Presentazione - I miei dieci anni di morte sociale

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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 1:34 pm

Buongiorno a voi e ben trovati. Mi chiamo Daniele, ho 26 anni. Da 10 anni trascino uno stato di malessere psichico e da soli diciotto mesi sono stato preso in cura privatamente da uno psichiatra. Assumo quotidianamente 120 mg di duloxetina (Cymbalta) accompagnati da Xanax in caso di attacco di panico incipiente o eccesso d'ansia. Mi è stata diagnosticata una depressione cronica con due probabili episodi depressivi maggiori pregressi, sulla base dell'analisi della sintomatologia.

Sono cresciuto in una famiglia dove si fa pochissimo caso dei problemi dello spirito, e l'ansia e la depressione rientrano tra queste. Per otto anni mi sono sentito dire, in una progressione discendente dall'ottimismo alla condanna: vedrai che passa, è un momento così, in realtà sei solo pigro e sei stato un ragazzo viziato. "Sei un asociale, non hai amici: sicuramente è tutta colpa del tuo brutto carattere, sarai sempre solo... Ma come, tu che eri tanto intelligente, a un esame dalla laurea, con la tesi scritta, non riesci a concludere, sei un inconcludente, la tua vita è rovinata, tanto vale che ti spari". Discorsi dettati, lo so bene, da una forma di amore genitoriale che sa benissimo nascondersi dietro a una strana crudeltà. E fondamentalmente l'immagine che ho di me stesso è forse ancor più drastica e disgustata di quella che mi rimandano le parole dei miei famigliari. Così, per loro (che sono le uniche persone esistenti nel mio orizzonte sociale, dato il mio sostanziale abbandono di ogni forma di rapporto umano sincero e profondo) ho fatto finta di andare avanti, e non mi dilungo sul come e sul perché. A un certo punto mi sono anche isolato, allontanandomi da casa per stabilirmi in un'altra città e vivendo quasi di stenti, un bohémien senza bohème. Poi sono tornato a casa, perché credevo che la terapia d'urto fosse arrivata a buon punto. Ho ripreso gli studi, e sono andato avanti ancora un pezzo, con fatica.

Meno di due anni fa la situazione precipita: non riesco più a fingere, e nonostante l'incredulità paterna, ho dato fondo a un piccolo lascito che mi era stato fatto da una parente anziana e ho trovato uno psichiatra. A dire il vero avevo già tentato la via della psicanalisi, arrivando alla conclusione, dopo due anni, che forse la psicanalisi semmai è utile per non cadere in depressione più che per uscirne.

Dopo 18 mesi di terapia, circa, la mia situazione mentale è peggiorata, a dover fare un bilancio. Ho ritrovato una certa scioltezza nel parlare e nel ragionare (due anni fa ero al limite della dislalia), ma davanti a me vedo il baratro. Questi anni di morte sociale, di rifiuto di me stesso e dell'aiuto altrui mi hanno completamente tagliato fuori dal mondo. Credo sia tutto inutile, ormai... Forse dovrei di nuovo partire, andarmene via da solo, come ho fatto tempo fa, mettermi nelle condizioni di dovere guadagnarmi la giornata o lasciarmi andare definitivamente. Non ho più ambizioni, non ho progetti, ho l'impressione che tutto sia insormontabile e tutto mi spaventa. Mi sembra di essere regredito alla prima infanzia. E non vado oltre perché comincio a trovare questo sfogo disgustosamente autocompassionevole.

Mi ritrovo in molte delle storie che avete scritto in queste pagine... So di non essere il solo in questa situazione, ma la cosa non di mi è di molto conforto: mi fa anzi riflettere, o forse delirare, su quanto questa vita sia crudele con molti di noi. Perché davvero ci sono condizioni peggiori, in senso assoluto, o almeno me ne voglio convincere: la fame, la guerra, le catastrofi... Ma se ci penso mi dico che la fame la farò senz'altro se non riuscirò a rendermi indipendente ; la guerra ce l'ho dentro il cuore... E ho perso la speranza.

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Messaggio  momo Mer Set 01, 2010 1:53 pm

Mi rivedo molto nelle tue parole. E ti dirò che anch'io mi sono allontanata per un po' da casa, ma in un certo senso questo ha peggiorato le cose, adesso mi sento più morta di prima. Ho letteralmente smesso di vivere.
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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 1:58 pm

momo ha scritto:Mi rivedo molto nelle tue parole. E ti dirò che anch'io mi sono allontanata per un po' da casa, ma in un certo senso questo ha peggiorato le cose, adesso mi sento più morta di prima. Ho letteralmente smesso di vivere.

Ciao Momo, e grazie della risposta. Ho notato anch'io che la mia situazione è peggiorata dopo il ritorno. Ci possono essere molte ragioni: forse perché l'abbiamo presa come un ennesimo fallimento, forse perché davvero non era la soluzione giusta per noi...

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Messaggio  merla Mer Set 01, 2010 2:28 pm

gloomy_life ha scritto:

Dopo 18 mesi di terapia, circa, la mia situazione mentale è peggiorata, a dover fare un bilancio. Ho ritrovato una certa scioltezza nel parlare e nel ragionare (due anni fa ero al limite della dislalia), ma davanti a me vedo il baratro. Questi anni di morte sociale, di rifiuto di me stesso e dell'aiuto altrui mi hanno completamente tagliato fuori dal mondo. Credo sia tutto inutile, ormai... Forse dovrei di nuovo partire, andarmene via da solo, come ho fatto tempo fa, mettermi nelle condizioni di dovere guadagnarmi la giornata o lasciarmi andare definitivamente. Non ho più ambizioni, non ho progetti, ho l'impressione che tutto sia insormontabile e tutto mi spaventa. Mi sembra di essere regredito alla prima infanzia. E non vado oltre perché comincio a trovare questo sfogo disgustosamente autocompassionevole.


Ciao Daniele,

scusa una domanda, ma il tuo psichiatra come reagisce davanti al fatto che tu ti senti peggio? (al di là dell'oggettivo miglioramento nel parlare e nel ragionare che significa che in ogni caso in una certa misura rispondi alla terapia)

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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 2:35 pm

merla ha scritto:
gloomy_life ha scritto:

Dopo 18 mesi di terapia, circa, la mia situazione mentale è peggiorata, a dover fare un bilancio. Ho ritrovato una certa scioltezza nel parlare e nel ragionare (due anni fa ero al limite della dislalia), ma davanti a me vedo il baratro. Questi anni di morte sociale, di rifiuto di me stesso e dell'aiuto altrui mi hanno completamente tagliato fuori dal mondo. Credo sia tutto inutile, ormai... Forse dovrei di nuovo partire, andarmene via da solo, come ho fatto tempo fa, mettermi nelle condizioni di dovere guadagnarmi la giornata o lasciarmi andare definitivamente. Non ho più ambizioni, non ho progetti, ho l'impressione che tutto sia insormontabile e tutto mi spaventa. Mi sembra di essere regredito alla prima infanzia. E non vado oltre perché comincio a trovare questo sfogo disgustosamente autocompassionevole.


Ciao Daniele,

scusa una domanda, ma il tuo psichiatra come reagisce davanti al fatto che tu ti senti peggio? (al di là dell'oggettivo miglioramento nel parlare e nel ragionare che significa che in ogni caso in una certa misura rispondi alla terapia)

merla

Ciao Merla,

grazie della domanda, in effetti non sono stato preciso. Lo psi mi ha cambiato già una o due volte il farmaco, aumentando progressivamente le dosi... Ora si sta pensando a un ulteriore cambio di rotta. Io sono arrivato alla conclusione che sì, i farmaci possono dare benefici sugli aspetti meramente fisiologici della malattia... Ma la depressione, per come la vedo io, per come la vivo, è una presa di coscienza, corretta o sbagliata che sia. Una volta che una persona ha preso coscienza di qualcosa, quando anche razionalmente gli si dimostri il contrario, non potrà mai rimuoverlo. Forse ci si può convivere. Ma sono ancora lontano da quel traguardo.

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Messaggio  merla Mer Set 01, 2010 2:37 pm

Posso rispondere con schiettezza? :-)

E presa di coscienza di cosa?
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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 2:59 pm

merla ha scritto:Posso rispondere con schiettezza? :-)

E presa di coscienza di cosa?

Nel mio caso è stata la presa di coscienza della caducità delle cose e del fatto che spesso le speranze vengono deluse. E non parlo di sogni folli. Ho cominciato a star male quando, nella prima adolescenza, ho "subito" un trasferimento forzato. La cosa era programmata da anni, ma io avevo speravo che non succedesse mai.

E' una piccola cosa certo, in senso assoluto. Ma rimessa in prospettiva mi pare enorme, se guardo a tutte le conseguenze che ha avuto nel seguito della mia vita.

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Messaggio  merla Mer Set 01, 2010 3:35 pm

Dunque...questo purtroppo è un discorso ricorrente in questo spazio e in tutti gli altri spazi più o meno dedicati a disturbi dell'umore.

Dico "purtroppo" perché a me tutto questo parlare della caducità delle cose, mi sembra sempre sostanzialmente un tentativo inconscio di bypassare il problema della malattia.
Un tentativo molto spesso più che comprensibile e giustificato dalle delusioni passate, dal fatto che le cure son lunghe, ci vuole pazienza, bisogna provare e riprovare con i farmaci e con gli specialisti.

Ammettiamo che razionalmente tutti si giunga all'oggettiva conclusione che la vita è caduca e deludente. Che si fa? Se riteniamo di essere davvero razionali, lucidi e coscienti, preso atto che non possiamo fare assolutamente niente per renderla meno caduca, cerchiamo se non altro di passarcela bene e soprattutto non ci danniamo il sangue a riflettere su tale caducità. Tanto è inutile.

Visto che invece normalmente nei depressi che fanno questo bypass della consapevolezza, questa "presa di coscienza" conduce al pessimismo e a tutta una serie di stati umorali sicuramente non gradevoli, siamo evidentemente molto lontani da una vera presa di coscienza. Ma siamo giustappunto depressi.
Tutti (o quasi) sono coscienti e consapevoli di dover morire prima o poi, ma non per questo si ammalano di depressione e si lasciano andare.
Quello della presa di coscienza, è un loop affascinante e molto comune in chi ha questo tipo di problemi: è comune perché è la stessa depressione che ti porta a pensarlo, ed è affascinante perché lo si può ammantare di filosofia, cultura, speculazioni intellettuali, o di una sensibilità non comune, di una particolare delicatezza, ecc. ecc.
Sono sciocchezze, ed è solo un raccontarsi un'altra storia perché il fatto di non riuscire a controllare la propria mente e la propria vita, è una sensazione terrificante.

In sostanza, insisti con le cure, magari prova ad affiancare ai farmaci una psicoterapia, (prova a sentire il CIM se non puoi permettertela), e certi tipi di riflessioni e di decisioni, rimandali a un momento in cui starai meglio. Le persone sane sono motivate in un qualche senso, perché è connaturato nell'essere umano sentirsi motivati e interessati verso qualcosa/qualcuno ed aver voglia di vivere, come è naturale passare da sensazioni di gioia e di tristezza. Quando vengono a mancare queste sensazioni, c'è qualcosa che non va e che si può curare.
Questa è la cosa su cui concentrarti adesso, e se non ne vedi i motivi, imponiti di farlo e di dedicarti a stare meglio.
Tutte le persone che sono qui, hanno percepito ciò di cui parli tu, in misura più o meno forte, dal percepire che tutto è inutile a una qualche forma di morte sociale.
E moltissime persone potranno scriverti che una volta guariti/migliorati non hanno più le stesse sensazioni e anche se le hanno le vivono in modo molto diverso.
Tu fidati dell'esperienza di tante altre persone che si sono trovate più o meno nella tua situazione e continua a curarti, magari (forse l'hai già fatto) visto che in questo momento il tuo orizzonte sociale è costituito dalla tua famiglia sostanzialmente, porta una volta i tuoi genitori dal medico, in modo che capiscano (sempre che te ne voglia convincere anche tu) che la depressione è una malattia.
Ed è una malattia fisiologica piuttosto che spirituale. O meglio, è una malattia che va affrontata come tale, perché le vere prese di coscienza, ancorché magari proprio della caducità della vita, non portano a una condizione depressiva.
Portano a al fatto che gli studenti delle superiori studino Leopardi. :-)

Forza, ok?
merla

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Messaggio  mmm Mer Set 01, 2010 5:23 pm

Ciao

gloomy_life ha scritto:Ma come, tu che eri tanto intelligente, a un esame dalla laurea, con la tesi scritta, non riesci a concludere, sei un inconcludente, la tua vita è rovinata, tanto vale che ti spari".

Si vive benissimo anche senza laurea...

Capisco l'attrazione di avere avere le stellette e sentirsi parte di una élite culturale, di arrivare al massimo livello di studi, ma, almeno per quanto ho visto io, una laurea non ti garantisce niente, ho qualche collega laureato che fa il mio stesso lavoro, ce l'ho avuto anche nei lavori passati (settore informatico), e per questi la laurea non ha rappresentato molto di più di cinque anni di stipendi in meno, poi addirittura, non so se sono cialtronerie, ma "su Internet" ho letto addirittura di gente che omette di avere la laurea in modo da risultare più appetibile per lavori in cui questa non serve ma, per il datore di lavoro, rappresenta solo il rischio di avere un collaboratore particolarmente scontento per lo scarso trattamento economico e le scarse prospettive di carriera...

gloomy_life ha scritto:... loro (che sono le uniche persone esistenti nel mio orizzonte sociale, dato il mio sostanziale abbandono di ogni forma di rapporto umano sincero e profondo)

Ma rapporti umani non sinceri e profondi ce li hai?

No, sai, perché quando siamo in crisi tendiamo a svalutare le amicizie, quando magari, forse soprattutto in forza della loro leggerezza, sono invece abbastanza preziose.

Il fascino di un rapporto libero da interessi economici e da vincoli di sangue, persone che si riuniscono, volontariamente e senza ordini gerarchici, senza imposizioni, per passare del tempo assieme, lo percepisci il fascino di questa cosa?

Poi magari questi non ti presterebbero nemmeno cento euro, o non si sacrificherebbero un giorno per darti una mano, o non ti verrebbero a trovare in ospedale se tu dovessi sostenere un intervento, magari con questi devi stare sempre a negoziare per curare i tuoi interessi (fare quello che vuoi tu) cercando di non lasciare che loro ti somministrino in maniera esclusiva i loro (fare quello che interessa a loro), però, anche questo ha il suo fascino: avere delle relazioni con gente che non si assume nessuna responsabilità verso di te, e doverti ritagliare il tuo spazio, e doverti prendere quello che ti spetta, senza poterti affidare all'equità degli altri.

gloomy_life ha scritto:A un certo punto mi sono anche isolato, allontanandomi da casa per stabilirmi in un'altra città e vivendo quasi di stenti, un bohémien senza bohème. Poi sono tornato a casa, perché credevo che la terapia d'urto fosse arrivata a buon punto. Ho ripreso gli studi, e sono andato avanti ancora un pezzo, con fatica.

Anch'io sono stato lontano da casa per un po', ero triste, sentivo che mi stavo perdendo la vita dei miei cari, non c'ero per influenzare le loro vite, per aiutarli, farmi aiutare, fare parte delle loro vite, della loro quotidianità in somma. Ero uno zombi, mi trascinavo da casa al lavoro e viceversa, senza avere energie di fare altro, quando ad un punto mi è venuto un colpo di genio, un nuovo sogno, una nuova missione: tornare a casa: mi sentivo quasi rinato, ero entusiasta, avevo un obbiettivo, dei programmi, e li ho implementati, ho disdetto il contratto di affitto, ho trovato un nuovo lavoro, e ho lasciato quello vecchio. Tornato a casa, mi sono riconquistato pian pianino i miei spazi.

Forse tu non hai sbagliato a tornare a casa, hai sbagliato a riprendere gli studi.

Tanto, che ti credi, che sarai il top dei top una volta laureato? Ci saranno sempre le nuove leve, neulaureati con ottimi voti in pochi anni, pronti a passarti davanti.

gloomy_life ha scritto:Questi anni di morte sociale, di rifiuto di me stesso e dell'aiuto altrui mi hanno completamente tagliato fuori dal mondo. Credo sia tutto inutile, ormai...

Non è tutto inutile, hai una vita davanti. Devi solo imparare ad apprezzarla, nelle piccole cose, apprezzare e coltivare la salute fisica e mentale che ti è rimasta, apprezzare cose come lo svegliarsi al mattino e il coricarsi la sera, fare una bella colazione, un bel pranzo, rilassarsi davanti a un film, fare una chiacchierata con qualcuno. Piccole cose. Fai finta di essere un ex galeotto, hai scontato la tua pena e ora ti devi riconquistare i tuoi spazi, ti devi ricostruire una vita, un poco alla volta ti devi reintegrare.

gloomy_life ha scritto:Forse dovrei di nuovo partire, andarmene via da solo, come ho fatto tempo fa, mettermi nelle condizioni di dovere guadagnarmi la giornata o lasciarmi andare definitivamente. Non ho più ambizioni, non ho progetti, ho l'impressione che tutto sia insormontabile e tutto mi spaventa.

Qualche sogno ti sarà pur rimasto, anche se magari ti sembra irrealizzabile. A volte l'unica differenza tra un perdente e un vincente è la tenacia, devi continuare a riprovare, rialzarti e riprendere il percorso, ogni volta, fino a quando non sarai arrivato o fino a quando non avrai raggiunto un percorso che ti piace: la vita non è solo arrivare a una meta, raggiungere obbiettivi, spuntare una lista di cose da fare, la vita è anche riuscire a godersi il percorso, trovare dei buoni compagni di viaggio, scegliere strade panoramiche, ecc...

gloomy_life ha scritto:Mi ritrovo in molte delle storie che avete scritto in queste pagine... So di non essere il solo in questa situazione, ma la cosa non di mi è di molto conforto: mi fa anzi riflettere, o forse delirare, su quanto questa vita sia crudele con molti di noi. Perché davvero ci sono condizioni peggiori, in senso assoluto, o almeno me ne voglio convincere: la fame, la guerra, le catastrofi... Ma se ci penso mi dico che la fame la farò senz'altro se non riuscirò a rendermi indipendente ; la guerra ce l'ho dentro il cuore... E ho perso la speranza.

La vita è crudele solo con chi non la sa apprezzare. Chi vuole tutto o niente e ovviamente si becca il niente. Forse tu ti senti in dovere di avere molti amici, una compagna, magari un giorno dei figli. Ma non hai nessuno di questi doveri. Non hai bisogno ne' di amici ne' di una compagna per vivere in serenità, anzi prima devi trovare una certa serenità, mettere ordine nella tua vita, e poi forse potrai godere di amici e di una compagna. Di bambini ne è pieno il mondo e ognuno condivide una buona parte del suo patrimonio genetico con te, quindi anche questo "dovere" di passare il testimone è ormai superato. Sei tu l'inizio e la fine delle tue responsabilità, sei libero da ogni giogo, è inutile torturarti perché non riesci a conformarti a quello che è lo status che la società si aspetta tu raggiunga (laureato, lavoratore, pieno di amici e conoscenti, e un giorno magari pure padre di famiglia), queste sono tutte cose opzionali, la tua felicità deve prescindere da queste, il mondo non dipende da te, sei tu la prima delle tue priorità, e il Mondo è li' a tua disposizione perché tu riesca a soddisfare questa tua priorità, e quando riuscirai a stare bene te, farai felici anche i tuoi genitori, invece frustrarti per soddisfare le loro aspettative non farà che far soffrire te e di conseguenza loro.

Avete parlato della caducità delle cose, volevo solo aggiungere questa riflessione, il valore delle cose non si misura con l'orologio, 24 ore di quelle buone (ma anche solo un paio) della vita di S. Francesco (il primo esempio che mi viene in mente) sono sicuramente di maggior valore e migliore godibilità (da parte del soggetto e pure da parte del mondo all'infuori di lui) di decenni di vita di qualche prepotente ed egoista, anche se magari quest'ultimo si abbuffa di vizi e si circonda di zoccole e leccapiedi. Basta un attimo, un gesto, a dare valore a una vita, a giustificare le sofferenze che è costata. L'importante è mantenersi pronti, quando si presenterà l'occasione, quando ci sarà la possibilità di fare la differenza, ecco che in quel momento sarà tutto chiaro, tutto sensato. Nel frattempo, in linea di massima, fare tesoro delle piccole cose, non fare del male a se stessi e agli altri, fare esperienza del mondo che ti circonda, senza la necessità di andare all'altro capo del pianeta, non hai bisogno di altri per fare tutto questo, sei tu l'unica determinante, sei tu che decidi, che fai, dipende tutto esclusivamente da te, sei tu il soggetto, il mondo esterno è oggetto, tu devi plasmare la tua mente e il mondo vi si adatterà.

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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 5:41 pm

merla ha scritto:Dunque...questo purtroppo è un discorso ricorrente in questo spazio e in tutti gli altri spazi più o meno dedicati a disturbi dell'umore.

Dico "purtroppo" perché a me tutto questo parlare della caducità delle cose, mi sembra sempre sostanzialmente un tentativo inconscio di bypassare il problema della malattia.
Un tentativo molto spesso più che comprensibile e giustificato dalle delusioni passate, dal fatto che le cure son lunghe, ci vuole pazienza, bisogna provare e riprovare con i farmaci e con gli specialisti.

Ammettiamo che razionalmente tutti si giunga all'oggettiva conclusione che la vita è caduca e deludente. Che si fa? Se riteniamo di essere davvero razionali, lucidi e coscienti, preso atto che non possiamo fare assolutamente niente per renderla meno caduca, cerchiamo se non altro di passarcela bene e soprattutto non ci danniamo il sangue a riflettere su tale caducità. Tanto è inutile.

Visto che invece normalmente nei depressi che fanno questo bypass della consapevolezza, questa "presa di coscienza" conduce al pessimismo e a tutta una serie di stati umorali sicuramente non gradevoli, siamo evidentemente molto lontani da una vera presa di coscienza. Ma siamo giustappunto depressi.
Tutti (o quasi) sono coscienti e consapevoli di dover morire prima o poi, ma non per questo si ammalano di depressione e si lasciano andare.
Quello della presa di coscienza, è un loop affascinante e molto comune in chi ha questo tipo di problemi: è comune perché è la stessa depressione che ti porta a pensarlo, ed è affascinante perché lo si può ammantare di filosofia, cultura, speculazioni intellettuali, o di una sensibilità non comune, di una particolare delicatezza, ecc. ecc.
Sono sciocchezze, ed è solo un raccontarsi un'altra storia perché il fatto di non riuscire a controllare la propria mente e la propria vita, è una sensazione terrificante.

In sostanza, insisti con le cure, magari prova ad affiancare ai farmaci una psicoterapia, (prova a sentire il CIM se non puoi permettertela), e certi tipi di riflessioni e di decisioni, rimandali a un momento in cui starai meglio. Le persone sane sono motivate in un qualche senso, perché è connaturato nell'essere umano sentirsi motivati e interessati verso qualcosa/qualcuno ed aver voglia di vivere, come è naturale passare da sensazioni di gioia e di tristezza. Quando vengono a mancare queste sensazioni, c'è qualcosa che non va e che si può curare.
Questa è la cosa su cui concentrarti adesso, e se non ne vedi i motivi, imponiti di farlo e di dedicarti a stare meglio.
Tutte le persone che sono qui, hanno percepito ciò di cui parli tu, in misura più o meno forte, dal percepire che tutto è inutile a una qualche forma di morte sociale.
E moltissime persone potranno scriverti che una volta guariti/migliorati non hanno più le stesse sensazioni e anche se le hanno le vivono in modo molto diverso.
Tu fidati dell'esperienza di tante altre persone che si sono trovate più o meno nella tua situazione e continua a curarti, magari (forse l'hai già fatto) visto che in questo momento il tuo orizzonte sociale è costituito dalla tua famiglia sostanzialmente, porta una volta i tuoi genitori dal medico, in modo che capiscano (sempre che te ne voglia convincere anche tu) che la depressione è una malattia.
Ed è una malattia fisiologica piuttosto che spirituale. O meglio, è una malattia che va affrontata come tale, perché le vere prese di coscienza, ancorché magari proprio della caducità della vita, non portano a una condizione depressiva.
Portano a al fatto che gli studenti delle superiori studino Leopardi. :-)

Forza, ok?
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Vedi Merla - e prima d'ogni cosa grazie per il tempo speso a scrivere la tua lunga risposta - il discorso che fai mi è chiarissimo e so perfettamente che la mia condizione è in massima parte dovuta ad un'alterazione fisiologica. E difatti comincio a sentire i benefici della cura su quel piano lì ; non ci sono stati miracoli, ma miglioramenti progressivi senz'altro.

Quello che contesto è che questa malattia sia tutta una questione di equilibri chimici. E se anche lo fosse, io non posso concepirla come qualcosa di uguale in tutte le persone che ne soffrono. Credo che molto vi influisca il carattere di base, la predisposizione a arrendersi ad alcune emozioni, la maggiore sensibilità ad altre... Tutto questo è determinante nella specificità di ogni caso...

Penso tu abbia ragione quando dici che sensibilità e depressione non siano cause reciproche, e nemmeno che la depressione sia chissà quale vettore creativo... Ma proprio per niente. Se però la depressione, questa malattia bene o male delineata clinicamente, interviene su una personalità impressionabile, sensibile, come ce ne sono tante, la strada è forse più lunga che in altri casi. Io non vedo uscita a questa mia condizione perché temo che, quando anche guarissi completamente nel "corpo dell'anima", dovrei contemplare le macerie di me stesso e di questo ho paura.

Non è tanto un "loop affascinante" che mi ha portato, prima, a mettere l'accento sulla caducità delle cose, ma piuttosto una mancanza di schiettezza. La vera presa di coscienza del depresso, che poi è quella di ogni malato, è quella del dolore inutile e assurdo, perché questa è la nostra sofferenza. Qui non parla il depresso ma l'essere pesante, che, pur nella malattia, continuo ad essere.

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Messaggio  mmm Mer Set 01, 2010 5:58 pm

Scusa, mi era sfuggita la parte in cui dici che sei a UN ESAME DALLA LAUREA.

'azzo, ormai che ci sei fallo questo esame, sicuro ne vale la pena, ma ripigliati lo stesso :-)

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Messaggio  gloomy_life Mer Set 01, 2010 6:01 pm

Rispondo a mmm: grazie anche a te per la tua risposta dettagliata. Razionalmente condivido la maggior parte delle cose che dici, anche se il tono mi sembra un po' saccentuolo (senza offesa!).

Riguardo alla laurea... Non è per essere al top (di che poi...) che ho deciso di conseguirla, ma perché ho amato profondamente gli studi che ho fatto e a un certo punto mi è sembrato insensato abbandonarli definitivamente. Se poi tieni conto che si tratta di una laurea umanistica, capirai che ho voluto finire più per ricordo di una mia passione che non per chissà quale speranza di sbocco lavorativo.

Ho rapporti sociali superficiali... So che sono utili, ma non ne sento la necessità. Per giunta soffro moltissimo in mezzo alla gente, mi sento come un animale in gabbia e per quanto ci siano momenti in cui riesco a socializzare, può capitare che anche nel mezzo di una festa i miei demoni abbiano il sopravvento portandomi a isolarmi mentalmente. Una via di fuga in quei casi è il vino, a un certo punto ho rischiato di cadere nell'alcolismo, ma non sono stato abbastanza costante e mi è bastata una sbornia di quelle toste per non farmici più tornare.

Poi mi parli di essere vincente o perdente, di prendere i propri spazi, di negoziare... La vita per me non è un gioco. Non dico che sia sbagliato vederla così, e forse è molto giusto. Ma non mi appartiene ; può essere necessario, indispensabile, avere a che fare con persone, parafrasandoti, senza potersi affidare alla loro equità. Ma non lo troverò mai affascinante né divertente. Fatale, senz'altro, in ogni società. Ma profondamente triste.

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Messaggio  merla Mer Set 01, 2010 10:27 pm

gloomy_life ha scritto:
Quello che contesto è che questa malattia sia tutta una questione di equilibri chimici. E se anche lo fosse, io non posso concepirla come qualcosa di uguale in tutte le persone che ne soffrono. Credo che molto vi influisca il carattere di base, la predisposizione a arrendersi ad alcune emozioni, la maggiore sensibilità ad altre... Tutto questo è determinante nella specificità di ogni caso...

Penso tu abbia ragione quando dici che sensibilità e depressione non siano cause reciproche, e nemmeno che la depressione sia chissà quale vettore creativo... Ma proprio per niente. Se però la depressione, questa malattia bene o male delineata clinicamente, interviene su una personalità impressionabile, sensibile, come ce ne sono tante, la strada è forse più lunga che in altri casi. Io non vedo uscita a questa mia condizione perché temo che, quando anche guarissi completamente nel "corpo dell'anima", dovrei contemplare le macerie di me stesso e di questo ho paura.


Fin qui siamo d'accordo. :-)

Il fatto è che qualsiasi tipo di sofferenza (e di gioia) ha le sue specificità diverse per ogni singolo individuo; sicuramente nel caso di una malattia di questo genere con confini molto labili rispetto a reazioni tutto considerato sane in altre situazioni di vita, questa cosa è ancora più in evidenza.

Però assunte queste specificità, e assunto che non basta la pilloletta a risolvere, resta sempre che questa assenza di vie d'uscita che ti sembra di vedere è chiaramente viziata dalla depressione. Come lo è quello che definisci morte sociale. E che cmq la cura è l'unico inizio ragionevole, almeno per iniziare a vederle queste vie d'uscita. Poi il percorrerle sarà un problema di domani.

Voglio dire, senza voler semplificare eccessivamente, che oggi il tuo problema principale è la depressione: tolto quello (a quanto dici) hai 26 anni, ti manca un esame alla laurea, non lavori e non hai legami particolarmente stretti.
Guarire da una depressione è un percorso sicuramente più lungo e più arduo che trovare una soluzione che ti sembri adeguata a tutte queste difficoltà. Che quasi sicuramente sono strettamente legate alla depressione, quindi potresti ritrovarti ad averle risolte senza neanche accorgertene contestualmente alla tua guarigione.

Son 5 anni che sono in cura, e la cura è iniziata in seguito a un episodio violento dovuto a tante ragioni ma contestuale a un esame universitario.
5 anni fa ero single, non laureata, facevo il mio lavoro giusto per campare, avevo una famiglia disastrata e la vivevo decisamente male.
Mi son curata perché stavo male e bona, alle prospettive non ci pensavo e se mi avessero chiesto quali prospettive avevo, boh, direi che anche io mi vedevo attorno tante macerie. Oggi convivo, qualche mese fa per la prima volta ho ridato un esame all'uni, il mio lavoro non lo considero più (e non viene considerato dagli altri) un mezzo per campare, ma sono brava a farlo e mi dà soddisfazione, e vabbé per fortuna la mia famiglia è un po' meno disastrata, ma i rapporti sono decisamente migliorati.
Sicuramente non sto a dire grazie solo alla pilloletta, ma difficilmente senza quella adesso le cose starebbero così. :-)


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Messaggio  anthea Ven Set 03, 2010 12:26 pm

Vai avanti con le cure e non fare di testa tua.
Se non stai bene parlane subito con il medico che aggiusterà le dosi ed i farmaci durante la terapia per arrivare ad ottenere i giusti risultati.
Sappi che a volte ci vuole molto tempo prima di iniziare a stare meglio, soprattutto se sono tanti anni che soffri. In più lo specialista deve adattare i medicamenti al paziente a seconda delle reazioni e questo richiede altro tempo.

Abbi fiducia e vedrai che inizierai a reagire. E soprattutto non fare mai di testa tua con il dosaggio e la remissione dei farmaci! Se pensi che i risultati non arrivino, piuttosto cambia medico, ma NON FARE MAI DI TESTA TUA.

Forza! Vedrai che ce la farai!
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Messaggio  dieguita Ven Set 03, 2010 5:15 pm

caro gloomy

anche se dal punto di vista medico non ho nè l'esperienza nè la competenza per aiutarti, vorrei starti vicino in questo momento dal punto di vista umano.

Non condivido appieno le consideraizoni di mmm sulla laurea e sul discorso della competizione; penso che sia importante invece assecondare le proprie inclinazioni, provare a raggiungere le proprie mete cercando di non drammatizzare se falliamo ( anche se so benissio che è difficile non farlo).

Credo che l'indirizzo umanistico dei tuoi studi nascondino una grande sensibiità. Non mollare e pensa che puoi sempre contare nell'affetto delle persone.

Già il fatto che hai avuto la forza di scrivere in questo forum, di parlare di te, è un segnale più che positivo.

Possiamo sempre cercare insieme i campi dove far sgorgare di nuovo gli stimoli per i tuoi interessi. Se non al primo tentativo, se non al secondo se neanche al terzo ma al centesimo potremo trovare un campo fertile dove piantare il seme dal quale far fiorire una pianta, forte e robusta.

Come dice anthea occorre avere speranza, lottare e non mollare mai!!!!! Condividere, infatti, confrontarsi aiuta a superare le difficoltà e a diventare più forti.

Non c'è assolutamente niente di male a "confessare" la propria debolezza, il proprio stare male, qualunque sia il motivo del dolore. Anzi tale circostanza dimostra solo il coraggio di una persona, e tu ne hai avuto tantisismo!

Possiamo provare insieme a trovare un canale di comunicazione, un punto di contatto dal quale partire per rimuovere quel senso di distacco, di apatia che ci porta a chiuderci e ad avere paura di noi e degli altri.

Ti piace leggere? quali sono i tuoi autori preferiti?

ciao


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Messaggio  Erickson Mar Set 07, 2010 3:00 am

gloomy_life ha scritto:Rispondo a mmm: grazie anche a te per la tua risposta dettagliata. Razionalmente condivido la maggior parte delle cose che dici, anche se
coraggio ragazzo. ce la farai. hai la tempra del mattacchione. devi solo trovare un lavoro. mangia quello che puoi permetterti. vesti quello che guadagni.
la prossima volta che ti trovi tra le mani denaro non tuo prestalo a qualcuno che sappia farlo fruttare. accetti un consiglio per uscire dalla tua situazione? decidi una cifra "decorosa" e ogni giorno fa la tua beneficienza in chiesa



Erickson

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Messaggio  mmm Mer Set 08, 2010 12:37 am

Erickson ha scritto:coraggio ragazzo. ce la farai. hai la tempra del mattacchione. devi solo trovare un lavoro. mangia quello che puoi permetterti. vesti quello che guadagni.

Brutto periodo per cercare lavoro, comunque nel frattempo i suoi saranno contenti di poter aiutare il proprio figlio.

Erickson ha scritto:la prossima volta che ti trovi tra le mani denaro non tuo prestalo a qualcuno che sappia farlo fruttare.

Alla banca?

Il giorno in cui avrà una somma discreta sarà meglio che si studi un po' di finanza e che si interessi all'economia... penso a cose semplici come titoli di Stato ed ETF azionari.

Erickson ha scritto:accetti un consiglio per uscire dalla tua situazione? decidi una cifra "decorosa" e ogni giorno fa la tua beneficienza in chiesa

Può anche donare una porzione di cibo senza spendere niente:

http://www.thehungersite.com/clickToGive/home.faces?siteId=1

E' anche in corso una petizione promossa dalla FAO contro la fame nel mondo:

http://www.1billionhungry.org/

Il sito dell'UNICEF invece permette donazioni online tramite carta di credito o paypal, cosa che può portare buon auspicio prima di un viaggio ad esempio (può far sentire più fortunati). Anche solo un obolo, è il gesto che conta.

Comunque non mi pare che il suo problema fosse non sapere dove mettere quella montagna di soldi che lo ingombra :-)

mmm

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Messaggio  Erickson Mer Set 08, 2010 12:59 am

Parte rimossa dalla moderazione


se vuole studiare finanza, mi sembra una scelta giusta. ma una persona con poca energia dovrà prima recuperare il buon senso "economico" (che è anche un buon senso psichico - maslow); se il suo ""subconscio"" ha deciso di non l'aurearsi da umanista è giusto così.

Erickson

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Messaggio  victor Mer Set 08, 2010 2:37 am

Salve a tutti,vorrei entrare in questa interessante conversazione dicendo una cosa che forse ancora non mi appare chiara a Daniele:ma tu vorresti prendere la laurea?So perfettamente che parlare a un depresso di progetti
da da realizzare è come bucare l'acqua,però hai anche ammesso di essere migliorato grazie alla terapia,sul piano fisiologico e della comunicazione,meno sul piano psicologico.Ora quando sarai pronto,perchè nessuno può importi i tempi e i modi (sarebbe controproducente),inizia a pensare di fare qualcosa,o tornare alla tua vita,continuando gli studi,o inizi lentamente,a progettare una nuova vita per te...è ovvio che tutto ciò sarebbe impossibile senza una terapia.Come ha detto qualcuno,hai valutato la possibilità di un supporto psicoterapeutico?Forse è la strada giusta,visto che i 18 mesi di terapia ti hanno migliorato, ma solo alcune cose.Ora secondo me dovresti cercare quello slancio,quella determinazione,che ha fatto si che tu te ne andassi di casa,che ti ha fatto andare allo psichiatra,che ti ha fatto fare molti esami universitari,tutta una serie di cose positive che hai fatto ma che ovviamente per te sembrano il nulla..ormai il pezzo di strada che ti manca alla laurea è piccolo,sei tu ad essere stanco,con tutto quello che hai passato,questo noi non lo sappiamo,ma tu,in fondo,ti sarai chiesto perchè stai così (immagino)...elabora i tuoi traumi,parlane,quando ti senti pronto (perchè le forzature non credo funzionino, tanto più con la depressione) con chi ritieni ti possa ascoltare.Leggendo i tuoi messaggi ho avuto l'impressione di una persona colta,che sa parlare,sensibile,un po' in lotta con se stesso e confuso...quando deciderai la tua strada nella vita, la guarigione piena sara lì dietro l'angolo.
Infine ti dico,prova a riallacciare rapporti sociali,lascia stare se non sono sinceri,la società è una convenzione,se vogliamo tutto il mondo lo è..ma non è un motivo per chiudersi in se..come la caducità della vita non è un motivo per rinunciare a vivere!!

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Messaggio  merla Mer Set 08, 2010 4:51 am

mmm ha scritto:
Comunque non mi pare che il suo problema fosse non sapere dove mettere quella montagna di soldi che lo ingombra :-)

cheers

@ gloomy: se è questo il tuo problema e non avevamo capito niente, vieni pure a bussare da me che trovo una location adatta alla tua montagna. Twisted Evil
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Messaggio  gloomy_life Ven Set 10, 2010 10:41 pm

Ciao a tutti,

scusate la lunga assenza, ma ci sono periodi in cui non mi va nemmeno di accendere il PC... Poi m'hanno dato da lavorare (traduzioni, revisioni di bozze e quant'altro) e nonostante la scarsa voglia mi sono comunque impegnato.

Ringrazio tutti per i messaggi che si sono accatastati durante questi ultimi giorni.

Non ho capito sinceramente molto quello di Erickson... immagino scherzasse, e sia dotato di un senso dell'umorismo sopraffino. Bravo Erickson, ma non mi hai fatto ridere, anche se apprezzo l'intenzione.

Anthea: sono d'accordo con te assolutamente ; do piena fiducia al mio psichiatra e non mi verrebbe mai la tentazione di assumere dose più alte di quelle prescritti. Anzi, se proprio devo essere sincero, a volte mi viene quella di lasciare perdere la terapia, ma so resistervi.

Victor: dici cose molto giuste e sensate. Il problema, e tu stesso lo anticipi, risiede nel fatto che mi sento ancora in preda a questo schifo di malattia. E in questo do ragione a Merla, per quanto mi faccia male ammetterlo (non perché mi dispiaccia che Merla abbia ragione, ma perché detesto ammettere di star male).

Vi faccio un esempio: l'altro giorno mi chiama lo psi per spostare l'appuntamento. Mi chiede come sto, ed io, pur trovandomi in piena ruminazione, non trovo di meglio che un "abbastanza bene" a denti stretti come risposta. Non riesco a dire che sto male... E mica me ne vanto: so che è una deficienza grave.

Scusate se non ho risposto a tutti, ma ho appena preso le mie simpatiche benzo e ho la testa un po' strulla. Un saluto a tutti, D.

gloomy_life

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Messaggio  suggestione Sab Set 11, 2010 9:18 pm

I farmaci e la psicoterapia non bastano.
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Messaggio  gloomy_life Sab Set 11, 2010 9:45 pm

suggestione ha scritto:I farmaci e la psicoterapia non bastano.

E che ci vuole suggestione? Non è una provocazione, è una domanda sincera.

gloomy_life

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Messaggio  suggestione Dom Set 12, 2010 8:03 pm

Non basta cambiare modo di pensare e nutrire i neuroni con la serotonina, adopamina etc

Si deve lavorare su tutto il corpo, ogni cellula, anche quella apparentemente meno importante.
Lavorare su se stessi in modo olistico è una cosa lunga, costosa e impegnativa.

Come fare?
La ricerca e la curiosità sono sempre state le armi migliori che ho posseduto, senza queste sarei rimasto totalmente in balia dei medici, dai farmaci e della malattia.

Ognuno deve trovare da se la strada.
suggestione
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