Incredibile essere ancora qua

Dopo tanto tempo, ancora una volta mi ritrovo a scrivere qui...

Dopo tanta risolutezza, tante scelte coraggiose, tanti risultati ottenuti, dopo aver costruito una vita che ha un suo senso, finalmente - almeno secondo i canoni tradizionali di "senso". Dopo aver dimezzato il mio sovrappeso, aver costruito decine di rapporti importanti, dopo essermi laureato, e aver raggiunto un livello invidiabile per molti miei "colleghi" - per quasi tutti -, e dopo aver intrapreso esperienze vive e ricche, l'ultima delle quali finita neanche due mesi fa...

come fare i conti con i fantasmi che ritornano? come fare i conti con la consapevolezza che, benchè su un piano formale tutto sia risolto o quasi (fatta eccezione la necrotizzazione ormai quasi definitiva dei rapporti sentimentali, nonostante le occasioni siano più o meno a portata di mano), tutto è rimasto essenzialmente come prima?

Ciò che davvero più mi getta nello sconforto è questa totale inadeguatezza delle forme del vivere a esaurire il senso del vivere stesso, quasi ci fosse davvero qualcosa che le eccede - e non c'è -, e che ci chiama a un "di più", a un costante trascendimento del presente. Non c'è nulla oltre a queste forme sclerotizzate, a queste esangui parvenze di figura, a questo lampeggiare di lucciole nel buio. Come aggrapparsi a queste lucciole? Come far sì che possano davvero costituire una risorsa inesauribile?

Nulla è cambiato. Quando mi volto e vedo il ragazzo che ero ormai sei anni fa, all'ultimo anno di liceo, prima che la vita vera avesse inizio, provo ancora la stessa amarezza, la stessa nostalgia di quella pienezza, quando la vita era davvero un evento, e non una costante ripetizione di copie inadeguate ad attingere ancora a quell'evento. Solo, ogni anno, ogni mese, ogni giorno aggiunge un peso crescente a quell'amarezza, erige un muro che mattone a mattone si fa sempre più impermeabile.

Penso spesso a quanto sia diventato insensibile, e a quanto poco questa cosa faccia problema, ormai. Penso spesso a quanto poco mi entusiasmi il fiorire di un fiore, o una vittoria della mia squadra del cuore, o l'interesse di una ragazza nei miei confronti. Ci penso spesso, ma quasi mai questa cosa mi fa problema. Dov'è l'intensità? Dov'è la vita in tutto questo? E pensare che ne avevo così tanta, di intensità e vita da spendere. E pensare che questa parte - la parte del ragazzo vitale, forte, sicuro di sè, retto da una convinzione non intaccabile riguardo al senso della vita - mi riesce ancora così bene. Nessuno sa quello che vivo sotterraneamente, e forse nemmeno io.
So bene cosa mi spinge a scrivere tutto questo - l'ennesima ricaduta in un vecchio errore, nemmeno determinante ai fini della mia economia vitale, se non nei termini di una perdita di tempo e di sicurezza, se non nei termini di un'ennesima, violentissima incongruenza con l'immagine di me che cerco di costruire. Sono ancora prigioniero di questa fortezza spezzata di riti, parole, convinzioni, passioni, vizi persino, integralmente appartenenti a un'epoca della mia vita che ha fatto il suo tempo tanto tempo fa, e che non è ancora riuscita a trovare la forza di congedarsi da se stessa, e a cedere il passo a un'altra epoca.
Tutto sembra darsi come l'eco di un grido lontano, tutto continua a riverberare con una stanchezza infinita.

La depressione, questo mostro formalmente sconfitto, torna ogni volta ad insinuarsi nelle crepe, e a rischiare di farle divenire voragini. E io sono sempre più debole, più affranto, più rassegnato.

Cosa stai cercando MythOpOiEsIs?

Qual'è il motivo dei tuoi sforzi?

Qual'è il motivo delle tue preoccupazioni?

Sei forse in cerca di conferme? Vuoi la conferma di valere? Vuoi la conferma di essere degno? Degno d'amore degno di stima?

Ritieni che il valore di una persona sia correlato a ciò che riesce a ottenere o a ciò di cui riesce a fare esperienza in vita?

Ritieni che un bambino valga quanto i voti che porta a casa? Che i genitori debbano amarlo in relazione a questi?

Non ti sto attaccando, sto scrivendo le suggestioni che mi sono venute leggendo il tuo messaggio, sono parole che forse rivolgo più a me stesso che a te.

Avendo un po' più di autostima e di amor proprio forse ci si farebbe meno problemi, si farebbe meno fatica ad accettare il divenire proprio e delle situazioni in cui siamo immersi.

Tanti dei tuoi problemi sembrano derivare dai tuoi giudizi, non dalle tue sensazioni ma dai tuoi giudizi su di esse, non dalla tua diminuita sensibilità ma dal tuo giudizio su di essa, non dal tuo diminuito "trasporto" ma dal tuo giudizio su di esso.

Ciao in bocca al lupo.

Ahimè, è esattamente il contrario.

Il riconoscimento del mio valore c'è già stato e c'è ancora, così come quello dei miei sforzi. È esattamente questo il problema: la mia inquietudine, la mia diacronia rispetto al "mondo" è tutta qua: non sono le conferme che mi interessano, evidentemente. Non è sentirmi una mente brillante, nè essere riconosciuto come tale; non è sentirmi in linea con i miei sforzi, nè essere riconosciuto come tale.

è la serenità che manca, la soddisfazione piena per quello che si fa nella vita. è come se ci fosse sempre un fiume carsico che va controcorrente rispetto alle forze che metto in opera per costruire, e che mi ricorda come tutto sia allo stesso punto. Perchè tutto è allo stesso punto, e non può che essere così. Non perchè si cresca o si migliori, ma perchè siamo fatti così, e la vita non è cambiamento ma al più metamorfosi, trasformazione di alcuni tratti. Io, però, non so perchè di fronte a questo mi sento assai abbattuto. Non c'entra più l'autostima, non c'entra più il desiderio di riconoscimento, ma quell'apatia che mi porta a non vivere più esperienze (come ad esempio quelle sentimentali) che potrei vivere facilmente e che pur tuttavia non voglio vivere, perchè so che non ne vale la pena (chi valuterebbe come congruo lo sforzo di una relazione di coppia rispetto a quello che si riceve da quella relazione stessa? Fanno eccezione quelle rarissime occasioni in cui si incontra la persona ritenuta "giusta", ma anche qui, a me è capitato una sola volta e non è andata bene, e chissà in base a quali criteri la scegliamo, 'sta persona "giusta"). Ma di fatto senza queste situazioni (ovviamente non mi riferisco solo a quelle sentimentali, direi a tutte quelle situazioni in cui si vive la passione per un'Idea, un qualcosa che riempie di senso la nostra vita e ci spinge a fare progetti entusiasmanti sul futuro, un qualcosa gravido di senso) la vita è vuota. Senza qualcosa in cui credere, verso cui orientare i nostri sforzi, la vita è solo vana ripetizione di gesti ordinari e privi di senso. Eppure l'Idea è già sempre illusione. È in questo dilemma che si arrovella la "ginnastica torturante" del mio pensiero.

Mi parli dell'autostima. Il problema è che con l'autostima non ci faccio nulla. Con l'autostima posso solo masturbarmi, dirmi che basto a me stesso, che sono in gamba, che riesco in (quasi) tutto ciò in cui decida di impegnarmi. Ma non basta. Purtroppo e per fortuna non basta. Se bastasse non sarei umano. Questo è l'onere e l'onore della nostra specie: essere costretti a pensare di avere l'onere e l'onore di un destino, l'onere e l'onore di una passione per l'Idea.

Comunque hai ragione: tante delle situazioni che descrivo derivano propriamente dai miei giudizi, nella misura in cui sono troppo fermo a guardarmi vivere (anche se ora molto meno di prima), piuttosto che a vivere. Ma è sempre una questione di apatia, e in fondo a questo concorrono anche i miei studi (studio filosofia).

E grazie della risposta, crepi il lupo!

Mi sembri un po' nietzschiano o sbaglio?