Ecco, per me (in questo senso mi penso materialista) non ha importanza immaginare un inferno separato dalla storia e dal tempo; invece considerare il carcere, il lager, la tortura, la miseria nelle sue forme materiali e storiche è la vera e concreta assunzione della possibilità metafisica del male radicale da parte della coscienza. Le possibilità per ridurre il male riguardano sempre le possibilità plastiche che ha la coscienza di organizzarsi in forme sociali, comunicabili, parlabili, capaci di affermarsi come volontà generale e di mettere al centro delle proprie preoccupazioni proprio il problema della sua trasformazione in forme orribili, infelici, alienate, disgraziate.
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Messaggio  Oudeis Sab Ago 03, 2019 10:12 am

Grazie dell'articolata risposta. Che dire? E' vero che il confine tra atei e credenti è spesso labile: a volte gli atei bestemmiano, come se imprecassero contro un dio che essi vedono iniquo o indifferente; a volte i credenti credono di credere, solo perché vanno a messa e pregano. Gli spinozisti sono panteisti e fatalisti: essi negano l'esistenza del male, i materialisti dialettici sono atei. Non concordo quando assimili l'energia e la coscienza: ad esempio, il cervello non genera la coscienza, ma è un suo epifenomeno. Ma approfondire l'argomento ci porterebbe lontano. Circa il Male, penso che il peggiore sia quello innominabile.

Viviamo in una realtà dissestata ed effimera; l’esistenza quotidiana è il risultato di una mente allucinata. Ogni giorno è una guerra contro il tempo, contro i nostri demoni, contro l’assurdo. L’assurdità del singolo momento si proietta, amplificata, sull’eternità. Pare che il mondo sia il palcoscenico di un regista sadico più che la creazione di un dio amorevole e saggio.

Siamo come un naufrago nel deserto: la sete gli secca la lingua e le fauci, gli occhi gli dolgono per la luce accecante, la pelle è ustionata. Egli comincia a scavare nella sabbia in un punto qualunque, illudendosi di trovare una polla d’acqua. Più scava e più l’arena si accumula, ma non sgorga neanche una goccia. Eppure caparbio, frenetico lo sventurato continua ad allargare la buca. Così noi ci incaponiamo a cercare una verità, pur sapendo che non la troveremo mai. Ecco perché forse ci prende l’angoscia. Angoscia… Angst, in tedesco. Davvero il suono è spesso già significato nella profonda saggezza della lingua. Angst, con il groviglio di consonanti, subito evoca ansia ed afflizione, molto più del corrispondente termine italiano o inglese, anguish. L’angoscia, infatti, assilla, soffoca, stritola, come quel groppo di fonemi attorno alla superstite vocale che a stento riesce a respirare. Che cos’è l’angoscia? Non è un sentimento, ma una sensazione indistinta. Non dipende tanto da cause oggettive, ma dalla coscienza della precarietà, dall’avvertimento di un quid che non quadra, anche quando tutto sembra scorrere in modo regolare. All’improvviso ti volti e ti accorgi del non-senso, del vuoto che riempie le cose. All’improvviso apri gli occhi e ti accorgi di quanto tempo è trascorso, risucchiato in un gorgo senza scopo, assorbito da una luce senza splendore.  

Ciao  Sad

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