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Messaggio  eros Mar Set 05, 2017 4:43 am

Salve a tutti, lascio qui sotto un piccolo pensiero che mi è venuto alla mente in questa insonne notte settembrina, spero vi piaccia per quanto sia un po' triste, non scrivo molto, anzi è la prima volta...perdonate errori eventuali!

"Eccolo l’ennesimo esemplare di umanità alle prese con il suo IO, che suo è  e di nessun altro; in questa continua lotta interna che sfianca lui e chiunque altro come lui nel mondo. A volte penso a quanto sia assurdo che ognuno di noi sappia dentro di sè di essere speciale, di avere qualcosa in più o in meno rispetto agli altri, di essere migliore o peggiore, nonostante la certezza sia solida nella nostra mente che questo è un pensiero che tocchi  tutti quanti. E allora in cosa consiste la nostra diversità, siamo davvero tutti uguali alla “fine della fiera”? Non lo so. Forse è proprio questo, la differenza sta proprio qui, la consapevolezza di se ma soprattutto del “tutto", come qualche altisonante nome della filosofia avrà sicuramente già spiegato. E qual’ è questa consapevolezza? Sapere che in fondo un senso non c’è in questo teatrino  che chiamiamo Vita?Forse invece anche il poter pensare che tutto ciò non abbia senso non implica per sua natura che un senso lo abbia? Ah maledetto Platone(o chi per  lui)!  Io questo non lo so, so solo di essere maledetto da una domanda che perseguita i miei pensieri e annebbia la mia vista sin da quanto la mia altrettanto annebbiata mente può tirar fuori ricordi. Una domanda così pesante ma allo stesso tempo così vuota, capace di plagiare il tranquillo iter della mia vita : “e quindi?”.  

L’idea di una famiglia , un lavoro stabile e tutte quelle altre cose che già sai (non ho bisogno di dilungarmi troppo) non mi spaventano, mi affascinano anzi; so anche e per certo che potrei essere in grado di vivere in quel modo, di questo io sono certo, e anche IO lo sa e prontamente mi propina la fatidica domanda: “ e quindi?”                                                                            
Posso dunque immaginarmi in un appartamento, possibilmente un trilocale, con una donna al mio fianco, che sappia rispettarmi e di cui io abbia rispetto, due bellissimi marmocchi con altrettanto bellissimi riccioli neri, e perché no anche un lavoro gratificante;  ok, “ e quindi?”                                                                                      
Mi rendo perfettamente conto del rischio di poter tediare qualcuno con questi discorsi vuoti e probabilmente sconnessi, già sentiti, già superati , ma io scrivo, anzi pigio dei tasti su di una tastiera non di certo per compiacere te, come tanto meno il mio ego, lo faccio perché non ha senso farlo ma allo stesso tempo non avrebbe senso non farlo, e allora grazie a quest’intuizione capisco la contraddizione della nostra condizione. Avere un lavoro, una casa, una famiglia accanto, ricoprire un ruolo, avere uno status, soffrire per qualcosa o gioire per altre è veramente ciò per cui vale la pena affaticarci? Ossessionati da questa ricerca continua di quella che ci hanno ( ancora devo capire chi) definito come Felicità. Sei felice quando sorridi? Quando provi delle sensazioni? Quando sei soddisfatto di quello che sei?                                            
  Io però devo iniziare ad essere sincero, almeno qui ed ora:  non penso la felicità faccia per me. Si può dire vero? Senza risultare per forza il solito ragazzino depresso che non cerca di cambiare la propria ignobile esistenza  a causa della sua pigrizia o delle sue insicurezze? Lo ripeto, so che la felicità, o almeno un suo surrogato, potrebbe essere possibile per me … E se dicessi che non sono interessato? Anzi, per meglio dire, e se a parer mio, e anche di IO, il concetto di felicità non esista così come quello di infelicità, o di rimpianto, o di amore? Spero vivamente di non essere l’unico a pensarlo. Tengo anche a precisare che il mio non è una discussione  di nessun tipo sui massimi sistemi o sulle stravaganze retoriche, anzi, lungi da me, il più delle volte odio quelle letture, quasi quanto le altre, ma forse anche di più; quando dico che per me il concetto di felicità non esiste, intendo però, che io non riesco a percepirlo,sia a livello di sensazioni che altro, tutto qui. Non intendo plagiare o indottrinare nessuno, è contro la mia natura, vorrei solo spogliarmi una volta tanto dei costrutti che ci siamo autoimposti, o che almeno io mi sono imposto, e discutere delle cose in completo abbandono al flusso di coscienza, non voglio mettere i punti nel modo giusto, ne tantomeno essere ossessionato dal voler costruire frasi del tutto comprensibili o che seguano un determinato stile di scrittura o senso logico. In questo la mia sconfinata ignoranza mi può aiutare: l’aver letto pochissimi libri mi ha reso forse un pelo più “libero di pensare” che il mio sia un “pensiero libero” , o forse è solo presunzione e auto-convincimento di un ignorante incurante di esserlo.                                                                                                                      
 Chiedo allora a te, a te che stai dall’altra parte, che altro non sei che il mio riflesso nello specchio, di soffermarti con me per qualche istante su quelle cose da cui cerchiamo sempre di scappare forse solo perché crediamo che ci rendano pesanti e noiosi; bhè allora io chiedo a te di fare uno sforzo, sii noioso,palloso e anche un po’ critico, sii quello che il mondo non vuole che tu sia, tenendo a mente l’unica certezza:  non sei il solo, se questo può consolarti(o forse questo lo sto dicendo a me stesso).
Non è forse un atto di rivoluzione silenziosa quello di scegliere di non voler seguire il sentiero battuto ma anzi scegliere di stare fermi, aspettare, non sentire la necessità di dover dirigersi da nessuna parte;non è questo l’andar contro corrente? Per quanto contradditorio possa essere l’andare contro qualcosa stando fermi. In fondo se analizzassimo i contesti che ci circondano cosa noteremmo? Bhè non è facile dirlo o scriverlo così di getto ma ci voglio provare nel modo più umile possibile, anche solo per mettere un po’ di ordine in questa scatola nera ormai in corto circuito che è la mia testa.                                                                                            
 Dai lo sappiamo tutti, chi più o chi meno, ci viviamo tutti i giorni in questo pazzo, folle e marcio mondo, sappiamo cosa dovremmo essere o non essere, quello che dovremmo dire o non dire in quella determinata occasione, come dovremmo o non dovremmo comportarci; e come rispondiamo a queste pressioni che ci cadono addosso manco l’ascia del boia sul collo? Diventiamo anticonformisti, ci vestiamo di ridicolo e da ridicoli, sosteniamo che il mondo sia pazzo folle e marcio e che sia tutto sbagliato.
Sentiamo che c’è qualcosa di sbagliato in questo “sistema” (ironicamente amo questa parola in questa accezione) ma non riusciamo a trovare un modo per opporci a ciò senza ricreare gli stessi schemi e dinamiche di cui tanto ci lamentiamo; l’unica cosa che mi salva da questa più che efficace trappola  è il mio sapere di non avere mai la certezza della verità, la sicurezza di essere incerto su qualsiasi idea, il fatto che mi svincolo dalle mie stesse convinzioni come se fosse niente. Quello che oggi è il pensiero predominante in me, quello che condiziona il mio vivere, come ad esempio la filosofia del pensiero o un ideologia, potrebbe tranquillamente essere rivalutato, rinnegato o disprezzato  domani, e non ne sarei traumatizzato. Così come si sfogliano le pagine di un libro e si passa al capitolo successivo, è per me, dunque, impensabile credere di poter trovare mai una soluzione reale a questo imbroglio chiamato esistenza. E’ forse questa una fortuna o una maledizione? Questo mi chiedo, e a questo non riesco a trovar risposta.  
Devo veramente arrendermi al fatto che avrei preferito essere qualcun’ altro, magari meno astratto, più pragmatico e con i piedi ben saldi al terreno? Devo veramente accettare che sarebbe stato meglio? Questo vorrei,ma questo so che non farò mai. Gioire delle piccole cose, avere una famiglia che si prenda cura di te, rapporti umani che in qualche modo sappiano soddisfarti, qualcuno con cui confidarsi e a cui sia disposti a donare qualche istante della propria essenza,ridere,mangiare di gusto,fare l’amore quello vero; questo non è forse quello a cui aspiriamo tutti? Ma io tutti non sono, questo ormai l’ho capito, ciò che ad oggi ancora non mi è chiaro è cosa fare dopo essere arrivati a questa conclusione.
Qualcuno potrebbe leggere questo sfogo come il mero e infantile tentativo di un qualsiasi cinico poco amante della vita di chiedere aiuto, e questo forse è. E’ però anche vero che sono abbastanza consapevole della mia condizione, e sono convinto che in questo momento non sia la depressione a parlare,ma bensì che alla base di questo mio delirio lucido non ci sia altro che il ragionamento . Potrebbe essere visto come il risultato di questa civiltà a tratti fredda e a tratti spietata che ci porta ad essere così vicini ed allo stesso tempo così lontani che comporti il malessere mio e di tutte quelle persone che sentono quello che sento io; ma almeno nel mio caso, non credo sia il motivo scatenante. So bene che la depressione, ovvero questo vagare alla ricerca  di qualcosa che non si sa bene cosa sia senza neanche avere la vista per cercarla, la strada giusta,possa essere curata, che sia attraverso terapie o altro, ma siamo davvero sicuri che ci sia modo di guarire da una convinzione ? Una convinzione che sappiamo nel profondo di noi essere contro noi stessi, una convinzione talmente importante da far sgretolare tutte le altre, talmente forte da farti dubitare di tutto, anche di poterla in un qualche modo superare,  che allo stesso tempo è, però, talmente banale e semplice che non mi va neanche di descrivere;  posso solo sperare che ci tu ci sia già arrivato, ma penso proprio di si. Il menefreghismo, l’apatia, l’essere arrendevoli,annoiati: semplici risultati di questa forma mentis con cui ormai ho passivamente fatto pace.

A volte mi sento come se fossi un bambino messo di fronte ad uno spettacolo di marionette , tutti gli altri bambini gioiscono del fatto che i pupazzi siano divertenti e abbiano  voci cartoonesche , ed anche io ne gioirei, se solo non vedessi le mani del marionettista, ed attonito e quasi deluso mi chiedo come gli altri non le vedano, o come riescano a dissimulare così bene nel caso se ne fossero accorti. E allora io rimango lì, in silenzio, con le orecchie colme di risate e di voci buffe, a tratti insopportabili, senza avere neanche la forza di andarmene, di arrabbiarmi per la bugia che mi è stata propinata;  solo.
Non essere in alcun modo agente nel mondo, non lasciare nessuna traccia di me se non il vuoto, questo è forse quello che mi rimane da fare , continuare a fare ciò che sempre ho fatto, essere uno spettatore di questa grande telenovela in cui mi sono ritrovato, senza aver avuto la possibilità della più misera scelta, senza avere le forze di cambiare canale e, lentamente, lasciarmi andare ad un profondo sonno da cui spero possa trarre benefici.
Rileggendo quello che ho scritto sta notte mi sono accorto di quanti punti di domanda siano presenti in sole due paginette striminzite … forse dovrei pormene meno, di domande , nel frattempo fumo una sigaretta, magari mi passa =)"

eros

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