Depressione e interessi forti

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Messaggio  alinea Ven Nov 16, 2012 10:49 am

Buongiorno a tutti,
vorrei aprire un confronto su un argomento che ultimamente ho iniziato a cogliere qua e là nelle discussioni di vari psicologi sull'argomento depressione ed i trattamenti farmacologici.
In sostanza, la questione è questa: alcuni psicologi sostengono che la tendenza alla depressione sia una caratteristica normale della natura umana, che deriva dalla spiccata capacità dell'"animale uomo", di riconoscere le minacce e porre in atto tutta una serie di meccanismi di difesa. Secondo questi psicologi, quindi, questa caratteristica dovrebbe essere incanalata e "addestrata" fin dalla più tenera età, in modo da non venire sopraffatti nel corso della propria vita da un "eccesso" di capacità reattiva, ma invece imparare ad usarla a proprio favore indirizzandola nella maniera corretta. Ma questo genere di "addestramento" non viene realizzato nemmeno in "prova"...perchè?
Io dico la mia, e cioè che gli interessi delle case farmaceutiche alla produzione di antidepressivi sono troppo forti per mollare l'osso. Con questo non voglio dire che si tratti di farmaci inutili, assolutamente no, ma che sono tra i famraci più venduti al mondo insieme ai farmaci da banco per il dimagrimento...questo mi fa pensare quindi che non si tratti di un'epidemia generale mondiale che viene contenuta grazie ai farmaci, quanto piuttosto l'inverso, e cioè...non è interesse "forte" farci stare meglio, perchè ci sono grandissimi interessi a farci stare "così così" e portare avanti una guadagni ingenti. Dite che esagero? Che vedo il male dove non c'è? Mah...se consideriamo che la droga è il business più redditizio del mondo, e che nonostante esistano molti modi per indebolirlo, non ci si è mai riusciti...ditemi, secondo voi perchè? Forse...perchè dove ci sono grandi somme di denaro in gioco, non si guarda più in faccia nessuno. E con questo non voglio assolutamente insinuare che il mio/vostro medico che consiglia un antidepressivo sia un delinquente, ma solo che è il sistema che sta alla base, ad essere fortemente influenzato da politiche che sicuramente non hanno a che vedere con il bene della gente.
Ditemi la vostra, please
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Messaggio  nausiche84 Sab Nov 17, 2012 5:03 pm

anche io penso che dietro la vendita di farmaci e psicofarmaci ci siano forti interessi economici e che l'ultimo obiettivo (se esiste davvero) sia la salute del paziente..
Tra medici e case farmaceutiche c'è una buona alleanza su questo aspetto e le povere cavie, vittime, o chiamiamoli come ci pare, siano le povere persone che hanno la disgrazia di stare male.
Fatto sta che molti degli psicofarmaci venduti (forse anche tutti..ma su questo non posso metterci la mano sul fuoco) non funzionano davvero nel curare i disturbi psichiatrici. Nonostante ciò, gli psichiatri continuano a prescriverli a destra e a manca perchè infondo è l'unica arma che hanno.. Cosa altro potrebbero fare quando si presenta un paziente nel loro studio?
Non dicono la verità sul funzionamento del farmaco e sull'eziopatogenesi dei disturbi..
Della depressione, ad esempio, non si è certi delle cause.. C'è l'ipotesi biologica, quella psicologica (e all'interno di questa ci sono varie prospettive), quella genetica, ecc..
Alla luce di quel pò che si sa sono stati creati dei farmaci che su alcuni pazienti (e non si sa perchè solo su alcuni) funzionano e allora si arrangiano con quelli, curando l'interesse della propria professione e delle case farmaceutiche.


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Messaggio  Niklaswolf Sab Nov 17, 2012 7:16 pm

L'elenco completo dei campi meidici più redditizi sembra essere:

Malattie psico-neurologiche
Dimagrimento
Colesterelo
Antidolorifici
Vaccini antivirali

Sembra anche che vi siano grandi case farmaceutiche che intendono la cura della salute come il mezzo (per far soldi e tanti) e non il fine; d'altro canto se la logica che governa anche il mondo della ricerca e delle cure è quella del profitto temo non possa essere altrimenti.
Direi che la verità sta nel mezzo, quindi ci sono medici onesti e altri che sono approfittatori che "si lasciano tentare" dalle lusinghe dei produttori di farmaci, così come ci sono ricercatori che operano con fini umanistici ma anche per gloria personale e imprese farmaceutiche che operano con etica e altre no
Sembra abbastanza palese che il manuale DSM, ormai alla V edizione credo, sia stato ben bene ampliato per considerare ambiti di definizione che porterebbero a considerare quasi tutti gli esseri umani come malati: di fatto in nazioni come gli USA hanno "preso piede" malattie come l'iperattività o i deficit di attenzione che sono ben sfruttati per imbottire di psicofarmaci bambini, ragazzini e adolescenti; ma questo non significa che quei farmaci siano inutili in assoluto

Personalmente ho notato che i medici tendono a prescrivere facilmemte farmaci, per loro preparazione; lo fa il mio medico di famiglia che è una a posto, lo ha fatto il primo psichiatra a cui mi sono rivolto, sul quale nutro seri dubbi e anche il secondo che almeno c'ha beccato con un approccio ben diverso e maggiormente ponderato del precedente; diversamente la mia psicologa, quantomeno, non crede che i farmaci da soli siano (sempre) risolutivi

Altri due esempi di come vanno un po' le cose sono connessi uno ad un antidolorifico che, dopo essere stato approvato dalla FDA negli USA è stato ritirato perchè aveva una % di morti elevatissima, cosa che era stata tenuta nascosta nei rapporti inviati per l'approvazione del farmaco l'altro alla concomitanza della riduzione del livello di guardia del colesterolo da 300 a 200 proprio mentre arrivavano sul mercato nuovi farmaci per la riduzione dello stesso...

In generale non credo sia completamente un clima da "cospirazione farmaceutica" ma sembra che negli ultimi 20 anni l'attenzione si sia spostata sempre più verso mercato e profitto a discapito della bontà della cura, ed è un fatto che esistono 4 o 5 corporation farmaceutiche di dimensioni enormi che muovono masse finanziarie maggiori delle politiche di bilancio di molti stati anche occidentali, con relative azioni lobbystiche e pressioni sui medici prescrittori di farmaci
Infine, essendo noi tutti umani, anche tra i medici esistono bravi professionisti e imbecilli totali, con tutto ciò che sta nel mezzo di questi due estremi...
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Messaggio  canterel II Dom Nov 18, 2012 12:36 am

è una bella discussione e condivido diverse opinioni tra quelle presentate.
con la doverosa premessa che, anche in base ai dati della mia esperienza (indiretta, di osservazione) corre l'obbligo per me di riconoscere l'efficacia dei farmaci in tante situazioni. va accomodato il significato dell' "efficacia", considerando che se nel modo in cui immaginiamo l'insorgenza di un disagio psichico e di un disagio fisico ci possono essere delle analogie, è assai più complicato riportare l'idea di cura dell'uno a delle similitudini convincenti con l'idea di cura dell'altro.
voglio dire che se per molte malattie di tipo infettivo, e anche per traumi e lesioni di una certa entità, specie quando il paziente non è molto anziano, è possibile considerare l'esito della cura come il ripristino della condizione precedente dei tessuti e degli organi interessati,
è difficile immaginare di poter "ripristinare" oggetti come gli stati d'animo, l'emotività, le rappresentazioni mentali e i comportamenti. si tratta di funzioni e facoltà che sono naturalmente e necessariamente mutevoli, e se l'alterazione delle loro condizioni è in sé definibile come malattia, allora potremmo serenamente dire che ogni essere umano è psichicamente malato dal momento in cui comincia a sviluppare un primo nucleo di coscienza fino alla fine dei suoi giorni.
e vivaddio che il mio mondo mentale non si può "ripristinare", non "guarisce". i tentativi di predisporre tecniche per ottenere uno scopo del genere sconfinano nella fantascienza più lugubre.
quindi il farmaco agisce, non guarisce e non ripristina, in linea di massima - o almeno così io riesco a figurarmi il senso del processo.
cerca di produrre stimoli o di sopprimerne altri. il risultato percepito però è una nostra elaborazione a posteriori di queste alterazioni negli stimoli. questo rende abbastanza delicato e incerto il responso finale sulla bontà della cura.
esempio cretino: sei triste; io vengo lì e ti stimolo facendoti il solletico sotto le ascelle. magari la tua elaborazione dello stimolo è positiva, ti rilassi e scherzi con me. oppure il mio gesto urta la tua coscienza, incollerisci e mi dai un pugno, e il tuo umore peggiora.
son tante le variabili da tenere in conto.
da queste considerazioni dipende la mia sostanziale adesione alle posizioni che utenti come merla esprimono spesso sul forum: i farmaci agiscono sui sintomi, richiedono una professionalità per essere prescritti o sospesi, non è opportuno consigliarli né sconsigliarli sul forum, è auspicabile in molti casi non affidare unicamente alla loro efficacia le possibilità di riuscita di una terapia.

da queste considerazioni deriva anche un forte elemento a sostegno di quanto si dice in questo thread, cioè che è purtroppo facile che sul mercato siano diffusi prodotti che poi mostrano controindicazioni e difetti, con una tendenza all'obsolescenza, e possibilità di verifica sperimentale dell'efficacia non sempre ottime (anche in buona fede: è dimostrata l'influenza che le aspettative dei ricercatori o del campione ha sugli esiti delle verifiche).
il mercato, del resto, ha una sua fisiologia, e credo che certe connotazioni negative dei beni e dei servizi offerti prescindano dal settore, quando la produzione e la distribuzione avvengono su larga scala con le non-regole vigenti. perciò non serve immaginare cospirazioni per spiegare il conflitto di interessi e i problemi che ne derivano, e bisogna invece mettere in conto che c'è un problema sistemico. come per il mercato delle automobili, dei generi alimentari, dei prodotti finanziari, etc.


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Messaggio  alinea Lun Nov 19, 2012 10:25 am

Esatto canterel, anche io intendevo proprio ciò che hai detto in principio del tuo intervento, che può essere condensato in alcune frasi di un libro che sto leggendo ("La depressione" di Roberto Pagnanelli):

chiunque di noi, solo per il fatto di possedere un cervello, può ammalarsi di depressione. Se siamo esseri umani, come lo siamo, dobbiamo prepararci a sperimentarla, a volte anche profondamente. L'abbiamo dentro, racchiusa nei meandri della nostra mente, nei nostri occhi. Chi ci ha creati ha nascosto la depressione all'interno del nostro corpo. Il nostro cervello ha in sè tutto ciò che serve per farci stare bene o male. Benessere e malessere sono, per la sofisticata macchina umana, solo due facce opposte della stessa medaglia o, per dirla con gli anatomo-patologi e i fisiologi, due porzioni anatomiche dello stesso cervello.

E quindi il mio, più che ssere un intervento contro i medicinali, è un punto interrogativo sul fatto che, come nelle scuole si sia sviluppata la buona pratica di indirizzare i ragazzini verso l'alimentazione corretta, perchè lo stesso non viene fatto per la depressione? Perchè io davvero sono convinta che se fossimo aiutati a riconoscere questo nostro vacillare della mente e perdersi nel lago nero della tristezza e dell'inutilità di qualunque cosa, se qualcuno ci insegnasse fin da piccoli, che quesi momenti possono verificarsi, e si possono superare....ebbene, avremmo degli strumenti in più per auto-aiutarci, e per non sentirci immediatamente fuori luogo e persi e soli, non appena ci caschiamo dentro.
Io credo che chiunque di noi che sia sensibile e tendente alla riflessione, se si mette a pensare all'esistenza e a ciò che di più terribile avviene nel mondo ogni giorno, non possa che rimanere scompensato, a domandarsi che senso abbiano una marea di cose, che senso abbia vivere se dobbiamo morire, le guerre, la vita di un bimbo che deve morire di fame qualche mese dopo essere venuto all mondo, la violenza sugli innocenti, le crudeltà in genere.........è ovvio che se ci mettiamo a riflettere profondamente su queste cose, non ne usciamo con un discorso convincente, che ci faccia dire "ecco, succede questo per questo motivo, e dunque posso mettermi il cuore in pace e stare tranquillo chè la giustizia di tutto è assicurata" O siamo dei ferventi credenti, e quindi ci affidiamo in tutto e per tutto ad una visione dell'esistenza che ci rassicura, altrimenti è naturale che andiamo in crisi. E allora...beh, tutto ciò per dire che....sì, forse il nodo di tutto sta nella mancanza a mio parere di un insegnamento "laico" del senso della vita e dell'universo, nella mancanza di un aiuto a superare le difficoltà sul senso di noi stessi in un mondo che è cambiato rispetto a cent'anni fa.
Il farmaco è utile quando la sofferenza è già tanta, quando la mancanza di desiderio per la costruzione del domani da parte del depresso fa temere per la sua incolumità. Ma davvero c'è solo questa ultima possibilità per la sofferenza del vivere? Davvero non è possibile aiutarci a contrastarla giorno per giorno dalle prime domande esistenziali che ci poniamo fin da ragazzini?

Perdonatemi, sono una che fa parecchia confusione nell'esporre i suoi pensieri, spero abbiate compreso a grandi linee cosa intendo dire....
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Messaggio  nausiche84 Lun Nov 19, 2012 6:00 pm

alinea ha scritto:

E quindi il mio, più che ssere un intervento contro i medicinali, è un punto interrogativo sul fatto che, come nelle scuole si sia sviluppata la buona pratica di indirizzare i ragazzini verso l'alimentazione corretta, perchè lo stesso non viene fatto per la depressione? Perchè io davvero sono convinta che se fossimo aiutati a riconoscere questo nostro vacillare della mente e perdersi nel lago nero della tristezza e dell'inutilità di qualunque cosa, se qualcuno ci insegnasse fin da piccoli, che quesi momenti possono verificarsi, e si possono superare....ebbene, avremmo degli strumenti in più per auto-aiutarci, e per non sentirci immediatamente fuori luogo e persi e soli, non appena ci caschiamo dentro.

Alinea ho colto il senso della tua domanda e io penso che ci potrebbero essere diverse risposte al tuo perchè. Ma appena ho letto il tuo post la prima risposta che mi è venuta in mente fa riferimento alla CULTURA. Spero solo di far capire cosa penso..

"Perchè non siamo educati fin da bambini ad affrontare questo vacillare della mente?" Perchè la cultura OCCIDENTALE impone che il modello ideale di uomo è quello positivo, solare, sereno, che insegue la felicità e anche se non la raggiunge mai, deve mostrarsi felice, ottimista. L'uomo giusto è colui che vede sempre il bicchiere mezzo pieno, non è certo un amante di Leopardi e non ascolta Marco Masini o Loredana Bertè. L'uomo giusto vede positivamente i progressi della scienza e della tecnologia e non dice mai: "se non ci fossimo evoluti non avremmo inventato la bomba atomica", ma dice: "se non ci fossimo evoluti non avremmo inventato la penicillina".
Questa visione dell'uomo imposta dalla nostra cultura, fa sì che, nell'educazione di ognuno, non si dia spazio a tematiche NEGATIVE. E' come se queste venissero taciute, soffocate, perchè non è giusto parlarne. Bisogna parlare di cose belle e positive e bisogna essere educati al bello e al positivo.
Allora ecco che quando si cade nel baratro della depressione, non solo si è colti impreparati e ci si perde in mille perchè su tematiche negative che non hanno risposta (perchè la risposta non ti è stata insegnata), ma ci si sente dei DIVERSI, perchè tu non sei l'uomo che vuole la società.

Perchè quando le persone si presentano e si auto-descrivono i primi tre aggettivi che usano sono: "sono solare, socievole e simpatico". Possibile che sono tutti così, o ci si convince di questo, o ci si sforza di esserlo perchè la cultura richiede che l'uomo ideale deve essere così?
Perchè le persone timide ed introverse si sentono dei malati psichici? Forse sono i nostri modelli culturali a farli sentire dei diversi?

Le persone depresse si pongono delle domande che non sono così insensate.. Domande a cui l'uomo non troverà mai una risposta. Ma mentre gli altri fuggono da queste domande per non sentirsi dei diversi, i depressi ne diventano schiavi e ne rimangono imprigionati perchè non c'è risposta giusta che li possa far pensare: "ok, ho trovato il giusto perchè e la ragione per cui devo continuare a vivere positivamente questa vita.

Come vedi, le dinamiche culturali sono molto molto potenti, tanto da essere, a mio parere, le principali responsabili dei nostri malesseri. Non bisogna pensare a questi meccanismi come qualcosa di astratto e lontano, perchè esse implicitamente si ritrovano nei modi di pensare e di agire sia del singolo che dei sistemi, da quello familiare a quello scolastico, politico, ecc..
Le dinamiche culturali ovviamente evolvono e man mano che esse evolvono cambia anche l'incidenza dei disturbi di un dato periodo storico. Quando Freud si dedicò alla psicoanalisi c'erano in giro molti isterici... Oggi ce ne sono di meno, ma abbondano gli ansiosi, i depressi e le persone con disturbi alimentari.

Questo aspetto si riallaccia a due tematiche di cui abbiamo parlato in precedenti post. La prima è la questione farmaco: la mia spiegazione è anche una risposta al perchè non sia utile la sola cura farmacologica per i malesseri psichici, perchè certo un farmaco non può cambiare le convenzioni, gli stereotipi, i modelli di una cultura, che hanno un forte peso sulla psiche.
La seconda è la questione DSM: il manuale diagnostico, come qualsiasi altra cosa, subisce le influenze culturali: esso categorizza come "disturbo" ciò che NELLA NOSTRA SOCIETA' è considerato come non-normale, e ripeto nella nostra società.
In occidente la persona chiusa deve essere curata ed aiutata a diventare estroversa, infatti "l'introversione" in psicologia e psichiatria è considerata un tratto negativo della persona. Ma, immagina una cultura dove invece sarebbe l'opposto, cioè dove l'ideale di uomo è la persona introversa e riservata e, invece, una persona socievole e aperta viene considerata non-normale... I criteri del DSM non sarebbero considerati validi in quella cultura e magari quella gente userebbe quel manuale per accendere il fuoco...!
Altro esempio: nella nostra cultura la pelle lentiginosa è considerata una malattia della pelle, esiste invece una tribù (di cui non ricordo il nome) dove questa caratteristica della pelle è considerata un aspetto di cui vantarsi..
I concetti di normalità e patologia dunque sono RELATIVI, ossia hanno valore solo se consideriamo la cultura in cui vengono formulati..
Aimè, nella nostra cultura la persona che si sofferma troppo su tematiche esistenziali e che ha un umore cupo, non è considerata normale e deve subire il giudizio sociale.

Mi scuso se mi sono dilungata troppo..


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Messaggio  marco7 Mar Nov 20, 2012 2:45 am

le case farmaceutiche non fanno i farmaci per fare beneficenza ma per guadagnare soldi.

questo però non significa che i farmaci siano un imbroglio o una droga. Sono utili.

prima dell'avvento degli antidepressivi e dei medicamenti contro la schizzofrenia i manicomi erano pieni di gente che stava malissimo e rinchiusa in ospedali psichiatrici per anni. con i farmaci la psichiatria è cambiata e ci sono poche persone che vivono anni in ospedali psichiatrici e penso che anche questi pochi vivano meglio di come vivevano un tempo i malati psichici.

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Messaggio  alinea Mar Nov 20, 2012 8:35 am

Nausiche e voi tutti che avete risposto a questo mio post, vi ringrazio. Perchè avete detto tantissime cose che mi hanno fatto riflettere, e soprattutto perchè il vostro modo approfondito e competente e estremamente ragionato di rispondere, mi rafforza ancora di più nella certezza che in questa società chi guarda al di là delle cose c'è, e decisamente non è un caso che a soffrire del male dell'esistere siano persone che riflettono sulla vita. Grazie mille, leggendo voi mi sento il cuore riscaldare perchè vedo che i miei interrogativi, i miei dubbi, così come i vostri, sono qualcosa di assolutamente diverso da "domande di una persona debole e incapace di affrontare la realtà" come spesso mi sono sentita dire. Grazie
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Messaggio  marco7 Mar Nov 20, 2012 11:51 am

alinea ha scritto:.... "domande di una persona debole e incapace di affrontare la realtà" come spesso mi sono sentita dire. Grazie

forse chi ti ha detto questa frase sono persone che credono di vivere la realtà me in realtà non sanno soffermarsi ad osservare la realtà. Passano veloce vicino alla realtà come qualcuno che vede il paesaggio passando in autostrada.

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Messaggio  nausiche84 Mar Nov 20, 2012 12:31 pm

alinea ha scritto: "domande di una persona debole e incapace di affrontare la realtà" come spesso mi sono sentita dire. Grazie

Facile dire una frase simile a chi si sente abbattuto a causa del suo malessere. E' come sparare sulla croce rossa. Quante cose che potei dire e ipotizzare rispetto a chi ti ha detto questa frase.. Ma non mi voglio dilungarmi di nuovo, dico solo che quoto al 100% quello che ha detto marco.
E posso anche capirti se in certi momenti ci hai creduto, perchè chi sta male pensa automaticamente di essere un debole, dato che non ce la fa a stare bene. Chi ha questo malessere non è debole, forse è sfortunato per avere una sensibilità maggiore che l'ha portato a certi interrogativi e ad una maggiore vulnerabilità a certi eventi della vita..

"Debole è solo questa società che non sa aiutarci"..
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Messaggio  -Nessuno- Mar Nov 20, 2012 6:53 pm

Io credo sinceramente che per le malattie di DEPRESSIONE, non per quelle di schizofrenia o psicosi, gli psicofarmaci siano inutili e controproducenti, loro e gli analisti pure. Sto ultimamente interessandomi a correnti di pensiero diverse da quelle della psicologia e della psicanalisi, che ritengo sostanzialmente inutili. Con correnti diverse intendo non religioni o altro, intendo fondamentalmente soltanto una cosa: la logica. E' l'unica disciplina che puo aiutare. Perché pensare le cose dal punto di vista logico aiuta -almeno- a capire DOVE sta il problema. E spesso e volentieri si viene a scoprire che è questione di equilibrio. Per me, poi non so, la maggior parte dei depressi, non tutti, ha subito dal mondo esterno un trattamento crudele e meschino. Queste persone spesso e volentieri non hanno voce, e io dico, può veramente un analista dall'alto del suo studio pieno di quadri e libri costosi, con il lettino in pelle e tutto quanto, spiegare a un povero cristo come deve "relazionarsi al mondo"? La verità è che dalla depressione si può uscire solo se si accetta una cosa: l'infelicità. La felicità non dipende solo da noi stessi, ma anche da tutto ciò che ci circonda. Ci sono persone che riescono a illudersi che vada tutto bene quando invece va tutto male e si dicono"felici lo stesso", o altre che giustificano tutto con cavolate come il kharma ecc. In realtà l'infelicità, vera causa della depressione, ha delle origini ben precise nella vita di ognuno e l'unico modo per vincerla è controbilanciare quell'evento negativo che ha fatto scatenare tutto.

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Messaggio  in-felice Mar Nov 20, 2012 7:54 pm

Straquoto il messaggio dell' utente nessuno

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Messaggio  nausiche84 Mar Nov 20, 2012 9:10 pm

-Nessuno- ha scritto:Sto ultimamente interessandomi a correnti di pensiero diverse da quelle della psicologia e della psicanalisi, che ritengo sostanzialmente inutili. Con correnti diverse intendo non religioni o altro, intendo fondamentalmente soltanto una cosa: la logica. E' l'unica disciplina che puo aiutare. Perché pensare le cose dal punto di vista logico aiuta -almeno- a capire DOVE sta il problema.

Guarda caso questo è il fondamento della psicoterapia cognitiva!



-Nessuno- ha scritto:Io credo sinceramente che per le malattie di DEPRESSIONE, non per quelle di schizofrenia o psicosi, gli psicofarmaci siano inutili e controproducenti, loro e gli analisti pure. può veramente un analista dall'alto del suo studio pieno di quadri e libri costosi, con il lettino in pelle e tutto quanto, spiegare a un povero cristo come deve "relazionarsi al mondo"?

Leggendo mi chiedo di quale depressione stai parlando?
Il probl è che nella parola depressione rientrano vari tipi di disturbi depressivi. Non esiste la depressione, ma esistono le depressioni, c'è quella reattiva, quella stagionale, la distimia, ecc.
Che i farmaci siano inutili nella depressione vallo a dire a chi soffre di una depressione psicotica, ossia associata anche ad allucinazioni. Senza i farmaci sarebbero tormentati giorno e notte dalle loro allucinazioni. Mio zio era costretto ad ascoltare tutto il giorno musica con le cuffie perchè diceva di sentire un continuo rumore (appurato che non aveva problemi all'udito) che lo faceva impazzire..

E' vero in alcuni casi i farmaci non servono, in altri si, in altri è utile la psicoterapia, in altri no, alcuni possono farcela da soli, altri no.. Dipende di quale disturbo stiamo parlando.
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Messaggio  -Nessuno- Ven Nov 23, 2012 2:26 am

nausiche84 ha scritto:
-Nessuno- ha scritto:Sto ultimamente interessandomi a correnti di pensiero diverse da quelle della psicologia e della psicanalisi, che ritengo sostanzialmente inutili. Con correnti diverse intendo non religioni o altro, intendo fondamentalmente soltanto una cosa: la logica. E' l'unica disciplina che puo aiutare. Perché pensare le cose dal punto di vista logico aiuta -almeno- a capire DOVE sta il problema.

Guarda caso questo è il fondamento della psicoterapia cognitiva!



-Nessuno- ha scritto:Io credo sinceramente che per le malattie di DEPRESSIONE, non per quelle di schizofrenia o psicosi, gli psicofarmaci siano inutili e controproducenti, loro e gli analisti pure. può veramente un analista dall'alto del suo studio pieno di quadri e libri costosi, con il lettino in pelle e tutto quanto, spiegare a un povero cristo come deve "relazionarsi al mondo"?

Leggendo mi chiedo di quale depressione stai parlando?
Il probl è che nella parola depressione rientrano vari tipi di disturbi depressivi. Non esiste la depressione, ma esistono le depressioni, c'è quella reattiva, quella stagionale, la distimia, ecc.
Che i farmaci siano inutili nella depressione vallo a dire a chi soffre di una depressione psicotica, ossia associata anche ad allucinazioni. Senza i farmaci sarebbero tormentati giorno e notte dalle loro allucinazioni. Mio zio era costretto ad ascoltare tutto il giorno musica con le cuffie perchè diceva di sentire un continuo rumore (appurato che non aveva problemi all'udito) che lo faceva impazzire..

E' vero in alcuni casi i farmaci non servono, in altri si, in altri è utile la psicoterapia, in altri no, alcuni possono farcela da soli, altri no.. Dipende di quale disturbo stiamo parlando.
Lungi da me fare a gara a chi ne sa di piu, te lo dico subito, non sono nessuno e non voglio assolutamente iniziare quelle lunghe discussioni on line in cui uno sminuzza i messaggi dell'altro con tono accademico. Ti dico solo che io ho scritto, come tu hai riportato: FATTA ECCEZIONE PER LE PSICOSI, quindi il tuo "vallo a dire a chi soffre di depressione psicotica" non rientra in cio di cui parlavo, come infatti avevo detto. Di che depressione parlo? Parlo della depressione non associata a disturbi della personalità come la schizofrenia o a disturbi dei sensi come il delirio. Parlo di chi sta male, dello spleen baudeleriano se vogliamo dare un esempio letterario, del mal di vivere del 900, di tutte quelle cose a cui oggi nessuno risponde. Per quanto riguarda la psicoterapia cognitiva, per me, non serve a niente. A parole indagano il problema, ma non riescono a dare alcuna risposta logica su come superarlo. Nessuna. Ribadisco concludendo che gran parte della depressione nasce da un'infelicità che il medico chiama malattia perché non sa come trattarla.


Ultima modifica di -Nessuno- il Ven Nov 23, 2012 2:29 am - modificato 1 volta.

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Messaggio  -Nessuno- Ven Nov 23, 2012 2:27 am

in-felice ha scritto:Straquoto il messaggio dell' utente nessuno

Smile

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Messaggio  merla Ven Nov 23, 2012 6:24 am

-Nessuno- ha scritto: A parole indagano il problema, ma non riescono a dare alcuna risposta logica su come superarlo. Nessuna.

Beh, sai, a volte la risposta logica non è necessariamente quella che aiuta a star meglio [oltre a non essere stata trovata, evidentemente, per lo spleen baudelairiano].
Da una parte l'emotività influenza notevolmente la razionalità per cui non è detto che per tutti sia davvero alla portata una soluzione logica o razionale, d'altro canto secondo me gli stessi concetti di infelicità e/o sofferenza, come di bene o di male, non sono mediati dalla razionalità.

Quello che volevo scriverti, in ogni caso, è che la mia esperienza di psicoterapia è diventata particolarmente efficace attraverso metodi tutt'altro che logici: una serie di piccoli cambiamenti apparentemente scollegati dai miei problemi principali e certamente dalle cause e degli esercizi di consapevolezza (oltre successivamente a delle sedute di EMDR) mi hanno smosso una serie di, chiamiamoli insight (il primo mi ha mandato in giostra per una decina di giorni) che continua in maniera un po' meno intensa a distanza di mesi e che mi hanno consentito di cambiare atteggiamenti e di iniziare a correggere alcune disfunzionalità.
Nessuno di questi insight ha tirato fuori cose che non sapevo o non capivo, ma ha portato alla luce un mio modo di percepire di non cui ero cosciente.

In ogni caso, si tratta della mia esperienza e non di una regola di vita. Del resto, come mi disse il mio primo psicologo, "la psicoterapia vale per chi ci crede".
Saluti
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Messaggio  canterel II Ven Nov 23, 2012 9:57 am

personalmente non sarei pronto a giurare sull'estraneità dello spleen baudeleriano al quadro di una sindrome maniaco depressiva grave o di una demenza precoce.
ho il sospetto che senza la protezione garantita all'autore dallo status sociale dei genitori, e dal patrimonio che fu in grado di dilapidare con esemplare velocità, finché la madre non si vide costretta a interdirlo e a nominare un curatore (procedura che oggi, in effetti, è prevista dalla legge per casi di totale o parziale incapacità di intendere e volere), il grande padre della modernità letteraria sarebbe stato ospedalizzato molto prima della sua agonia terminale consumatasi sotto le cure estreme di suore inorridite dai tonanti e ben poco parnassiani bestemmioni proferiti dal dandy sul letto di morte.
per fortuna sua e dell'umanità, baudelaire fu invece abbastanza scaltro da schivare l'istituzionalizzazione e il carcere, probabilmente proprio grazie alla folle prodigalità delle spese che gli permise di infiltrarsi e di rendersi riconoscibile tra le pieghe della bella società infatuata della nuova poesia e della nuova pittura, e grazie anche al fatto che ebbe cura di autodistruggersi molto rapidamente prima di raggiungere i cinquant'anni (per un pelo, comunque, considerando che alla sua morte non gli restava, se non sbaglio, altro che debiti e denunce).
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Messaggio  nausiche84 Ven Nov 23, 2012 10:01 am

Nessuno, in effetti merla ti ha dato già la risposta, la psicoterapia, come per altre cose, vale per chi ci crede.. E' come la religione insomma...

Io comunque sono una di quelle che vede il corpo e la psiche come un tutt'uno e quindi se c'è uno scompenso in uno, c'è anche nell'altro e viceversa.. Per questo sostengo entrambi gli approcci, farmacologici e psicologici.. Poi bisogna vedere caso per caso.. Magari in uno conviene solo il primo, in uno solo il secondo, ecc.
L'unico probl della cura farmacologica è che, a mio avviso, ancora non si è arrivati a una completa comprensione di quali siano veramente gli scompensi biologici che stanno alla base di certi disturbi, per questo non si capisce perchè alcuni migliorano con queste cure e altri no.. Ci si arrangia su quello che si sa ora e con i farmaci che si hanno ora a disposizione.. E non lo dico perchè ne so più di te, sono pareri personali, come i tuoi.
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Messaggio  -Nessuno- Ven Nov 23, 2012 1:31 pm


nausiche84 ha scritto:Nessuno, in effetti merla ti ha dato già la risposta, la psicoterapia, come per altre cose, vale per chi ci crede.. E' come la religione insomma...

questo lo condivido, solo che sono ateo:) scherzi a parte...probabilmente anzi sicuramente, lo dico sul serio non per piaggeria, di psicologia io so poco, casomai so piu di psicanalisi che ho in parte studiato ma di cui non mi fido, dicevo, ho capito le vostre opinioni ma in realtà non stavo facendo una crociata contro la scienza, semplicemente riprendevo l'argomento iniziale, e mi trovavo d'accordo a dire che spesso e volentieri si da alla scienza il compito che società ed individui non riescono ad assolvere. In questa società e con questo mondo non c'è alcuna prevenzione per la depressione. Ed è lì, per me, che si dovrebbe agire. A livello sociale ed esistenziale. Io posso dirti che credo francamente che una persona, con solo il 30% dei miei ricordi, si toglierebbe la vita all'istante. Se sono in piedi è grazie alla forza di volontà che diventa qualcosa di primordiale, istinto di sopravvivenza e resistenza. Ma questi traumi, di cui nessuno ovviamente sospetta nulla, me li porto non perché sono "depresso", ma perché quando una persona viene fatta oggetto di violenze psicologiche e fisiche immani la psicoterapia temo non abbia soluzioni, tutto qua. Parlo per me per correttezza, ma potrei parlare anche di altri miei amici che, sia pure in forma un po' più lieve, hanno avuto esperienze analoghe alla mia.

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Messaggio  nausiche84 Ven Nov 23, 2012 3:12 pm

[quote="-Nessuno-"]
nausiche84 ha scritto: semplicemente riprendevo l'argomento iniziale, e mi trovavo d'accordo a dire che spesso e volentieri si da alla scienza il compito che società ed individui non riescono ad assolvere. In questa società e con questo mondo non c'è alcuna prevenzione per la depressione. Ed è lì, per me, che si dovrebbe agire. A livello sociale ed esistenziale.

su questo sono d'accordo.. Come detto in un alto post non è debole l'individuo che soffre per un problema, ma è debole la società che non sa aiutarlo, nè in senso preventivo, nè curativo.
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