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Messaggio  hoenir Lun Lug 11, 2016 2:27 pm

C'è un aspetto che proprio trovo assurdo, aberrante, terribile. Se uno ha una malattia fisica, può farsi curare dove vuole. Se non ha un santo a cui votarsi, chiede consiglio al medico di base. Sì, lì c'è un'ottima equipe oncologica, lì sono specializzati sulle malattie cardiovascolari, per i bambini c'è l'ospedale infantile. Se uno ha una malattia mentale no. L'unica struttura di riferimento è il centro di salute mentale che ti spetta sulla base della residenza. E, in caso di ricovero, il repartino che ti spetta sulla base della residenza E' un sistema che non scardini. E' un sistema su cui tutti sono d'accordo: persino le associazioni di tutela e sostegno dei malati psichici. Eppure non c'è una legge scritta che disponga quest'obbligo. Sarebbe anticostituzionale. E' una prassi, una prassi diffusa. così se ti capita di finire nel centro di salute mentale dove lavora lo psichiatra incompetente, se non te ne accorgi, se non hai i soldi per allontanarti dal servizio sanitario nazionale, allora sei fregato. Sei fregato per sempre. Perchè se un malato mentale non migliora, non guarisce, non è mai responsabilità del medico, ma sempre del paziente. La malattia mentale è troppo soggettiva, le neuroscienze sono al pian dei babi, non esistono esami clinici. Un medico del centro di salute mentale decide in colloqui di mezz'ora/un'ora quale farmaco o cocktail di farmaci fa per te. Ti dà appuntamento un mese dopo e in quel mese sei tu che devi continuare a vivere. Il medico del centro di salute mentale deve seguire dei protocolli, che non sempre nascono sulla base del giuramento di Ippocrate. Va di moda ora somministrare ai pazienti con una depressione recidiva gli antipsicotici, anche se psicosi non nei hai. Probabilmente con qualcuno, o magari con molti funziona. Non per tutti. C'è una percentuale di malati a cui l'antipsicotico peggiore la crisi depressiva. Non solo: gli antipsicotici stimolano l'appetito. Il depresso si ingozza, si ritrova con 15 chili in più. Non guarisce. Ritorna dal medico del centro di salute mentale, che ha sempre una buona scusa. Se la terapia non fa effetto, il malato non potrà avere la consulenza di un altro centro di salute mentale. Al massimo potrà chiedere cambiare psichiatra, ma all'interno della stessa struttura. Che significa correre il rischio di incontrare il primo psichiatra e sentirsi in colpa, il rischio che il secondo psichiatra non metta in discussione quello che ha fatto il collega.
Ora, non venitemi a dire che chi soffre di una malattia mentale è trattato con la stessa dignità di chi soffre di una malattia non mentale.

Scusatemi per questo esordio. Ma nutro la speranza che qualcuno mi contraddica.

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Messaggio  bukoski Lun Lug 11, 2016 2:48 pm

Ma guarda, anche se vai da psichiatri a pagamento il risultato non cambia. In 30 minuti di chiaccherata, senza l'avvallo di esami specifici, ti diagnosticano una malattia mentale e ti prescrivono psicofarmaci.

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Messaggio  merla Lun Lug 11, 2016 4:25 pm

Io ho vissuto direttamente il problema direttamente della residenza e dell'assegnazione al centro di salute mentale: nel mio caso avevano spostato lo psicologo da un'asl all'altra e, nonostante suoi diversi tentativi di supplire non c'è stato modo di proseguire la terapia e alla fine io mi sono rivolta al privato.

Credo che in parte sia dovuto a ragioni logistiche: a volte il malato psichico richiede tutta una serie di supporti, educatori, assistenti sociali, terapie ecc. ecc. per cui una struttura "dovrebbe" essere tarata sul suo bacino di utenza.
Però è vero, in generale è una distorsione, non so specificamente anticostituzionale, cmq certamente va contro "la libertà di cura" e probabilmente in generale ci sarebbero anche i margini per una qualche azione legale. Nella pratica credo che una delle poche vie possibili, oltre al privato, sia passare o per qualche associazione di taglio più o meno antipsichiatrico o per servizi, magari a carattere di volontariato o simili, che in qualche modo forniscano assistenza psichiatrica/psicologica. Ma va a fortuna.

Non credo però che sia una questione di dignità a danno esclusivo dei malati psichiatrici, quanto piuttosto una distorsione che avviene anche in altri ambiti: quando si tratta ad esempio di malattie croniche o di malattie terminali, una volta entrati in una percorso terapeutico, i pazienti vengono messi in lista e inviati alla prima struttura di lungo degenza disponibile per esempio, non necessariamente alla struttura che desiderano. A meno, anche lì, di passare per altri canali, almeno nella mia regione. Il problema mi sa che sia piuttosto legato alla presunta cronicità della malattia psichiatrica/psichica, all'interdisciplinarità in sé richiesta e poi, sì certo, al fatto che il malato psichiatrico ha poca voce.

Sulla prescrizione facile sono anche d'accordo con te, anche di questo, più o meno direttamente, ne ho proprio esperienza. Però secondo me in parte è una trappola dovuta alla definizione stessa di "malattia". Lo psichiatra inevitabilmente è un medico che inevitabilmente ti propone il suo approccio: per quanto si possa trattare (e ce ne sono) di un professionista aperto e che esplora anche altri aspetti del disagio mentale, inevitabilmente il taglio è quello del medico che ti cura, e cura i sintomi perché nell'ambito del suo approccio non può sostanzialmente fare molto altro. Io sono convinta che molto spesso sia sottovalutata la potenzialità terapeutica di altri percorsi non farmacologici; è anche vero che però ad esempio ci possono essere momenti in cui una psicoterapia ben fatta, implica l'abbandono del farmaco e la gestione del sintomo e questo può passare per momenti di malessere molto forti, di cui anche tenendo conto delle strutture disponibili oggi in italia e della legislazione, quindi anche della responsabilità che volente o nolente spetta al medico, si trovano spesso in condizione di decidere (oltre che conviverci) i pazienti stessi e/o i parenti in totale solitudine e autonomia.

Insomma, hai ragione, ma secondo me è un discorso molto sottile. Conta che già solo in un ambiente come questo forum diventa difficile ragionare riguardo a malattia, cura e guarigione perché scattano inevitabilmente forti fragilità e aspettative personali.
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Messaggio  bukoski Lun Lug 11, 2016 5:13 pm

Credo che il problema dipenda anche dalla "cultura" della malattia psichiatrica. Siamo passati direttamente dai manicomi ad i centri d'igiene mentale e non mi sembra che la cosa si sia evoluta in modo razionale. Io sono stato anche in strutture private però una gran differenza non l'ho notata onestamente.

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Messaggio  Lost_in_a_moment Mar Lug 12, 2016 8:28 am

bukoski ha scritto:Ma guarda, anche se vai da psichiatri a pagamento il risultato non cambia. In 30 minuti di chiaccherata, senza l'avvallo di esami specifici, ti diagnosticano una malattia mentale e ti prescrivono psicofarmaci.

Purtroppo no, devo dissentire alla grande su questa frase; e non mi trovo purtroppo in disaccordo per un'idea personale diversa dalla tua,ma da una motivazione causata da un'esperienza vissuta personalmente,per di più era la mia prima e traumatica volta in cui conobbi la psicoterapia e la psichiatria in parallelo... esatto, chi l'avrebbe mai detto, nel servizio ASL al quale mi rivolsi, del mio comune, mi ritrovai ad affrontare una situazione inimmaginabile, perchè venne a mancare da questa figura che risultava come professionista, una delle basi elementari di quel mestiere... Ero anche minorenne, il segreto professionale non fu rispettato, e come se non bastasse, i genitori di me minore non vennero interpellati mai, ero non solo minore ma 13enne, ma la cosa peggiore fu, dopo due o 3 incontri con la psicologa, e uno solo con la psichiatra, una segnalazione e una denuncia nei confronti dei miei.. che per carità per quanto avessi degli scontri adolescenziali con loro, non Non slo senza avviso ma anche sulla base di avvenimenti e dichiarazioni mai dette né esistite... per fortuna la causa la vincemmo, ma non immediatamente, passò non poco tempo, e quel frangente fu una sofferenza pesantissima per noi, il prezzo da pagare fu enorme sia per la mente che per il lato economico... senza un valido avvocato a difenderci ci avrebbero mangiato in un sol boccone...
non voglio certo generalizzare la categoria dei servizi pubblici, ci saranno professionisti fantastici... ma garantisco che in mezzo esistono degli elementi, che non posso nemmeno definire incompetenti, no non è abbastanza, sono degli autentici criminali. Magari è capitato solo a me, sarò la solita sfortunata che ne so...
Dopo fu deciso che per restare a casa mia, dovevo sottopormi ad una cura medica per la mia depressione, ed iniziai con uno psichiatra, anzi neuropsichiatra (ma non so quale sia la differenza), privatamente.
Non mi ha guarita nemmeno lui, ma almeno la certezza di non ricevere una pugnalata alle spalle c'era. I farmaci non me li prescrisse nemmeno subito, solo dopo tanto tempo...
comunque che schifo veramente se ci penso vomito.

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Messaggio  bukoski Mar Lug 12, 2016 11:13 am

Guarda Lost io ho preso per i fondelli due psichiatri semplicemente fingendo. Gli raccontavo quello che volevo io; rispondevo alle loro domande sapendo già quello che volevano sentirsi dire. "hai pensieri suicidi?", mi chiedevano. Io " no ma scherza, non ci penso nemmeno". "lei beve mai, sente il bisogno di alcolici". IO "ci mancherebbe altro, con tutto lo sport che faccio". Rispondevo l'opposto. Quello che intendo dire io è che se vai da un ortopedico non puoi fingere su una frattura ossea, ma da uno psichiatra puoi fingere eccome e dirottarlo su altre diagnosi. A cosa serve? a nulla, a farsi male, per rabbia dopo un ricovero coatto.

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Messaggio  hoenir Mar Lug 12, 2016 2:57 pm

Grazie per le vostre risposte, ognuno di noi parla per la propria esperienza e ognuno di noi sa che una malattia che coinvolge il pensiero è dura da curare, affrontare, vivere, spiegare, capire, diagnosticare, accettare e ognuno di noi sa nel profondo quanto dolore e rinunce e difficoltà deve inserire nel proprio personale elenco. Non riesco ad accettare che il servizio sanitario sia così carente, inefficiente, insensibile. Che a un paziente che vede sgretolarsi tutta la vita venga detto "ci sono tagli ai servizi, non possiamo farla affiancare da uno psicoterapeuta". Dice bene forse richardson, la legge Basaglia non ha cambiato di molto le cose. E mi ritrovo a leggere "La depressione è un disturbo dell'umore molto diffuso. Ne soffrono circa 15 persone su 100". Ma allora perchè si viene lasciati così allo sbaraglio, così soli?
E non parlo per me, ma per chi non ha "fortuna" di potersi rivolgere al privato, per le persone che ho visto in TSO, per tutti i discorsi senza coerenza che ho sentito al centro di salute mentale, per l'alone di paura che genera la malattia mentale negli altri perchè non se ne parla e non c'è informazione.
Grazie a tutti, ciao

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Messaggio  merla Mar Lug 12, 2016 5:37 pm

Beh la legge basaglia è sostanzialmente inapplicata; sulla carta resta la legge più avanzata del mondo tuttavia appunto, è un discorso per lo più teorico.

Condivido il tuo sdegno; tuttavia secondo me ci sono problemi pratici e di fondi, che sono trasversali a tutta la sanità e in generale a tutta l'assistenza e non sono specifici del disagio mentale. Anzi, paradossalmente, l'accesso per il disagio psichiatrico almeno è diretto, immediato e alla prima diagnosi sostanzialmente gratuito; mentre, ad esempio, per avere diritto a un assegno di accompagnamento (che è cmq insufficiente) o a una badante, passano mesi per burocrazia, visite e certificazioni, che sono totalmente a carico delle famiglie.

Oltretutto io davvero sono convinta che ci sia un problema di paradigma proprio nella definizione di malattia. Credo che, se può essere utile considerarsi "malati", per prendere atto di doversi curare, al tempo stesso arrivi un momento in cui occorre abbandonare il concetto di malattia. Sembra un discorso strettamente individuale, ma in realtà io credo che richieda delle strutture e dei supporti molto flessibili e molto difficili da realizzare a livello istituzionale. Con questo non dico che il privato sia l'unica soluzione, per carità; però non credo che l'istituzionalizzazione del disturbo dell'umore (non lo credo neanche per le psicosi o per le dipendenze, in realtà, ma non sono un professionista del settore, quindi mi prendo con le pinze) sia utile, credo che vadano valorizzati altri percorsi, non farmacologici né necessariamente psicoterapici, di crescita personale, di accettazione di se stessi (anche con i propri limiti psichici) e di inserimento nella società. Insomma, credo che tutto il disagio mentale, vada un attimo sganciato dall'aspetto sanitario, di diagnosi e terapia, per poterlo affrontare nel modo più fruttuoso. E temo che in questo senso ci siano grosse resistenze, non solo a livello di società, ma anche (e in un certo senso soprattutto) a livello di pazienti e famiglie dei pazienti.

Ritengo che, un po' come tutte le cose, anche lo stigma nei confronti della malattia mentale possa (e in un certo senso debba) essere smontato in primo luogo proprio da chi della malattia mentale ne soffre, nei limiti del possibile.
So benissimo che è difficile, l'ho vissuto, però è chiaro che se 15 su 100 si ammalano, lo stigma in realtà non esiste, nel senso che chiunque si incontri quasi sicuramente è entrato in contatto con forme più o meno gravi di disagio, direttamente o indirettamente come partner, figlio, genitore. Allora sì, è possibile incontrare chi stigmatizza, ma non è molto diverso dall'essere stigmatizzati perché si hanno i capelli castani o biondi, gli occhiali o meno. Non che sia piacevole, ma è semplicemente stupido.

Ti assicuro che non lo dico con leggerezza: lavoro da libero professionista e mi è capitato purtroppo non raramente di aver periodi di defaillance, in cui non riuscivo a consegnare lavori, o li consegnavo mal fatti o di dover mandare indietro lavori all'ultimo momento, tuttavia l'ho sempre spiegato per quel che era, cioè che soffrivo di depressione e che, cmq, rimango con i nervi fragili anche se mi ritengo ""guarita"", per cui a volte capita. Come capiterebbe se mi prendessi una brutta bronchite; non ho perso quasi nessun cliente, neanche quando ho combinato casini abs gravi. Qualcuno sì, per carità, ma il problema che avevo creato era molto grave di per sé; negli altri casi ho spesso trovato più comprensione di quella che mi aspettavo.
Lo stesso faccio con i miei amici e con le persone che conosco da poco, se capita, senza mettere i cartelli, ma al tempo stesso senza nasconderlo: è vero che può far paura e che può capitare di non trovare dall'altra parte grande sensibilità. Ma la maggior parte delle volte questo non accade; inoltre cmq io sono così, non vedo in realtà perché dovrei nasconderlo, quando poi tanto, anche da guarita, al primo momento un po' più emotivo inizio a rimbalzare come una pallina da ping pong. Di cosa starei facendo mistero? Smile

Non so ecco, l'alone di paura c'è, è vero. Ma credo che un contributo fondamentale allo stigma, sia dato proprio dalla paura dello stigma di qualcosa che poi però fa parte della vita praticamente di chiunque.
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Messaggio  bukoski Mar Lug 12, 2016 6:06 pm


Ti assicuro che non lo dico con leggerezza: lavoro da libero professionista e mi è capitato purtroppo non raramente di aver periodi di defaillance, in cui non riuscivo a consegnare lavori, o li consegnavo mal fatti o di dover mandare indietro lavori all'ultimo momento, tuttavia l'ho sempre spiegato per quel che era, cioè che soffrivo di depressione e che, cmq, rimango con i nervi fragili anche se mi ritengo ""guarita"", per cui a volte capita. Come capiterebbe se mi prendessi una brutta bronchite; non ho perso quasi nessun cliente, neanche quando ho combinato casini abs gravi. Qualcuno sì, per carità, ma il problema che avevo creato era molto grave di per sé; negli altri casi ho spesso trovato più comprensione di quella che mi aspettavo.

Non sono mica tanto d'accordo. Anch'io sono libero professionista però la professionalità è una cosa che non lascia spazio a problemi personali. Il mercato e la clientela non tollerano bene errori professionali. Se si sbaglia, spesso si paga, oltre che in merito alla professionalità, spesso anche economicamente. Se io consegno una ctu ad un giudice in ritardo, altro che caziatone mi prendo, se poi la consegno errata, gli avvocati la invalidano subito. Se faccio degli errori i clienti non solo s'incazzano, ma spesso richiedono danni economici. Pago assicurazioni professioni salate per evitare spiacevoli sorprese. Mi è capitato anche a me di sbagliare ma a differenza tua Merla, io di comprensione ne ho avuta poco, anzi se nell'ambiente si sparge l'idea che hai problemi psichici, con il cavolo se lavori!

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Messaggio  merla Mar Lug 12, 2016 6:27 pm

Beh ma la ragione non è il "problema psichico".

Anche a me è capitato di rimborsare o di offrire sconti in nome delle ipotetiche spese in più, quando non sono riuscita a fare quello che mi ero presa l'impegno di fare.
Dico semplicemente che quando sono stata molto male e ho chiarito la questione con clientela fidelizzata, mi sono, per esempio, stati offerti incarichi con tempistiche più lunghe, o magari non particolarmente complessi, senza per questo mandarmi a mare del tutto come fornitore.
Si è comunque cercata una soluzione compatibile con le mie possibilità reali del momento e con il rapporto commerciale. Come accade normalmente in altre situazioni, una gravidanza o una malattia temporaneamente invalidante.

Ora, se io non consegno una ctu al giudice per tempo, il giudice si incazza e ha ragione: ma non si incazza per il problema psichico, si incazza perché gli serviva la perizia. Il problema è "anche" che quando ci si sente in difetto si fatica a far presente che un momento di crisi è - passami il parolone - una situazione di forza maggiore in cui si è impotente, come se si avesse avuto un incidente d'auto o se fosse capitato qualcosa di grave.
Tuttavia lo stesso malato psichico ha difficoltà a dire a un cliente "Guarda, mi son saltati i nervi e mi sono fumata una/due settimane di vita. La mia mente non c'era" (mi è capitato, non credere) e questo sicuramente non semplifica il problema. Chiaro che poi posso incontrare lo stronzo che pianta la grana anche dopo avergli detto "guarda stavo per morire"; capita perché gli stronzi semplicemente esistono. Ma è lui che è stronzo, e sicuramente non aiuta il fatto che sia il malato psichico in primis a sentirsi differente da qualsiasi altra persona in difficoltà e a vergognarsi.
Non è "colpa" mia se mi si è spento il cervello per tot giorni, è ovvio: al tempo stesso è tuttavia mia responsabilità cercare, se possibile, di riparare se questa situazione mi ha reso impossibile rispondere ai miei impegni. Altrimenti diventa un loop di impotenza che non aiuta nessuno.
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Messaggio  bukoski Mar Lug 12, 2016 10:01 pm

Non conosco la tua realtà Merla, io ti posso assicurare che ho pagato un gran prezzo per le mie crisi. Purtroppo aleggia ancora molta diffidenza verso coloro che hanno dei problemi psichici. Daltronde anch'io non mi metterei volentieri nelle mani di un chirurgo che mi esponesse in sincerità che soffre di depressione e che ha difficoltà di concentrazione.

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Messaggio  merla Mar Lug 12, 2016 10:55 pm

In realtà a me questo sembra la conferma della mia opinione.

La difficoltà di concentrazione del chirurgo, in sé, è un limite alla sua capacità di fare il suo lavoro; inevitabile la mia diffidenza nel momento in cui vado sotto i ferri. Tuttavia la causa di questa difficoltà di concentrazione potrebbe essere qualsiasi cosa, una malattia fisica, un divorzio, un qualsiasi problema e la mia personale diffidenza scatterebbe in ogni caso. Me ne frego del motivo, il problema è che vado sotto i ferri e i ferri sono nelle mani di qualcuno che non sa neanche se sarà concentrato mentre taglia e cuce me.

Il fatto è che l'accettazione del proprio limite in un determinato momento e in una determinata situazione è il presupposto minimo per gestire proprio quel limite e per mettersi in condizione di superarlo. Sentirsi "stigmatizzati", a prescindere da quanto sia o meno vero, mette automaticamente in condizione di sentirsi "diversi", in un certo senso anche in una condizione di "essere a credito" nei confronti della parte di mondo che non ha quel problema, teoricamente sana.
Vero o falso che sia, questo quasi sempre mette in una condizione di impotenza, in cui da un lato si sta male perché ci si sente impotenti, dall'altro ci si mette in una condizione deresponsabilizzata. Paradossalmente si arriva a dire che della poca concentrazione e soprattutto delle conseguenze non risponde il medico, ma risponde questo fantomatico concetto di "depressione". Tuttavia così il medico non guarirà mai dalla depressione, perché la cura passa inevitabilmente per un approccio pragmatico, concreto e responsabile, anche della gestione della propria "malattia". E magari nel mentre farà anche tutta una serie di sfracelli terapeutici, invece di mettersi in aspettativa, non caricarsi di inutili sensi di colpa e recuperare la concentrazione.
A che serve tutto ciò? boh
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Messaggio  bukoski Mar Lug 12, 2016 11:10 pm

Onestamente non ti seguo più nel ragionamento. Io scindo sempre il mio lavoro dal resto di me. Non mi sentirei professionale nell' eseguire un incarico non essendo concentrato al cento sul quello che faccio. Non mi permetterei mai di dire a un cliente che il lavoro non è stato eseguito alla perfezione perché ho avuto dei problemi. È un rigore mio, personale. Si, ho pensato spesso di smettere, di riconsegnare timbro perché non mi sentivo più in grado di proseguire. Forse l"avrei anche fatto,.avrei barattinato il mio lavoro con uno semplice.senza responsabilità. Lo farei ancora se avessi alla mia età un altra alternativa.

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Messaggio  merla Mar Lug 12, 2016 11:34 pm

Secondo me così ti crei standard personali troppo alti, che magari riesci a reggere in determinati periodi, e in altri no, anche con la conseguenza di darti maggiormente addosso nei periodi storti.
E questo comunque, prescinde dalla malattia mentale, nel senso che la perfezione non esiste, ma in nessun lavoro, in nessuna professionalità e per nessun professionista. Può esistere l'eccellenza al massimo, ma cmq con picchi più o meno alti, più o meno bassi dettati anche dalle contingenze personali; e cmq l'eccellenza non può essere uno standard di riferimento.

Nel senso che, tu, ma come me e come chiunque altro, nel momento in cui si mette a fare qualcosa, che sia un lavoro, rapporti personali, hobby o divertimento deve tenere conto della sua situazione umana e personale di quel momento; perché non siamo robot e c'è il grosso rischio che ostinarsi a cercare la "perfezione" porti poi a non riuscire a tenere conto del proprio limite contingente. Il che vuol dire farle le cagate: è un po' come dire "anche se sono nervoso, mi metto alla guida imponendomi la massima concentrazione"; la buona intenzione c'è, ma anche perché si sta pretendendo molto da se stessi, capita che poi prevalga la stanchezza e il nervosismo e ci si fumi uno stop senza neanche accorgersene e magari qualcuno si faccia male con tutte le brutte e sgradevoli, quando basta, conseguenze del caso.
Meglio,a questo punto dire "sono nervoso, devo guidare; sto all'occhio, prima, seconda e terza, la quarta mai, perché io oggi non ci riesco". Forse sono stata più chiara adesso.
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Messaggio  bukoski Mer Lug 13, 2016 1:12 pm

Un po' è vero. Sono un perfezionista maniacale, pignolo all'estremo. Sono sempre stato così fino dai tempi della scuola. Ho sempre avuto grosse discussioni e litigi anche alle superiori con i professori, perché per me i miei pagavano i libri con un programma da studiare entro l'anno e questo andava completato ad ogni costo. Battaglie infinite con i professori e con i compagni di classe, a tal punto che non mi poteva più vedere nessuno. Nel lavoro sono così, non ho cambiato di una virgola il mio atteggiamento. E' vero alla fine sfianca e stressa e forse è stata la causa dei miei malanni, però io sono fatto così e mi risulta faticoso cambiare.

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Messaggio  mazzonrocky Gio Lug 14, 2016 10:04 am

La cosa che ho notato nei centro di salute mentale è la chiusura in se stesse delle altre persone in sala d'attesa. L'aria di diffidenza che si respira.
Io per primo, arrivo e mi chiedo "chissà perchè questi tizi sono qui". Guardo le mani, le espressioni, le scarpe, i movimenti...cerco di capire, di fare diagnosi, sugli altri, senza sapere nulla di loro e delle loro vite. Che lavoro fanno o facevano? Che genitori hanno/avevano? Quella ferita, come se la saranno fatta? Solo una volta, con un uomo sui 65 anni, ho chiacchierato cordialmente. Era più aperto ed euforico di me, era ex piccolo imprenditore che era andato per aria per via dei problemi di salute (mentale), per i quali era lì. Non abbiamo approfondito, non era il caso e non c'era il tempo. Negli altri casi, in quasi tre anni, silenzi e sguardi sul pavimento o sulle riviste. Anche forse la vergogna di essere lì. All'uscita dal colloquio, la paziente che mi precede dalla psicoterapeuta scappa via con la testa bassa, per paura di essere vista. Io mi sforzo (non mi devo comunque sforzare molto) di salutare anche i medici che non conosco, le infermiere....e tutti però rispondono con fatica. Io saluto, cercando di essere aperto e cordiale, e in genere gli altri pazienti mi rispondono con un grugnito e lo sguardo basso. Il personale invece ha un aria "poco interessata" e risponde al saluto più o meno nello stesso modo.
Riguardo i farmaci, la mia psicologa ha in effetti cercato di convincermi a incontri con i medici (psichiatri) per assumere qualche farmaco, ma io mi sono sempre rifiutato e lei ha rinunciato.
E poi, per il lavoro...anch'io lavoro in proprio, nel caos quasi totale e con frequenti sensi di colpa. Con periodi altalenanti di iperlavoro e fannullaggine. Con una media sufficiente. E mio padre era così. Io non volevo essere così, ma dopo decenni ho capito che non posso farci quasi niente, posso solo evitare di lasciarmi completamente andare.

mazzonrocky

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Messaggio  bukoski Gio Lug 14, 2016 2:47 pm

Condivido in pieno Mazzonrocky.
Ho il tuo atteggiamento quando vado dallo psichiatra verso gli altri in sala d'aspetto. Li guardo, li osservo, perfino annuso se si lavano. Mi domando che problemi abbiano e cerco di arrivare alle mie diagnosi dai loro gesti, espressioni, abbigliamento, ecc. Mai fatto una parola con nessuno e gli altri pure con me. Ognuno sta lì sbirciando riviste, cellulare e cercando di essere il più assente possibile. Sai quante volte sono stato tentato di chiedere allo psichiatra che problemi avevano gli altri? tante volte.

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Messaggio  hoenir Gio Lug 14, 2016 2:50 pm

mazzonrocky ha scritto: Negli altri casi, in quasi tre anni, silenzi e sguardi sul pavimento o sulle riviste. Anche forse la vergogna di essere lì.  
Sì, hai ragione, la vergogna, quanta ne ho provata. Poi a un certo punto mi sono stancata della vergogna. Se riesci a superarla, se capisci che non c'è alienazione nell'avere un problema mentale, allora i muri si sgretolano. Ho parlato di depressione molto in questi mesi e ne ho parlato quasi con la stessa leggerezza con cui avrei parlato di un calcolo renale. Ne ho parlato con molti. Qualcuno sicuramente mi avrà presa per matta (!!!), ma non sai quante persone hanno iniziato a raccontarmi di conoscere quello di cui stavano parlando per esperienza di amici, familiari o anche esperienza diretta. Mi è servito tantissimo. Non è questione di mal comune mezzo gaudio, ma di condividere energie strategie sensazioni. E questa condivsione serve. Prima di tutto serve proprio a non sentirsi alienati: quanto sono rimasta di sasso quando ho scoperto che anche il mio vicino di casa ha sofferto di depressione, e non solo, anche il vicino di casa nel campeggio al mare e anche la ragazza del collega. Roba da non crederci! Ma soprattutto condividere significa anche che - per usare l'esempio del forum - sono andata a compare il libro della dieta del dott. Mozzi (grazie richardson!) e a fare più attenzione a cosa mettevo nel frigo, ho riflettuto sulle parole di merla (grazie merla! e pensato che non si può pensare sempre alla "malattia" come "causa di tutti i mali" (la riassumo veloce, il significato delle parole di merla era più ampio). Condividere significa scoprire altre prospettive, aprirsi ad altre possibilità.
Basta vergogna, insomma.
A proposito, richardson, secondo me è molto più difficile riuscire a cambiare completamente alimentazione, che diventare un po' meno pignolo!

hoenir

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Messaggio  Owl Gio Lug 14, 2016 10:47 pm

io frequento da 7 anni il centro di salute mentale della mia città e non capisco tutti quelli che provano vergogna ad andarci o che per vergogna non ci vanno proprio

sarà perché sono sempre stato isolato socialmente, ma non ho niente da perdere se qualcuno mi vedesse entrare o uscire da quel posto: come se avessi un prestigio o una reputazione da difendere

vedo una tale indifferenza della gente per le strade che sono arrivato al punto di dolermi per il fatto di non essere mai importunato da nessuno: cosa che da ragazzino temevo moltissimo
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Messaggio  bukoski Gio Lug 14, 2016 11:30 pm

Hoenir è difficile ma non impossibile. Anzi ha me ha dato uno stimolo nuovo. In un mese ho perso 8 kg e sono sgonfiato. Mi sento in forza. Sono tornato in bici. Non bevo più alcolici. Io se voglio sono molto determinato.

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Messaggio  Lost_in_a_moment Ven Lug 15, 2016 12:39 am

bukoski ha scritto:Hoenir è difficile ma non impossibile.  Anzi ha me ha dato uno stimolo nuovo. In un mese ho perso 8 kg e sono sgonfiato. Mi sento in forza.  Sono tornato in bici. Non bevo più alcolici. Io se voglio sono molto determinato.

sì ok ma comunque non si guarisce dalla depressione solo con l'alimentazione e lo sport, purtroppo, almeno per me no, posso dire di essere un po' più serena, ma guarita no..,.

E per quanto riguarda il lavoro, è vero che la depressione può intaccare un'attività in proprio, ma non crediate che per un lavoro dipendente sia tanto meglio.
Stare qualche giorno in più a casa, o chiedere troppa mutua, infastidisce i capi ed i colleghi, mette in difficoltà l'azienda, prediligendo le persone che ne chiedono meno. Prima o poi ti si presenta il conto per aver fatto troppe richieste, si guarda in primis gli interessi e la produttività dell'azienda: un dipendente con poca salute, che è assente più degli altri comporta un costo ed un fastidio, che prima o poi verrà punito. E' così, oggigiorno-

Lost_in_a_moment

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Messaggio  bukoski Ven Lug 15, 2016 9:27 am

Non si guarisce certo Lost dal male di vivere, perché una persona depressa credo lo diventi tale perché ad un certo punto inizia a riflettere troppo sul mondo che lo circonda. L'alimentazione e la condizione fisica però può aiutare molto a stare in forze.

bukoski

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