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Messaggio  stellinastellina Dom Gen 19, 2020 1:40 am

Ciao...
mi presento.
Sono una ragazza, ho 28 anni e da qualche anno credo di soffrire di depressione. Dico "credo" perché non ho nessun pezzo di carta che lo attesta, né un quadro clinico, ma sono stata in terapia per pochi mesi e mi fu prescritto un antidepressivo dallo psichiatra (mai preso) quindi penso che fosse stato riconosciuto un qualche problema.
Premetto che sono qui perché in questo momento ho un grosso problema che non riesco ad affrontare direttamente con altre persone nella vita quotidiana ed è: la comprensione e la comunicazione.
Mi sento sempre più in una bolla ovattata, un guscio impermeabile e insonorizzato che mi allontana da ogni stridio e ogni persona umana. Sto andando sempre di più dentro un tunnel di sfiducia verso l'essere umano. Non voglio considerarmi una pessimista, non penso di esserlo, mi definirei più una realista ma la cosa più grave per me ora è l'incomunicabilità, l'isolamento, il lento declino della fiducia. Mi sono accorta che è un processo lento e disgregante, come una malattia degenerativa. Ti mangia sempre più e trovi quasi sollievo nell'ammettere una grande e silenziosa sconfitta. Ecco il mio stato ad oggi. Questo mio messaggio forse è uno degli ultimi gridi di speranza, il barlume del cambiamento che ancora non mi ha abbandonato. Non so cosa cerco, forse comprensione e ascolto da qualcuno qui che forse si sente come me. Siamo mondi infiniti e profondi. Avrei tanto da dire eppure ne parlo solo con sconosciuti, il fardello di dover nascondere un grande dolore che non viene capito. Il sentirsi alieni tra alieni e non riuscire più a parlare.
Spero che qualcuno qui abbia sentito risuonare le mie parole dentro di lui/lei perché questo cerco. Risonanze in un mondo d'ovatta dove la musica è un tonfo sordo e io non sento più nulla. Ciao.

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Messaggio  canterel II Dom Gen 19, 2020 12:04 pm

ciao stellinastellina,

forse capisco come ti senti, e penso anche che la difficoltà di parlarsi e di comunicare a vari livelli sia un problema che tante persone incontrano nella loro vita.
Ma tu come ti spieghi la crescente sfiducia di cui parli? Hai provato a capire se c'è qualcosa di fondamentale che ti delude, che ti respinge, nella comunicazione che hai con gli altri? Ci sono delle aspettative tradite?
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Messaggio  Oudeis Dom Gen 19, 2020 4:37 pm

Comunicare? Per dire che cosa? Mi accorgo spesso di aver niente da dire, da condividere. Comunque spero tu possa trovare una via d'uscita.

Ciao

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Messaggio  stellinastellina Lun Gen 20, 2020 12:30 am

canterel II ha scritto:ciao stellinastellina,

forse capisco come ti senti, e penso anche che la difficoltà di parlarsi e di comunicare a vari livelli sia un problema che tante persone incontrano nella loro vita.
Ma tu come ti spieghi la crescente sfiducia di cui parli? Hai provato a capire se c'è qualcosa di fondamentale che ti delude, che ti respinge, nella comunicazione che hai con gli altri? Ci sono delle aspettative tradite?

La crescente sfiducia è dovuta ad un’amara consapevolezza maturata con l’esperienza. Mi delude la mancanza di comprensione, di comunione, di forti principi. Ma soprattutto sento non solo di non essere capita ma soprattutto di non poter condividere il dolore né il desiderio di liberarmene. È come se la solitudine in tutto questo mi avesse totalmente prosciugato la voglia di condividere la gioia e le cose belle. Non mi sento di essere l’unica... tutti proviamo dolore ma è come se parlassi un linguaggio diverso dalla maggior parte delle persone e mi sento vome se avessi una museruola, come se fossi in gabbia e la gente sentisse solo i miei rantoli anziché le mie parole.

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Messaggio  stellinastellina Lun Gen 20, 2020 9:46 am

Oudeis ha scritto:Comunicare? Per dire che cosa? Mi accorgo spesso di aver niente da dire, da condividere. Comunque spero tu possa trovare una via d'uscita.

Ciao

Grazie...
Comunicare i propri sogni, debolezze, pensieri, idee... Tutto.
Ma soprattutto i nostri movimenti profondi. È come se avessi capito che non potrò mai parlarne con nessuno senza che questi mi abbandoni e ciò mi ha fatto cadere in un baratro di solitudine perpetua.

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Messaggio  Oudeis Lun Gen 20, 2020 11:13 am

Su questo forum troverai utenti che potranno ascoltarti e condividere le tue emozioni.

ciao

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Messaggio  canterel II Lun Gen 20, 2020 1:50 pm

stellinastellina ha scritto:
La crescente sfiducia è dovuta ad un’amara consapevolezza maturata con l’esperienza. Mi delude la mancanza di comprensione, di comunione, di forti principi. Ma soprattutto sento non solo di non essere capita ma soprattutto di non poter condividere il dolore né il desiderio di liberarmene. È come se la solitudine in tutto questo mi avesse totalmente prosciugato la voglia di condividere la gioia e le cose belle. Non mi sento di essere l’unica... tutti proviamo dolore ma è come se parlassi un linguaggio diverso dalla maggior parte delle persone e mi sento vome se avessi una museruola, come se fossi in gabbia e la gente sentisse solo i miei rantoli anziché le mie parole.

Comunione, forti principi, mi sembrano elementi di una relazione stabile che richiede anche spazi e momenti privati, privilegiati.
Ti sembra forse di non riuscire ad instaurare delle relazioni intime nelle quali tu possa sentirti protetta e compresa? Amicizie, amori, legami famigliari?
In questo caso, forse conviene provare a ragionare dei motivi per cui non si arriva a costruire o a mantenere questo tipo di relazioni, pur sentendone la mancanza.
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Messaggio  Stef Mer Gen 22, 2020 12:03 am

Ciao Stellina, tu hai scritto:
«Spero che qualcuno qui abbia sentito risuonare le mie parole dentro di lui/lei perché questo cerco. Risonanze in un mondo d'ovatta dove la musica è un tonfo sordo e io non sento più nulla.»
Bene, in me hanno risuonato, eccome. La mia sensazione convinzione è non essere capito e non essere creduto.
Tu hai semplicemente ragione, ciò che vivi è semplicemente realtà.
Tutto ciò che hai detto.
Qui puoi dire tutto, sento di comunicarti che io, per esempio, credo nella comunicazione a tutti i livelli: poter raccontare, poter comunicare le paure, le aspirazioni, i desideri, gli amori, l'odio, il passato oltre che il presente. Qui ognuno di noi è diverso, ma è un mondo aperto.
Benvenuta.
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Messaggio  stellinastellina Mer Gen 22, 2020 12:34 am

canterel II ha scritto:
stellinastellina ha scritto:
La crescente sfiducia è dovuta ad un’amara consapevolezza maturata con l’esperienza. Mi delude la mancanza di comprensione, di comunione, di forti principi. Ma soprattutto sento non solo di non essere capita ma soprattutto di non poter condividere il dolore né il desiderio di liberarmene. È come se la solitudine in tutto questo mi avesse totalmente prosciugato la voglia di condividere la gioia e le cose belle. Non mi sento di essere l’unica... tutti proviamo dolore ma è come se parlassi un linguaggio diverso dalla maggior parte delle persone e mi sento vome se avessi una museruola, come se fossi in gabbia e la gente sentisse solo i miei rantoli anziché le mie parole.

Comunione, forti principi, mi sembrano elementi di una relazione stabile che richiede anche spazi e momenti privati, privilegiati.
Ti sembra forse di non riuscire ad instaurare delle relazioni intime nelle quali tu possa sentirti protetta e compresa? Amicizie, amori, legami famigliari?
In questo caso, forse conviene provare a ragionare dei motivi per cui non si arriva a costruire o a mantenere questo tipo di relazioni, pur sentendone la mancanza.

Guarda... Io sono una persona che tende a costruire relazioni durature. O meglio lo sono sempre stata ma mi sono ritrovata con persone che non volevano questo con me. Forse è il mio carattere, i miei problemi, le mie aspettative, non saprei... Fatto sta che ho capito che non posso più andare oltre e questo mi fa sentire enormemente sola.
Mi spiego... Non mi sento in questo momento come una donna che ha bisogno di un compagno (con cui sarebbe più facile entrare in Intimità anche banalmente per motivi fisici). Ma piuttosto come un essere umano che ha bisogno di compagni di vita, amici, profondi. Non che non ne abbia ma ho sempre paura di perdere qualcuno se esagero. E poi mi sono convinta che non esiste quanto detto nelle favole, nei film, nei racconti... Non esiste quell'amore o quella amicizia che travalica tutto. Che ti salva, è un'illusione per ammazzare la realtà. Almeno per me ora. Mi sono completamente spenta e non cerco più qualcuno che mi salvi... Cerco solo un salvagente nello sperduto mare della tristezza. Cerco forse un richiamo, qualcuno che come me stia urlando su una zattera e avere la speranza quindi che sia possibile sopravvivere.

Sto cercando con le mie sole forze di ripristinare l'amore per me ma è così difficile...
La salute a volte viene a mancare e questo forse aiuta a ritornare sul pezzo, su se stessi. Stasera mi sono accorta per esempio che non ho mai gentilezza verso me stessa, banalmente accarezzarmi i capelli o essere delicata col mio stesso corpo. Mi maltratto e sono concentrata sul resto del mondo, dando per scontato che il mio corpo e la mia anima debbano soffrire di default. Mi rendo conto questa è un'idea pazza... E che reiterata tutti i giorni possa portare ad un'alterazione importante della percezione di sé.
Alterno momenti di lucidità con la crisi più profonda. Ma il mio problema principale... È l'assenza di vita sociale. Amici. Esperienze con esseri umani positivi. Ho quelle poche persone chi vedo per lavoro chi per casa... Ma non riesco a costruire nulla di nuovo. Mi sembra di girare in tondo come un criceto nella ruota, sempre più stanca e sfinita. Sempre più scarica, prosciugata e spenta. Dove sono le persone buone? Forse dovrei costringermi a cercarle... Ma è un cane che si morde la coda. Più sono stanca meno mi sento motivata... Meno sono motivata più sono stanca. E sono finita in un vicolo cieco.

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Messaggio  stellinastellina Mer Gen 22, 2020 12:45 am

Stef ha scritto:Ciao Stellina, tu hai scritto:
«Spero che qualcuno qui abbia sentito risuonare le mie parole dentro di lui/lei perché questo cerco. Risonanze in un mondo d'ovatta dove la musica è un tonfo sordo e io non sento più nulla.»
Bene, in me hanno risuonato, eccome. La mia sensazione convinzione è non essere capito e non essere creduto.
Tu hai semplicemente ragione, ciò che vivi è semplicemente realtà.
Tutto ciò che hai detto.
Qui puoi dire tutto, sento di comunicarti che io, per esempio, credo nella comunicazione a tutti i livelli: poter raccontare, poter comunicare le paure, le aspirazioni, i desideri, gli amori, l'odio, il passato oltre che il presente. Qui ognuno di noi è diverso, ma è un mondo aperto.
Benvenuta.

Grazie.
È proprio come vedo io una condivisione profonda... Mi illudo a volte ancora che forse sia possibile e che non sia data a me. Mi rendo conto che forse non posso averla perché sono troppo problematica e poi mi chiedo... Ma tutte le persone problematiche sono sole?
È una questione anche di fede... Smetti di credere in qualcosa dopo che tante volte le tue preghiere non hanno effetto. Ecco io ho pregato e pianto tanto su tutto questo e ora le mie lacrime sono solo mie. Non piango più per colpa di qualcuno... Piango soprattutto per me. Ho pena per questa donna che ha sofferto sempre al di fuori di sé. Ma io non ero così, ero ricca di speranze, forse banalmente questo è essere adulti? Ma mi fa desiderare di sparire... Perché non ho possibilità di sperare in nessuno, la mia missione sono solo io. Non ho una missione che mi stimoli a soffrire nel mondo per qualcuno o qualcosa. Se devo essere al mondo per godere di qualche piacere e avere l'eterno amaro in bocca... Il sapore di metallo sulla lingua, a volte penso che non valga la pena... Che era talmente alta l'aspettativa che avevo sulla vita che ormai tutto mi sembra molto buio e nero rispetto ai colori di quella fantasia.
Non riesco a mantenere inforcate quelle lenti colorate, si sono completamente offuscate e non vedo più suoni ma una sordità perforante... Ma questo l'avevo già detto.

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Messaggio  canterel II Gio Gen 23, 2020 7:59 pm

stellinastellina ha scritto:

Guarda... Io sono una persona che tende a costruire relazioni durature. O meglio lo sono sempre stata ma mi sono ritrovata con persone che non volevano questo con me. Forse è il mio carattere, i miei problemi, le mie aspettative, non saprei... Fatto sta che ho capito che non posso più andare oltre e questo mi fa sentire enormemente sola.
Mi spiego... Non mi sento in questo momento come una donna che ha bisogno di un compagno (con cui sarebbe più facile entrare in Intimità anche banalmente per motivi fisici). Ma piuttosto come un essere umano che ha bisogno di compagni di vita, amici, profondi. Non che non ne abbia ma ho sempre paura di perdere qualcuno se esagero.

Ciao stellinastellina,
quando dici che hai paura di "esagerare", che capisci di non poter andare "oltre", cosa intendi? Riesci a fare un esempio concreto del tipo di comportamento che credi sia pericoloso o impossibile? E cosa ti ha fatto capire che non puoi andare "oltre"?
Se non ti dispiace parlarne e fare questa riflessione, naturalmente.
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Messaggio  MythOpOiEsIs Sab Gen 25, 2020 1:44 am

Ciao, ho la tua stessa età e più o meno gli stessi problemi. Dopo anni pieni di relazioni sociali molto ricche, di stimoli intellettuali costanti, di intensità emotiva travolgente, ora mi ritrovo con una vita priva di mordente, con scarse prospettive lavorative, con pochi amici e una fidanzata con cui c'è un rapporto di "amore senza innamoramento", vale a dire tantissimo affetto, stima, intesa, lealtà reciproca, ma poco mistero, "magia", passione o simili. Gli anni passano anche in amore, purtroppo.
Il tuo messaggio ha risuonato molto anche dentro di me, facendomi delirare un po' sui massimi sistemi. Provo a delirare un po' con te su tutte queste questioni, se ti va di leggermi, vediamo che ne esce Very Happy .

Il punto è che viviamo in un'epoca di edonismo pigro, dove il cosiddetto "benessere" ci ha resi viziati e incapaci di fare la fatica di stare in relazione. Viviamo in una società retta dal binomio consumismo-capitalismo, dove la posta in palio è la colonizzazione del desiderio attraverso una stereotipizzazione dell'estetica e dell'immaginario. Quand'è stata l'ultima volta in cui hai gustato, annusato, udito, visto qualcosa di cui non sapevi il nome, di cui non avevi mai sentito parlare? Quando è stata l'ultima volta in cui hai fantasticato su vicende che non fossero già state svolte dalla trama di un film, o su personaggi che non fossero apparsi in qualche fumetto o serie tv? Noi, ormai, modelliamo la vita su un immaginario cinematografico e non viceversa, e proprio qui sta la questione duplice: 1) nel film in questione, non penseremo d'esser altro che protagonisti; possiamo allora inferire immediatamente che ogni relazione coi personaggi più o meno secondari della nostra vita dovrà essere funzionale a caratterizzarci meglio, a definirci più
a fondo - di fronte a chi? Di fronte al pubblico, cioè al mondo interiorizzato come pubblico che ha col nostro personaggio una relazione binaria, senza sfumature, può applaudire o fischiare, osannarci o condannarci, ma che in ogni caso, ineluttabilmente, ci giudica; 2) chi di dovere, dal momento che la posta in gioco è catturare la maggior quantità di attenzione del maggior numero di persone possibili, aumentare le visualizzazioni, far consumare di più, punterà a produrre dei modelli di protagonista sempre più accattivanti e al contempo sempre più inarrivabili per sempre più persone, vale a dire sempre più assoluti: così, i modelli che si scelgono sono sempre più generici e privi di caratterizzazione (hai mai visto le facce dei modelli, dei campioni sportivi, dei miliardari? Sono tutte necessariamente inespressive), e di fronte a simili modelli ci sono i"forti", che sposano in toto una logica prestazionale che li rende più simili ad automi che ad esseri riflessivi e per ciò stesso capaci di entrare in contatto, e i "deboli", che vivacchiano da gregari pieni di risentimento o se ne vanno dietro le quinte e sprofondano nelle cosiddette "passioni tristi". Tutti, però, sono costretti a confrontarsi con la sensazione di essere incastrati fra un passato "mitico", un presente gravoso e un futuro minaccioso, perché il forte temerà di perdere ciò che lo rende forte, e al contempo sente il vuoto di coincidere con la sua maschera, il debole temerà di sprofondare, o vivrà il suo presente come una perpetua rovina attraverso cui cercherà di anticipare, mettere in scena e per ciò stesso esorcizzare la morte che tanto lo ossessiona. Fra lì e qui, passa solo la discriminante della qualità dei piaceri - Sassicaia o tavernello, amanti bellissimi/e o prostitute/i di strada, presidente del consiglio o amministratore di condominio - ma tutti devono confrontarsi con delle maschere che sì, ci sono sempre state, e pur tuttavia oggi non sono più il modo di presentarsi agli altri o di compiacersi con sé, ma esattamente il nucleo intorno a cui il "sé" ruota o piuttosto cerca di ruotare. Ogni giorno attraversiamo le azioni della vita come dei "frame" illuminati dalle pubblicità: colazione mulino bianco per tutta la famiglia o espresso volante per il manager che deve correre in ufficio; guida di auto da corsa o di macinini improponibili; etc., e siamo talmente presi da 'sto film che tutto ciò che interviene a disturbare questa auto-narrazione inconscia - in primis, gli esseri umani che ci rivolgono la parola! - ci disturba insopportabilmente perché "ci fa perdere tempo", o forse, più profondamente, interrompe il film in cui ci stiamo rintanando.

Tutto 'sto pippone per dirti cosa? Che siamo noi, in primis, ogni volta che pensiamo agli altri in base alle nostre esigenze, siano esse anche le "nobili" esigenze di profondità o connessione, a cercare di proporre a un altro il nostro film; il problema è che 'sto film è un film già visto, perché tutti ci siamo aggrappati letteralmente a dei film per capire chi fossimo, e adesso facciamo una fatica insopportabile ad accettare di entrare, anche solo per un momento, come personaggi secondari nei film degli altri: "ognuno riconosce i suoi", diceva uno che la sapeva lunga. Forse, la butto là senza pensarci granché, la depressione potrebbe essere proprio una forma di dipendenza estrema dal proprio film spezzato e senza lieto fine, il cupio dissolvi che si prova nel momento in cui siamo i protagonisti assoluti del nostro lento sfacelo, ma non so. Io però credo ancora che si possa uscire da questo delirio collettivo, perché tutti, sotto sotto, abbiamo capito che stiamo correndo contro un muro. E allora? E allora dovremmo fare 'sto sforzo di uscire dal film per un po', e guardarci intorno, e interessarci - se non proprio appassionarci - alle storie degli altri, per scoprire se un angolo inesplorato di quelle storie può intersecarsi con un angolo semi-esplorato delle nostre, qualcosa che sentiamo di non aver ancora capito del tutto di noi e della nostra vita, in cui risiede ancora quella carica magnetica che può combinarsi con un'altra carica magnetica e portarci improvvisamente fuori di noi, come quando da ragazzini trasformavamo ogni incontro in una scoperta. Ecco, la scommessa è credere - anche se non lo si sente, anche astrattamente, magari - che questa carica non sia del tutto spenta; che affievolita, acciaccata, stia ancora lì a ronzare da qualche parte della nostra anima in attesa di portarci fuori di noi e dei nostri film così tristemente ripetitivi, e provare a riattivarla. Come? Uscendo di casa con gli occhi aperti, e cercando anche negli occhi degli altri una scintilla di empatia o meglio ancora ironia, che è da sempre il massimo segno di lucidità e salute mentale. Mo' basta, però, perché la stanchezza mi rende pomposo e fastidiosamente retorico.
Non mollare, comunque!


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Messaggio  stellinastellina Lun Gen 27, 2020 1:58 pm

Andare oltre per me è scavare a fondo nell'animo di un'altra persona o in questo caso... farsi scavare a fondo.
Esempio concreto? Parlare delle proprie paure. Quello che ho capito finora è che tutti abbiamo scheletri nell'armadio, pensieri oscuri, chi più e chi meno... ma ciò che ci accomuna spesso è l'impossibilità di confrontarci direttamente senza che questo ci spaventi reciprocamente creando rotture nelle relazioni. Allora l'istinto di base è evitare, non coinvolgere, io stessa evito gli altri, perché non so come aiutarli a volte. Ma potrei essere anche ben disposta a farlo, il problema è che a volte quando sto male è come se cercassi un tipo di energia umana specifica, non prettamente positiva o risolutiva, perché ci sono momenti in cui sono repulsiva al tipico atteggiamento "dai reagisci, stai sù, fai questo, fai quello, ma non è come dici, ma così, ma colà". In fondo tutto questo nasce da una profonda presunzione che ho di saper già tirarmi su di morale da sola, quando questo è possibile. Allora in quei momenti di cosa ho bisogno? Fondamentalmente è una forma di comprensione-comunione, simile forse alla compassione, intesa nella sua accezione etimologica di "soffrire insieme". Mi spiego, io non voglio buttare qualcuno giù con me, nel mio baratro, perché non riesco a gestirlo da sola, ma è come se cercassi in un questo pozzo buio, qualcun altro come me, che si volesse sentire meno solo nella sua lotta. Vorrei guardare degli occhi che non hanno paura di me perché non hanno paura della loro stessa oscurità. Poche persone si guardano davvero nel loro profondo e poche hanno la forza e l'energia di relazionarsi con chi ha tendenze distruttive, questo perché la società assorbe tantissime energie oggi, ti risucchia nel suo vortice... Quindi chi si ritrova in un circolo autodistruttivo, è una bestia, un mostro che viene dimenticato o addittato come minaccia, pericolo. E' un mostro destinato ad un'eterna solitudine in terra. Spero di non aver delirato troppo, ma ho cercato di spiegare. In modo concreto forse, il più crudo, sarebbe parlare dei proprio pensieri suicidi o aggressivi. Di ciò che umanamente, normalmente, verrebbe condannato, quando spesso sono solo istinti, solo pensieri che in alcune persone non si manifestano mai concretamente e in altre, forse quelle appunto più abbandonate a se stesse, prendono vita.

canterel II ha scritto:
stellinastellina ha scritto:

Guarda... Io sono una persona che tende a costruire relazioni durature. O meglio lo sono sempre stata ma mi sono ritrovata con persone che non volevano questo con me. Forse è il mio carattere, i miei problemi, le mie aspettative, non saprei... Fatto sta che ho capito che non posso più andare oltre e questo mi fa sentire enormemente sola.
Mi spiego... Non mi sento in questo momento come una donna che ha bisogno di un compagno (con cui sarebbe più facile entrare in Intimità anche banalmente per motivi fisici). Ma piuttosto come un essere umano che ha bisogno di compagni di vita, amici, profondi. Non che non ne abbia ma ho sempre paura di perdere qualcuno se esagero.

Ciao stellinastellina,
quando dici che hai paura di "esagerare", che capisci di non poter andare "oltre", cosa intendi? Riesci a fare un esempio concreto del tipo di comportamento che credi sia pericoloso o impossibile? E cosa ti ha fatto capire che non puoi andare "oltre"?
Se non ti dispiace parlarne e fare questa riflessione, naturalmente.

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Messaggio  canterel II Mer Gen 29, 2020 11:39 pm

stellinastellina ha scritto:Andare oltre per me è scavare a fondo nell'animo di un'altra persona o in questo caso... farsi scavare a fondo.
Esempio concreto? Parlare delle proprie paure. Quello che ho capito finora è che tutti abbiamo scheletri nell'armadio, pensieri oscuri, chi più e chi meno... ma ciò che ci accomuna spesso è l'impossibilità di confrontarci direttamente senza che questo ci spaventi reciprocamente creando rotture nelle relazioni. Allora l'istinto di base è evitare, non coinvolgere, io stessa evito gli altri, perché non so come aiutarli a volte. Ma potrei essere anche ben disposta a farlo, il problema è che a volte quando sto male è come se cercassi un tipo di energia umana specifica, non prettamente positiva o risolutiva, perché ci sono momenti in cui sono repulsiva al tipico atteggiamento "dai reagisci, stai sù, fai questo, fai quello, ma non è come dici, ma così, ma colà". In fondo tutto questo nasce da una profonda presunzione che ho di saper già tirarmi su di morale da sola, quando questo è possibile. Allora in quei momenti di cosa ho bisogno? Fondamentalmente è una forma di comprensione-comunione, simile forse alla compassione, intesa nella sua accezione etimologica di "soffrire insieme". Mi spiego, io non voglio buttare qualcuno giù con me, nel mio baratro, perché non riesco a gestirlo da sola, ma è come se cercassi in un questo pozzo buio, qualcun altro come me, che si volesse sentire meno solo nella sua lotta. Vorrei guardare degli occhi che non hanno paura di me perché non hanno paura della loro stessa oscurità. Poche persone si guardano davvero nel loro profondo e poche hanno la forza e l'energia di relazionarsi con chi ha tendenze distruttive, questo perché la società assorbe tantissime energie oggi, ti risucchia nel suo vortice... Quindi chi si ritrova in un circolo autodistruttivo, è una bestia, un mostro che viene dimenticato o addittato come minaccia, pericolo. E' un mostro destinato ad un'eterna solitudine in terra. Spero di non aver delirato troppo, ma ho cercato di spiegare. In modo concreto forse, il più crudo, sarebbe parlare dei proprio pensieri suicidi o aggressivi. Di ciò che umanamente, normalmente, verrebbe condannato, quando spesso sono solo istinti, solo pensieri che in alcune persone non si manifestano mai concretamente e in altre, forse quelle appunto più abbandonate a se stesse, prendono vita.

Ti ringrazio, ho capito. Penso che relazioni affettive forti, cresciute nel tempo attorno alla condivisione e alla fiducia, possano riservare uno spazio, e trovare un lessico, anche per la comunicazione non malsana dei pensieri più difficili e delle sofferenze. Non credo però, che, per essere i più riposti, tali pensieri, che come dici tu scivolano quasi nell'istinto e nell'impersonale, siano il nocciolo dell'intimità, e non si può iniziare a costruire un'intimità salubre a partire soltanto o soprattutto da materiali di questo tipo. Piuttosto, se si è creata l'intimità, è anche possibile lasciarli affiorare nella protezione che l'intimità offre, una volta o l'altra. Chi li comunica non vorrebbe trasmetterne il peso, mentre chi li riceve vorrebbe che il dispiacere dell'interlocutore si estinguesse.
Se occorre parlare molto e spesso di queste cose, forse è utile anche ricorrere a uno degli artefatti culturali pensati per canalizzare e dissipare questi flussi di comunicazione negativa, come ad esempio una psicoterapia.
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Messaggio  Bobby70 Dom Feb 09, 2020 11:54 am

stellinastellina ha scritto:Ciao...
mi presento.
Sono una ragazza, ho 28 anni e da qualche anno credo di soffrire di depressione. Dico "credo" perché non ho nessun pezzo di carta che lo attesta, né un quadro clinico, ma sono stata in terapia per pochi mesi e mi fu prescritto un antidepressivo dallo psichiatra (mai preso) quindi penso che fosse stato riconosciuto un qualche problema.
Premetto che sono qui perché in questo momento ho un grosso problema che non riesco ad affrontare direttamente con altre persone nella vita quotidiana ed è: la comprensione e la comunicazione.
Mi sento sempre più in una bolla ovattata, un guscio impermeabile e insonorizzato che mi allontana da ogni stridio e ogni persona umana. Sto andando sempre di più dentro un tunnel di sfiducia verso l'essere umano. Non voglio considerarmi una pessimista, non penso di esserlo, mi definirei più una realista ma la cosa più grave per me ora è l'incomunicabilità, l'isolamento, il lento declino della fiducia. Mi sono accorta che è un processo lento e disgregante, come una malattia degenerativa. Ti mangia sempre più e trovi quasi sollievo nell'ammettere una grande e silenziosa sconfitta. Ecco il mio stato ad oggi. Questo mio messaggio forse è uno degli ultimi gridi di speranza, il barlume del cambiamento che ancora non mi ha abbandonato. Non so cosa cerco, forse comprensione e ascolto da qualcuno qui che forse si sente come me. Siamo mondi infiniti e profondi. Avrei tanto da dire eppure ne parlo solo con sconosciuti, il fardello di dover nascondere un grande dolore che non viene capito. Il sentirsi alieni tra alieni e non riuscire più a parlare.
Spero che qualcuno qui abbia sentito risuonare le mie parole dentro di lui/lei perché questo cerco. Risonanze in un mondo d'ovatta dove la musica è un tonfo sordo e io non sento più nulla. Ciao.

Ciao Stellina,

ti do il mio parere. Non voglio avere la presunzione che i miei consigli siano giusti, ma considerali e vedi tu cosa è giusto per te.
Credo innanzitutto che viviamo in un periodo in cui i rapporti umani siano sempre meno. Noi ad esempio siamo qui a scrivere invece di parlarci guardarci negli occhi...
la gente è nevrotica, sempre di corsa, non si accettano più le scuse e si preferisce litigare che confrontarsi.
Non è solo un tuo problema, ma un problema che riguarda tutti purtroppo, chi più e chi meno. Ci sono persone più sensibili come te che sentono il problema piu vivo altre che se ne fregano perchè sono interessate solo a loro stesse.
Certo, puoi confrontarti con una persona con i tuoi stessi problemi e probabilmente ti capirà, ma se stai affogando in alto mare non ti salverà una persona che non sa nuotare e affogherete insieme.
Il muro che stai costruendo è quella barriera o scudo che innalziamo pert proteggerci, per non essere ulteriormente feriti, ma se a volte non abbassi un po la guardia ti proteggerai anche dalle persone che invece ti vogliono bene.
Se hai tanto da dire, dillo. Urlalo al mondo. Non guardare a cosa gli altri non danno, ma a quello che puoi dare tu.

Bobby70

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