Attrazioni

Capisco quello che vuoi dire, ma la questione è che: io se sento uno che dice un'opinione, non è che sospendo il dubbio, ma invece tendo a farmi abbindolare facilmente. Quindi non è che ho torto secondo gli altri perché la mia posizione non è valida, ma il torto me lo sento dentro del tipo: beh ma mi sa che ha ragione lui, quindi non so ragionare (figuriamoci intavolare una discussione). Fai conto che se l'interlocutore comincia a fare sorrisetti o ridere dopo che ho parlato, io vorrei solo picchiarlo.

È chiaro ed è questa una delle principali fatiche dell'introiezione di un feedback sbagliato.
Anche il proprio modo di funzionare è mosso da una specie di istinto di sopravvivenza: se tu anche fossi certo di avere ragione nonostante l'opinione differente del tuo interlocutore, il tuo stesso sistema contribuirebbe probabilmente a farti mettere in dubbio la tua convinzione o farti mettere l'accento sui sorrisetti (anche perché uno che tratta con sufficienza gli altri è in genere un co**ione e la sua opinione diventa irrilevante). Per riportarti inconsapevolmente nella condizione in cui pensi di aver sbagliato, che, per quanto sgradevole, è la condizione che conosci meglio e in quanto tale è sgradevole ma comporta qualche comodità.

Anche in questo caso vale però il discorso di prima. Dato per assodato che aver introiettato un'immagine svalutante che ci hanno fornito i nostri genitori è più faticoso che aver introiettato una bella immagine di noi stessi, tuttavia tutti devono imparare a riconoscere e a distaccarsi dall'immagine introiettata e cercare di introiettare quello che desiderano e gli è utile e soprattutto è reale.
È chiaro che la brutta anatroccola fa più fatica degli altri anatroccoli. Però ha un buon motivo ed è stimolata a farla.
Agli altri anatroccoli mancano il buon motivo e gli stimoli: se lo fossero, scopriranno mai di essere cigni?
E poi...il pulcino convinto di essere cigno che si scopre anatroccolo? Sai che male quando cadi dall'altro?

Passami Andersen, mi sembrava un modo carino di sintetizzare.

Ci sono molti modi di esprimere un concetto....
come vedi l'approccio diretto non piace.
Ma le seghe mentali sono quelle che mi hanno rovinato la vita per anni e anni.
La nostra mente 'mente'. Ed è per questo che ci ammaliamo.
Perchè abbiamo pensieri distorti, che ci impediscono di vedere la realtà per ciò che è.

La depressione non è altro che questo: paura e distorsione mentale.
I discorsi diventano infiniti e non si arriva mai ad una conclusione. Questo perchè di per se stessa è ingannevole e ti devia dalla sostanza reale delle cose.

Quando hai pensieri distorti e quando la paura ti domina, non puoi far altro che continuare a stare male.
C'è da fare un percorso molto lungo di studio su se stessi, sulle proprie deviazioni mentali e sulla propria paura... perchè ognuno ha modi diversi di sentire la paura e di viverla.
E' molto complicato e anche sofferto.

E più ti perdi in discorsi vacui, meno ti avvicini alla semplicità, che è la strada per arrivare alla guarigione.
Ma in effetti, non essendo uno psicoterapeuta, non so indicarti la strada. Se non passare dal pensiero all'azione.
Perchè finchè si pensa e basta, non cambia nulla e nulla potrà mai cambiare.
Sicuramente farsi aiutare da un valido professionista è un inizio importante. Anche più di uno a volte....
Ma probabilmente per te questa è la fiera delle banalità. Posso capirlo.

e invece non hai capito.
Quello che avevi scritto qualche post fa era sì la fiera della banalità della mentalità di rassegnazione pragmatica che ritrovo in tantissimi.
Quello che hai scritto adesso è già più ragionato, e se non conteneva astio come quello precedente lo prendevo in considerazione.


e comunque: un approccio diretto può anche essere rispettoso. Il tuo era diretto ma non rispettoso.

Che poverino sei fottuto perchè tu, solo e unico nell'universo sei un soggetto ansioso a cui la mamma è il papà non hanno fatto le carezze da piccolo?
Oppure ne hanno fatte troppe?

Non ci piove che siano domande dirette, ma adesso dimmi se queste sono domande dirette e rispettose che faresti ad uno/a che non conosci personalmente.

Considerando l'alta qualità di tutti gli ultimi interventi in questo thread sento il dovere di sviluppare un po' anche il mio commento semiserio sulle seghe mentali.
Vorrei solo dire che "seghe mentali" è un concetto dai contorni per me un po' troppo vaghi che rischia di alimentare, come scrive felicemente Anonimo7, una certa "rassegnazione pragmatica", e forse anche qualcosa di peggio: una pressione a superare le seghe mentali che non tiene conto della loro eventuale funzione di equilibrio (certo precario e non ottimale) né del loro residuo potenziale euristico, o della possibilità che in un certo momento le seghe mentali possano rappresentare comunque un'intenzione della persona di prendersi cura di sé, rischia di indurre sensi di colpa paradossalmente utili a innescare nuove seghe mentali, e di facilitare tentativi ansiosi e poco ponderati di agire per discolparsi, che possono incorporare e nascondere (anziché risolvere) gli equivoci e i nodi alla base delle seghe mentali stesse.

Idealmente, credo tutti pensiamo che sia sano e importante superare le seghe mentali e spostare le energie su progetti e modi realistici di prenderci cura di noi. Io credo anche che tante volte questo superamento riesca meglio se non è indotto da un comando morale conflittuale a non indulgere nelle seghe mentali, ma invece da un tentativo di dar senso e piena dignità allo sforzo conoscitivo che esse comunque rappresentano, e ai bisogni sottostanti.
Rimuginare, è vero, è logorante. Dal momento che però succede di trovarsi a rimuginare, un modo di superare questo stato forse è trarre da esso il residuo utile (domande, curiosità, dubbi, un atteggiamento di indagine, e anche una certa abitudine a sopportare lo stress di rimbalzare tra pensieri e domande) e provare a farne un piccolo capitale per far evolvere le seghe mentali piuttosto che negarle recisamente e impedirsi volontaristicamente di indulgere in esse.
Non nego in assoluto che siano possibili atteggiamenti più rigorosi e impietosi, ma penso che sia importante immaginare che ci sia più di una strada, per superare le seghe mentali, e che spetti a ciascuno provare quella che sembra più adeguata a sé.

Consiglio personale pratico per tutti voi:

Ho 29 anni, e sono depresso da quando avevo 16 anni.
Malgrado un lavoro ben retribuito all'estero in un importante banca, non é cambiato nulla.
Se come depressione intendi la violazione di essere stati messi in questo mondo senza nostra richiesta, quasi come in minecraft, fatto di cubi dopo cubi, allora non é depressione da farmaco, é luciditá my friend.

Sono agnostico, e nel dubbio non mi suicidio, mi sono parcheggiato ed aspetto, tanto prima o poi si chiude.
Nessuno puó dirti nulla all'altro mondo (ammesso esista), e come sei arrivato fino a oggi prima o poi si esce.

Se la tua condizione é questa, lascia perdere i medici, é la visione dei fatti piú reale di questo mondo, non una malattia irrazionale senza un motivo.

Non far figli ed aspetta che finisca, tanto la nostra esistenza é limitata.