Flusso di Coscienza. Attacchi di panico.

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Messaggio  Federico90 Lun Giu 03, 2013 4:23 pm

É come vivere costantemente nel momento massimo di caduta. Completamente staccato dalla realtà, ottenebrato dall'angoscia, soffocato da un malato meccanismo autoreferenziale, autoalimentante di devastazione.

Mi fa male pensare al fatto che sento una stretta costante al collo, mi fa male pensare che sentendola sicuramente la avvertono le persone che stanno vicino a me, e mi fa male pensare che faccio male alle persone che sentono male perché le faccio stare male, perché sto male. É l'inferno; non sulla terra, no, perché questa non è terra, non è la realtà, è uno spazio bianco in cui ci sono io, e cado. Incessantemente, implacabilmente.

E ogni tentativo di presa di coscienza, ogni speranza che per un solo stante mi fa sentire di essere solo un essere umano, solo un animale- che mi permette di inserire questo inferno in un disegno più ampio, torna indietro come un boomerang depersonalizzante, opprimente annichilente.
E allora inizio a pensare ossessivamente alla mia "vecchia" vita, quali erano i meccanismi che prima mi erano così chiari e che ora non sono mai stato così lontano dal comprendere. Cosa mi permetteva di illuminare le persone con il mio famoso sorriso aperto?
Con delle linee così armoniche che creavano armonia anche negli altri, e la stessa armonia che infondevo negli altri mi tornava. Ma tutto questo si è rotto, un passaggio è venuto meno e non ne capisco il motivo.

É come una cinepresa che parte dal tuo cervello e ha in se stesso l'oggetto dell'inquadratura, è come cercare di comprendere l'essenza, la storia, il destino di tutte le api che compongono un alveare mentre volano in modo casuale eccitate da qualche reazione chimica avvenuta nel loro cervello che le fa sentire aggressive e ansione, è come cercare di comprenderne ogni singolo movimento, e sentire la frustrazione per non poterle guardare tutte allo stesso tempo, per non poterle comprendere.

É l'amara consapevolezza dei vostri meccanismi disfensivi che vi portano, leggendo tutto questo, a prendere le distanze, ad alleggerire; mi sembra di sentire le vostre voci "passa tutto, prima o poi, è solo un momento, dipende da te" ma se dipende da me, allora è chiaro del perché sto così, è chiaro che se una cosa dipende da me e la vivo così male, vivrò male. É la snervante consapevolezza che la vostra non è la realtà, ma è la cessazione delle domande, è l'accettazione di una realtà semplicistica che mi tortuto di non riuscire ad accettare.
La cosa che non avete capito è che io ci sono già passato da quella verità, tutto quello a cui voi avete pensato, io l'ho già pensato e superato e tutto mi torna indietro (vedi boomerang). Sono come un naufrago che ha fame di verità e l'unico modo per raggiungerla e affrontare tutte le api è facendole passare tutte in fila ordinata da un buco stretto, scrivendo, esprimendomi e affrontando l'oblio della mia oscura mente come gli spartani fecero nella battaglia delle termopili; le mie mura focie, l'unica cosa che mi tieni in vita e mi permette di non impazzire è scrivere. Ma gli spartani persero quella battaglia, i loro nemici trovarono un varco laterale, una via traversa. Io sono geneticamente portato a creare quella via, e altrettanto geneticamente a martoriarmi l'animo, a non darmi pace, a sentirmi colpevole di tenerla viva, di lasciare quel piccolo spazio che permette puntualmente di sabotarmi.

Vorrei solo tornare a sentire Il "sound of silence".

Federico90

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