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Messaggio  Pavely Mar Apr 14, 2009 11:07 am

Ho appena finito di leggere un passo molto bello da un libro di Psicanalisi.

Vorrei condividere con voi, per sapere, la vostra opinione... un'idea che mi è venuta.

L'idea è questa: fino agli anni settanta, all'interno delle famiglie, c'erano due ruoli distinti.

Alla figura paterna era legato il ruolo della "normatività". Il padre, figura "totemica", simbolo dell'identità familiare attraverso il tempo, era la figura che dava le "regole", le "norme", le "leggi" e somministrava, attraveso la "potestà paterna", le eventuali sanzioni.

Alla figura materna era legato il ruolo dell'"Affettività". La madre, figura del Tabù, insegnava i gesti d'affetto, d'amore, di sessualità (questo in via indiretta... attraverso la sua relazione con il papà). Dava dolcezza, mitigava il ruolo paterno, intercedeva per i figli, insegnava cosa fosse la tenerezza. (In questo la mamma "italiana" pare essere stato un esempio emblematico).

Dopo gli anni settanta, con la "parità", ad entrambi i genitori è stato affidato il compito di essere "normativi" ed "affettivi" allo stesso tempo. Vista l'impossibilità di avere due "autorità", si è resa, sociologicamente e antropologicamente, necessaria la presenza del Divorzio. Il divorzio permette di ristabilire l'autorità "unica" riguardo al compito "normativo" dell'educazione per i figli. Dunque, la parità delle donne con gli uomini, storicamente, è letta come una richiesta, da parte delle donne, di poter rivestire un ruolo educativo e normativo rispetto ai figli. (Cioè, il diritto di dire: "Tu devi fare questo"... contrariamente a ciò che accadeva prima, quando le madri dicevano: "Tu vuoi o puoi fare questo").

Oggi, sia il papà che la mamma dicono i verbi dovere, volere e potere. I figli, naturalmente, non comprendono a chi ubbidire. Se il papà dice una norma (ad esempio: "Non tornare tardi la sera"), la mamma può dirne un'altra (ad esempio: "Tenta di tornare presto questa sera"). Può accadere di ritrovare la distinzione ante-femminismo: la mamma dà una prescrizione affettiva mascherata da prescrizione normativa.

Ora: io sono cresciuto in una famiglia in cui mia madre rivestiva sia i ruoli normativi che affettivi.

Mio padre non mi ha dato affetto quand'ero bambino, né mi ha dato un ruolo normativo. (Era per me, un estraneo in questo...).

Oggi, lui è in un letto d'ospedale.

E io mi interrogo sui miei sentimenti per lui.

Chi è mio padre per me? Chi è stato?

E mi accorgo di questo: non lo sò.

Ciò che voglio chiedervi è, appunto, questo: chi stabiliva le regole in casa? Mamma o Papà? Chi vi dava affetto? Mamma o, di nuovo, Papà?
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Messaggio  lunatica Mar Apr 14, 2009 11:38 am

Mio padre era assente,era sempre troppo assorbito da altro.Era mia madre a ricoprire il ruolo di entrambi i genitori,ma le veniva difficile,era un peso troppo grande per lei
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Messaggio  Nadir78 Mar Apr 14, 2009 12:07 pm

Mio padre lavorava tutto il giorno e tornava solo a cena. Però era decisamente lui l'autorità. Mia madre era facilmente corrompibile e poi io e lei siamo sempre state amiche, con lei mi confido, lei lo fa con me, quindi c'è sempre stata complicità. Essendo poi casalinga, è sempre stata lei con noi. Con mio padre ho avuto un rapporto strano: l'ho sempre amato e ammirato, però con l'adolescenza sono cominciate le litigate furiose. Mi impediva tutto, era severo e dispotico, mi faceva soffrire perchè io cercavo di capire, cercavo il dialogo, invece lui dava solo ordini. Anche con mia sorella faceva così e anche lei ci ha sofferto. Però questo scontro è stato utile. Ora con mio padre va alla grande, facciamo a botte, usciamo da soli il sabato per negozi; lui mi reputa in gamba, è fiero di me anche se non so di cosa.
Fa finta di odiare le mie coccole, ma sotto sotto adora che me lo sbaciucchio tutto. E quando mi porta in banca con lui, mi spaccia per la sua fidanzata!

Mio zio psichiatra diceva che un rapporto conflittuale con i genitori è sano e utile e porta ad un naturale distacco dalla famiglia.
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Messaggio  merla Mar Apr 14, 2009 1:44 pm

Con mia madre io ho sempre litigato a morte fino a che non sono andata via di casa. Abbiamo due caratteri poco compatibili e ci scornavamo facilmente. Anche in questo caso però, una volta diventata adulta, le cose sono molto migliorate.
(e indubbiamente un rapporto così conflittuale con la figura materna è alla radice di alcuni miei problemi che si sono manifestati successivamente).
Peraltro lei, avendo avuto problemi di esaurimento e avendo visto sua madre malata di depressione acuta, in un certo pensava che essere più dura con me e non troppo affettuosa né (per nulla) amica, fosse un modo di insegnarmi a reagire. Anche se poi, magari nei regali o nei pensierini, cedeva alla sua natura più affettuosa. (mi ha poi confessato poco tempo fa, che la scelta di essere più dura nei miei confronti, come mamma, le era costata molto). Adesso che sono grande recupera, e miei riempie di regali e gentilezze.

Invece con mio padre, a parte i dovuti scontri adolescenziali (l'orario di rientro noturno è stato un dramma irrisolto per anni a casa mia, a 23 anni eravamo ancor alì a litigare se le 2 o le 3 e per far mattina ero costretta a inventarmi improbabili amici/amiche che mi ospitavano..eheheheheh), c'è stato un rapporto migliore: non troppo affettuoso a dir la verità, ma mi ispirava rispetto e aveva autorevolezza, con lui ho sgarrato pochissime volte. Peraltro mi spiegava anche...magari le ragioni di certi divieti/imposizioni non le condividevo, ma se non altro se ne poteva parlare pacificamente.
Poi lui ed io abbiamo condiviso dei periodi familiari molto difficili, e questo ha contribuito al fatto che ora abbiamo un rapporto tra adulti davvero paritario.

Oltretutto nel complesso ho avuto sempre un discreta libertà (a parte sti c**o di orari Very Happy ): nessuna imposizione su scelte di studio o su altre scelte importanti, e autonomia e presa di responsabilità ben dosate rispetto all'età che avevo. Anche nel periodo di fancazzismo universitario più totale, ricordo solo discorsi molto ragionevoli, sul chiarirmi cosa avrei voluto fare del mio futuro, senza pestare sulla laurea esami, voti o cose simili. E ricordo che tali discorsi servirono anche, finché non ho cominciato a lavorar sul serio.

E ora, nei limiti del possibile dei nervi sfrantecati di mia madre, direi che i rapporti sono ottimi. Quindi sono soddisfatta di come mi hanno educato, nei limiti del possibile (non esistono i genitori perfetti) sono stati bravi direi.
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Messaggio  Pavely Mar Apr 14, 2009 4:29 pm

Mio padre, avendo lavorato alla base ESA "San Marco" del Kenya, non c'era quasi mai.

Mi ricordo quando tornava dall'Africa completamente abbronzato, (direi nero), parlando inglese o kiSwahili con i suoi colleghi dell'Ufficio.

E' stato un padre assente... distante. Mi ricordo la "sofferenza" di scrivergli. Durante gli anni Ottanta, infatti, non esisteva Internet o cose simili... così gli spedivamo ogni due, tre giorni, una lettera.

Scrivere quella lettera è stata, credo, la cosa più dura che io abbia mai fatto. Non avevo, letteralmente, nulla da dirgli.

Quando tornava all'Aeroporto, mi ricordo, da bambino, mi nascondevo dietro mia madre.

Non ho mai abbracciato mio padre da bambino, né sono stato abbracciato da lui...

Anzi, mi ricordo che una volta da piccolissimo provo a farmi "volare" (lui è pilota d'aeroplani) ma io mi spaventai enormemente e mi misi a piangere rasentando una crisi di nervi.

Un padre assente... che delegava, tutto, veramente, tutto a mia madre.

Mio padre, con la massima tranquillità, mi ha più volte confessato di aver avuto numerosissime storie.

E la cosa strana è dirlo, per lui, è la cosa più normale del mondo. Ha avuto numerose amanti africane. Poi, dice sempre che non avrebbe mai lasciato mia madre.

...

Mia madre, allora, come unico punto di riferimento.

E ora mia madre non c'è più... (è morta nel 2001).

Mia madre era estremamente normativa.

Mi ricordo che più volte, da bambino, ha allontanato i miei "amichetti" perché aveva paura che mi "trattassero male".

Ecco... da bambino il mio soprannome era "bellicapelli" (ridicolo... pensando che ora sono quasi calvo). Ero un bambino timido, silenzioso, tranquillo, che non rivolgeva mai la parola per primo e venivo preso in giro a scuola.

Dio... il pensiero della frangia che mi cadeva sugli occhi... che bello. Ho iniziato a rifugiarmi nei libri attorno ai 9, 10 anni. Da allora ho sempre letto tantissimo...

Mai fatto una festa in casa.

Credo di aver invitato un compagno di scuola... tre, quattro volte, in tutta la mia vita?

Mai andato ad una gita. (Mia madre diceva che costava troppo).

Quando qualcuno bussava alla porta di casa, mia madre mi portava in camera da letto dove io, in apprensione, la ascoltavo parlare con la vicina di casa o con mia zia... ecco, mia zia veniva in camera da letto a salutarmi alla fine.

Mai comprato vestiti costosi o belli. (Costavano troppo).

Sono uscito per la prima volta dopo le 10 della sera due anni circa fà, nel 2006.

Né mia madre, né mio padre mi hanno mai dato affetto.

Ricordo mia madre seduta nella poltrona della camera da letto, a giugno, a vedere Raffaella Carrà in televisione.

...

Tanti ricordi... ciò che mi chiedo però è questo: cosa si prova ad aver ricevuto affetto da un genitore?

Cosa si prova a ricevere qualcosa di bello in regalo?

Provo ad usare parole come pace, felicità, gioia, dolcezza... ma non riesco a descrivere né a fare un abbozzo di questo sentimento...
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Messaggio  Nadir78 Mar Apr 14, 2009 5:00 pm

Paolo, io penso che ci siano vari modi per dimostrare e dare affetto. Non sono una psicologa, però ho notato che in genere una persona è affettuosa e cerca il contatto fisico se lo ha vissuto con i genitori. Notavo la differenza tra me e una mia amica: nella mia famiglia ci siamo sempre coccolati, bacetti, abbracci, e per me questo è tuttora importante; col mio compagno, la mia famiglia, i miei amici uso questo modo per comunicare il mio affetto, mi viene naturale abbracciarli. La mia amica invece ha avuto i genitori distaccati fisicamente (per carità le hanno sempre voluto un mondo di bene), non c'erano abbracci e lei è così con tutti, compreso col suo ragazzo. All'inizio mi sembrava strano, ma poi ho capito che come per me è naturale farlo, per lei lo è non farlo. Non è stata abituata a comunicare in questo modo. Magari se avessi avuto anche io dei genitori così, non sentirei il bisogno dell'affetto fisico. Magari una parola detta da quei genitori equivale ad un abbraccio dei miei.
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Messaggio  merla Mar Apr 14, 2009 5:31 pm

Nadir78 ha scritto:Paolo, io penso che ci siano vari modi per dimostrare e dare affetto. Non sono una psicologa, però ho notato che in genere una persona è affettuosa e cerca il contatto fisico se lo ha vissuto con i genitori. Notavo la differenza tra me e una mia amica: nella mia famiglia ci siamo sempre coccolati, bacetti, abbracci, e per me questo è tuttora importante; col mio compagno, la mia famiglia, i miei amici uso questo modo per comunicare il mio affetto, mi viene naturale abbracciarli. La mia amica invece ha avuto i genitori distaccati fisicamente (per carità le hanno sempre voluto un mondo di bene), non c'erano abbracci e lei è così con tutti, compreso col suo ragazzo. All'inizio mi sembrava strano, ma poi ho capito che come per me è naturale farlo, per lei lo è non farlo. Non è stata abituata a comunicare in questo modo. Magari se avessi avuto anche io dei genitori così, non sentirei il bisogno dell'affetto fisico. Magari una parola detta da quei genitori equivale ad un abbraccio dei miei.

ecco...io son proprio così...tipo fatico ad abituarmi a baciare quando saluto le persone e abbraccio qualcuno solo in situazioni particolari.
Però boh, nel mio caso, non ne sento la mancanza, semplicemente mi vengono naturali altri modi per comunicare affetto.
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Messaggio  Pavely Mar Apr 14, 2009 5:33 pm

Forse.

Però, credo che occorra vedere la Socialità.

Mio padre, per assenza, per il suo desiderio di "fuggire" da casa, (a mia madre e dai suoi figli), non c'era mai.

Mia madre, soffrendo per la distanza di mio papà, è caduta in Depressione (oggi... oggi so che si tratta di questo. Prima, quando lei era viva, non sapevo nulla "del mondo di fuori", né sapevo valutare il suo comportamento).

Può essere Nadir che la tua amica ha trovato naturale il comportamento dei suoi genitori.

Io, al contrario, avrei voluto, immensamente, che i miei genitori o qualcuno, mi insegnasse l'affetto e i sentimenti, che mi desse calore.

Ecco: ho sofferto immensamente per non aver ricevuto affetto.

Perché nasconderlo?

Avrei voluto, da bambino, rifugiarmi tra le braccia di mamma... ho provato a farlo tante volte... e tante volte sono stato respinto.

Ma non perché mia madre non fosse affettuosa.

No... sono stato respinto perché mia madre fù respinta, a sua volta, da mio padre.

Mio padre se ne stava in Africa... mia madre stava quì, persa nella sua solitudine.

Mia madre avrebbe dovuto divorziare?

Non lo sò...

Sò che mio padre si è comportato male con lei.

E ora, tra qualche istante, stacco e vado da lui.

Perché mi devo prendere cura di lui.

E la cosa assurda è che io non riesco a capire se voglio bene a mio padre.

Cosa provo?

Non lo sò.

Non è odio...

Non può esserlo.

Cos'è?

(Non lo so...)
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Messaggio  Nadir78 Mar Apr 14, 2009 6:23 pm

Non credo sia odio, anzi lo spero. Sarà un pò di risentimento, un pò di rabbia che ti porti dietro da anni.
Posso darti un consiglio? Anche se ti sarà difficile, volta pagina con tuo padre. Ha commesso i suoi errori, ha fatto delle cagate in vita sua, è vero, ma vai oltre. Stagli vicino, se ti va dagli quell'affetto che lui non ti ha mai dato ma soprattutto supera questa rabbia. Non serve a nulla, le cose ormai sono successe. Il passato è passato. Pace.
Recupera quello che puoi con lui. E' il mio consiglio. Il tempo scorre veloce e poi uno si mangia le mani per le occasioni perdute.
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Messaggio  merla Mar Apr 14, 2009 6:43 pm

Del resto Paolo, i genitori sono persone, e come tali hanno i loro punti deboli e sbagliano: vale per tuo padre e vale per tua madre.

E bisognerebbe riuscire a non fare entrare i propri problemi di coppia nel rapporto con i figli, ma purtroppo questo non è semplice.
Prova a lasciarti le cose alle spalle, come dice nadia
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Messaggio  Viola Mar Apr 14, 2009 9:09 pm

Non è facile lasciarsi le cose alle spalle, perchè bisogna farsi aiutare in questo difficile compito...E' un lavoro da fare su se stessi...si deve crescere. Per capire ed accettare che si prova odio anche...e dirselo e dirlo...che ti mancano i punti di riferimento...gli abbracci e le coccole e le parole e gli sguardi e i pezzi di vita...che ti mancano e che ti mancheranno per sempre probabilmente.Poi, bisogna masticare e digerire...e saperlo!!! Arrivare ad averne coscienza, quando accadrà ci si accorge che non arriva più per prima la rabbia...non arriva più la rabbia...e sei libera.Ricordi tutto e finisce lì...E' solo un ricordo...non ti senti più mancante...E puoi provare finalmente la tenerezza e avvicinarti a loro/a Te, finalmente! A mettere la giusta distanza che non è rifiuto, che non muore nessuno e non piange nemmeno la madonnina...(non ridete) ma di questo si tratta...sensi di colpa, cresciuti come polipi dell'anima...da estirpare ...e come si fa? Eh,...se avessimo polipi od escrescenze nel corpo fisico si va dal chirurgo, se sono nell'anima e nella psiche si va dallo psicologo...Bisogna farsi aiutare Pavely, tutto qui. Ce la si fa. buon proseguimento.... A tutti, a Pavely, a Me... Very Happy
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Messaggio  suggestione Mar Apr 14, 2009 9:20 pm

I genitori, uno scoglio irrisolvibile.
I genitori italiani sono pallosi, sopratutto le madri, lagne e rompicoglioni.
Scusate la generalizzazione, ho fatto una statistica con le persone che conosco è sono arrivato a queste mie conclusioni, dettate forse dal disagio che mia madre ha sempre creato in me, pur essendo una brava madre e donna.,
Non lo so voi ma io con i parenti non ci riesco a stare molto, nemmeno con i miei fratelli, non riesco ad avere un dialogo appagante.
Forse quello che ho scritto non centra nulla con i vostri post, vi ho letto molto velocemente, per cui scusate se ciò che scrivo non centra un fico.
Con il mio vecchio, vado d'accordo, anche se qualche volta ha toppato, anche molto, ma, va beh, nessuno è perfetto.

Anche se non li sopporto e non riuscirei a starci un giorno intero con loro, senza cercare il suicidio Very Happy , gli do lo stesso un 10 e lode, per come hanno condotto la loro vita e per come hanno fatto i genitori e per come ancora continuano a farlo.
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Messaggio  merla Mer Apr 15, 2009 9:10 am

Viola ha scritto:Non è facile lasciarsi le cose alle spalle, perchè bisogna farsi aiutare in questo difficile compito...E' un lavoro da fare su se stessi...si deve crescere. Per capire ed accettare che si prova odio anche...e dirselo e dirlo...che ti mancano i punti di riferimento...gli abbracci e le coccole e le parole e gli sguardi e i pezzi di vita...che ti mancano e che ti mancheranno per sempre probabilmente.Poi, bisogna masticare e digerire...e saperlo!!! Arrivare ad averne coscienza, quando accadrà ci si accorge che non arriva più per prima la rabbia...non arriva più la rabbia...e sei libera.Ricordi tutto e finisce lì...E' solo un ricordo...non ti senti più mancante...E puoi provare finalmente la tenerezza e avvicinarti a loro/a Te, finalmente! A mettere la giusta distanza che non è rifiuto, che non muore nessuno e non piange nemmeno la madonnina...(non ridete) ma di questo si tratta...sensi di colpa, cresciuti come polipi dell'anima...da estirpare ...e come si fa? Eh,...se avessimo polipi od escrescenze nel corpo fisico si va dal chirurgo, se sono nell'anima e nella psiche si va dallo psicologo...Bisogna farsi aiutare Pavely, tutto qui. Ce la si fa. buon proseguimento.... A tutti, a Pavely, a Me... Very Happy

hai ragione eh viola...

ogni tanto mi viene da pensare, però: ok sclero perchè mia madre ha fatto patapim patapam...lei probabilmente ha fatto patatim patatam perchè sua madre/suo padre a loro volta hanno fatto questo e quest'altro...e probabilmente la radice di tutto ciò sta nel fatto che i relativi nonni avevano detto, fatto, compiuto ecc. ecc..

da una parte non è facile girare pagina rispetto al proprio vissuto, del resto però questa catena è da rompere, per forza, altrimenti possiamo arrivare ad adamo ed eva e scaricare su di loro la responsabilità della nostra vita.
Indubbiamente farsi aiutare da uno psicologo è una presa di coscienza e un'assunzione di responsabilità verso se stessi...al tempo stesso credo che debba a un certo punto scattare questo distacco dalla propria famiglia, non si può passare la vita a dire, 'ho fatto questo, perchè mio padre/mia madre hanno fatto quest'altro'. al massimo, se si vuole essere considerati adulti, si può dire 'ho fatto questo perchè ho scelto di continuare a subire il fatto che i miei hanno fatto questo e quest'altro'. Cioè, ok con la presa di coscienza, ma è anche possibile costruirsi una vita senza questa presa di coscienza e senza andare oltre la rabbia. Uno è anche libero di tagliare completamente i ponti con la propria famiglia di odiarla, e non per questo avere particolari problemi psicologici. Ognuno ha il suo tipo di reazione.

Se ipoteticamente io dovessi avere un figlio e lo crescessi come sono stata cresciuta io, non avrebbe senso limitarsi a dire che io semplicemente ho assunto il modello che ho imparato. sarebbe vero, per carità, ma io avrei anche fatto la scelta di non diventare adulta e di non aver quindi voluto/potuto criticare quel modello e adeguarlo secondo i miei personali criteri. Almeno facciamo errori nuovi no? Invece di continuare a ripetere quelli degli altri...diventa un perseverare diabolico. Very Happy
Spesso il non scegliere e continuare a subire, è una propria scelta più che una costrizione, e visto che tanto la vita te ne fa pagare tutto il prezzo senza sconti, tanto varrebbe mettersi in gioco in prima persona ed essere consapevoli e assumersi la responsabilità della scelta che si fa.

Sono stata un po' fumosa...

il significato era che paolo, psyco o non psyco, farebbe bene a voltare pagina in qualche modo, con psyco, senza psyco, aggregandosi a una comune anarchica o partendo per una vita di vagabondaggio in India..come gli pare insomma, ma staccandosi da sto c**o di pc. ;-)

merla

PS: Oppure, visto che sa usare Linux, e non è da tutti, quindi con il pc se la cava abs bene....potrebbe dedicarcisi da un punto di vista professionale. Ci hai mai pensato Paolo? L'informatica offre un sacco di sbocchi e un sacco di strade
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Messaggio  Pavely Mer Apr 15, 2009 10:04 am

(No... non ci avevo mai pensato all'Informatica).

...

C'è anche una cosa che vorrei dire.

Avete mai letto la storia di Gertrude, la Monaca di Monza? (Dai Promessi Sposi).

Sono giorni che ci penso.

E mi accorgo di una cosa: per un po' d'affetto, darei, letteralmente, via la mia vita.

Proprio come fece la Monaca di Monza.

Non riesco a staccarmi da mio padre (no... non riesco a staccarmi dai miei genitori) perché non ho mai ricevuto, letteralmente, alcuna forma di affetto.

Parlo proprio di abbracci dati per primi... coccole a letto... affetto, tenerezza, calore.

La cosa assurda, (rifletto su questo), è che io punto solo a questo.

Cioè: NON AVENDO RICEVUTO AFFETTO E CALORE, CIÒ CHE VOGLIO FARE NELLA VITA È DARE AFFETTO E CALORE.

E' l'unica cosa che cerco.

Ma, avendo escluso il lato "normativo", non mi sono mai avvicinato al lavoro, alla stima di me stesso, alla riflessione sul mio valore, su ciò che sono.

Cioè: il lavoro attiene al lato normativo. (Quando lavori non puoi dare affetto, tenerezza, calore, amore, amicizia).

In pratica, da quanto io ricordi, ho sempre studiato, studiato, studiato.

Ho sempre ubbidito, lavorato sui libri, fatto le faccende domestiche.

Nei fatti, lavorare significherebbe per me ESCLUDERE ANCORA UNA VOLTA I SENTIMENTI.

E quindi, io identifico il lavoro con ciò che mi ha fatto e mi fà soffrire.

E il mio comportamento è stupido.

Veramente stupido...

Dovrei fare tutte e due le cose.

Ma, nei fatti, NON VOGLIO. Nei fatti, TUTTO IL GIORNO IO VORREI DARE AFFETTO, CALORE, TENEREZZA, AMORE....

Senza smettere mai, neanche per un istante.

Non avendolo mai ricevuto, io cerco solo questo.

...

(Pensieri)

...

Questo è un insight profondo... ci rifletto oggi, 15 aprile 2009.

Quindi è questo quello che voglio?

Sì.

Fare l'amore. (Amore... non sesso... proprio amore...)

Prendermi cura, giocare con i miei figli tutto il giorno.

Coccolare, dare tenerezza, divertirmi con la mia 'compagna' (che non ho mai avuto... sono ipotesi, desideri...)

Fare scampagnate, parlare, dimostrare amicizia verso tutti.

Essere libero, creativo, propositivo, ottimista, estroverso...

In ciò che voglio, non ci sono regole o giudizi o critiche. (importantissimi nel lavoro...)

MI appare, allora, chiaro questo: devo capolgere i miei valori. Devo riuscire a interiorizzare che la scelta giusta è ANCHE lavorare.

Io odio il lavoro perché il lavoro significa: faccio qualcosa e guadagno qualcosa PER ME. Se lavoro, acquisisco un valore, MERITO QUALCOSA IN QUANTO INDIVIDUO.

La gente paga me. Quindi, il lavoro si concilia con l'individualità. E l'individualità mi fà soffrire... io odio stare da solo. Perché mentire? Io odio stare da solo. Ecco, questo mi è chiarissimo in questa giornata d'Aprile...

Ma il lavoro induce a stare da soli. Uno lavora per guadagnare qualcosa per sé stesso. Per permettersi una casa, dei beni... e io, essendo in verità un comunista puro, non riesco ad accettarlo. E questo comunismo è sbagliato.

Devo accettare i concetti di valore della mia persona, di individualità, di volontà, di lavoro.

Ma, comprendo, mi è difficilissimo...
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Messaggio  merla Mer Apr 15, 2009 10:25 am

mah paolo...questi schematismi su normativo e affettivo non hanno un reale riscontro nella realtà.

indubbiamente nel lavoro c'è un aspetto meritocratico, per cui tu hai un compito da svolgere e lo devi svolgere, ma questo aspetto non è l'unico in nessun lavoro (neanche nel mio che ad esempio, svolgo a casa da sola, e quindi l'aspetto relazionale è ridotto).

ci sono però nel lavoro un sacco di aspetti (a cui ognuno dà più o meno importanza) totalmente privi di questo aspetto normativo: dalla soddisfazione che può venire da un lavoro ben fatto, al fatto che sei in ogni caso costretto a relazionarti con gli altri con registri diversi, a seconda che siano colleghi, superiori, clienti, dipendenti. Nel lavoro si può apprendere molto in termini di capacità relazionali e affettive e molto spesso sono proprio tali aspetti, più di quello meritocratico, che diventano determinanti. Sia nell'ipotetico successo, sia nel piacere o meno che dà il lavoro.
Tante volte l'aspetto relazionale è addirittura il più importante: lavoro ad esempio più volentieri con persone con cui riesco a instaurare un certo rapporto (e ci riesco, nonostante si comunichi solo attraverso il pc o al max il telefono) piuttosto che con persone con cui il rapporto non c'è, anche se magari l'attività è più soddisfacente o più remunerativa.

Qui, come per altri discorsi che si sono affrontati con te, non ti rimane che buttarti secondo me: prova a lavorare, non perchè 'si deve' lavorare, ma perchè lavorare dà un senso diverso alle tue giornate, le riempie e provando potrai trovare anche un lavoro che si adatta alle tue necessità. Anche nel dare al lavoro questo carattere normativo piuttosto che affettivo, purtroppo, tu parli di qualcosa che non conosci se non per riferita, e ne hai una visione distorta da quella che è poi la realtà.

Forse l'hai già letto, ma in merito al lavoro, ti consiglio di leggere "La chiave a stella" di Primo Levi. Ciauz
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Messaggio  Pavely Mer Apr 15, 2009 10:57 am

(Grazie Merla...)
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Messaggio  Nadir78 Mer Apr 15, 2009 10:58 am

Paolo, tu vivi troppo di sogni. Sogni di fare questo, di fare quello, di essere così, ecc. Devi tornare nella realtà, vivere nel mondo reale. E questo lo puoi fare solo se smetti di nasconderti in casa dietro al pc ed esci di casa, non a fare una passeggiata, ma a relazionarti con gli altri.
Il lavoro, l'università aiutano molto perchè ti permettono di relazionarti con gli altri, ti fanno crescere, ci sbatti il muso contro la realtà. E' importante trovarsi qualcosa da fare, sia per i soldi (senza è molto dura campare, inutile dire il contrario), che per se stessi: ti dà fiducia in te stesso, ti fa sentire utile in qualcosa, capace in qualcosa. E mica è poco! E poi conosci gente, ti ci relazioni, ci litighi, discuti... tutto aiuta.
Non puoi passare il tempo a pensare che non vuoi lavorare perchè vuoi dare amore tutto il giorno... l'amore lo apprezzi ancora di più dopo una giornata passata a lavorare. Se poi hai tutto questo amore da dare, perchè non fai volontariato? Sai quanti anziani aspettano affetto nelle varie case di riposo?
Insomma, gli sbocchi ci sono, devi solo smettere di sognare ad occhi aperti, alzare il sederino e buttarti in qualcosa. Magari non beccherai subito quello che ti piace, ma alla fine troverai la tua strada. E' importante Paolo, te l'ho già detto, il tempo passa. E poi stare tutto il giorno al pc si finisce rimpalliti. Non fa bene.
E poi sono anni che fai queste riflessioni... va bene riflettere, però poi deve seguire l'azione, i fatti. Se non ti metti in gioco, hai tutto da perdere.
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Messaggio  lunatica Mer Apr 15, 2009 11:02 am

I genitori che non sanno dare affetto,magari perchè hanno dei problemi più o meno gravi,ti lasciano dei vuoti incolmabili,o forse solo lunghi anni di psicoterapia possono aiutarti ad archiviare il tutto,come d'altronde è giusto che sia,per poter vivere.Ma è probabile che un piccolo vuoto ti rimarrà sempre.

Ognuno ha la propria storia,il proprio vissuto,che è imparagonabile a tutti gli altri.
Io ad esempio devo lavorarci molto su questo,perchè sento ciò che prova Sugge,cioè non riesco a stare bene un'intera giornata con i miei familiari,non vedo l'ora di scappare,perchè mi rendo conto che la loro presenza mi fa del male,è una presenza negativa per il mio essere.
Ciononostante,anzi forse a maggior ragione,vorrei farmi una famiglia,una famiglia sana,equilibrata,forte.
E quindi mi rendo conto che il percorso psicoterapico da fare sarà lungo.
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Messaggio  lunatica Mer Apr 15, 2009 11:07 am

Nadir78 ha scritto:Paolo, tu vivi troppo di sogni. Sogni di fare questo, di fare quello, di essere così, ecc. Devi tornare nella realtà, vivere nel mondo reale. E questo lo puoi fare solo se smetti di nasconderti in casa dietro al pc ed esci di casa, non a fare una passeggiata, ma a relazionarti con gli altri.
Il lavoro, l'università aiutano molto perchè ti permettono di relazionarti con gli altri, ti fanno crescere, ci sbatti il muso contro la realtà. E' importante trovarsi qualcosa da fare, sia per i soldi (senza è molto dura campare, inutile dire il contrario), che per se stessi: ti dà fiducia in te stesso, ti fa sentire utile in qualcosa, capace in qualcosa. E mica è poco! E poi conosci gente, ti ci relazioni, ci litighi, discuti... tutto aiuta.
Non puoi passare il tempo a pensare che non vuoi lavorare perchè vuoi dare amore tutto il giorno... l'amore lo apprezzi ancora di più dopo una giornata passata a lavorare. Se poi hai tutto questo amore da dare, perchè non fai volontariato? Sai quanti anziani aspettano affetto nelle varie case di riposo?
Insomma, gli sbocchi ci sono, devi solo smettere di sognare ad occhi aperti, alzare il sederino e buttarti in qualcosa. Magari non beccherai subito quello che ti piace, ma alla fine troverai la tua strada. E' importante Paolo, te l'ho già detto, il tempo passa. E poi stare tutto il giorno al pc si finisce rimpalliti. Non fa bene.
E poi sono anni che fai queste riflessioni... va bene riflettere, però poi deve seguire l'azione, i fatti. Se non ti metti in gioco, hai tutto da perdere.

Infatti,il lavoro ti permette di relazionarti con altre persone,nel bene e nel male.E ti aiuta a crescere.E poi mica si può vivere senza lavorare,a meno che non hai la possibilità di campare di rendita:)
Il volontariato è bellissimo,ti arricchisce come persona(Paolo,perchè non provi soprattutto con i bambini,oltre che con gli anziani)
I sogni aiutano anche a vivere.Ma la vita non può essere fatta solo di sogni...
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Messaggio  merla Mer Apr 15, 2009 11:49 am

lunatica ha scritto:.Ma la vita non può essere fatta solo di sogni...

Tra l'altro Paolo, riprendendo il post sul prima di dormire, se escludiamo il passaggio di Ettore con Astianatte ( Very Happy ) perchè l'iliade ha fatto il suo tempo, gli altri non sono irrangiungibili: cioè alla fin fine si tratta di una donna, magari dei bimbi, una casa al mare, con una veranda e un po' di giardino con olivi, aranci e limoni, un tavolo e delle tende di lino.

Senza lavoro è dura...ma con uno stipendio e se non vuoi trasferirti in un paese scandinavo, sono cose a cui si può arrivare, no?
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Messaggio  Viola Mer Apr 15, 2009 12:02 pm

Senza lavoro è dura... Mi si limiterebbero anche i sogni.
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Messaggio  suggestione Mer Apr 15, 2009 12:27 pm

à


Ultima modifica di sugge il Mer Apr 15, 2009 12:55 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio  suggestione Mer Apr 15, 2009 12:42 pm

Quando gioco a scacchi uso una frase provocatoria, chi sa vince chi pensa perde.

Pavely, tu sai vivere ma pensi troppo e questo non ti permette di vivere.
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Messaggio  merla Mer Apr 15, 2009 12:43 pm

che pc hai sugge?
(chiedo al moroso neosistemista)

Azz...il boss sgrida mentre il mod fa' la c**ata. Very Happy


Ultima modifica di merla il Mer Apr 15, 2009 12:44 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio  Nadir78 Mer Apr 15, 2009 12:43 pm

Sugge, mandare un messaggio privato a Paolo, no eh? Mi dici che ci azzecca sto post? Question
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