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Messaggio  faerde Gio Mag 19, 2016 11:47 pm

Ciao,
E' da un po' che tengo molte cose per me, ma sentivo il bisogno estremo di condividerle con qualcuno.
Sono un ragazzo di 19 anni che ha sempre sofferto di ansia (sin dai tempi delle scuole elementari) e recentemente si è ripresentata più forte che mai. Il tutto è iniziato più o meno nell'inverno dell'anno scorso, quando ho scoperto che il mio ragazzo mi aveva tradito. E' stata la mia prima relazione e per me significava davvero tutto, grazie a lui avevo scoperto cosa significhi davvero vivere, stare senza ansia e preoccupazioni inutili. Quando scoprì il tradimento mi cadde il mondo addosso, mi sono ritrovato completamente solo da un giorno all'altro, senza nessuno che mi ascoltasse e che mi manifestava il suo affetto. Inizialmente ho cercato di farmene una ragione ripetendomi mentalmente le solite cose che si dicono in tali situazioni ( cose del tipo "se l'ha fatto vuol dire che non ti meritava", " meriti di meglio"). In questo modo ho stretto i denti e ho cercato di andare avanti, dovevo farlo, l'esame di maturità si avvicinava sempre di più e non avevo la minima intenzione di sprecare anni di sacrifici.
Una volta terminata la maturità ho notato che le cose peggioravano, sentivo una noia sempre più forte dentro di me, qualunque cosa facessi mi annoiava e nonostante avessi un importante test di ammissione a settembre sentivo di non riuscire a dare completamente me stesso.
L'estate terminò con questo "umore", e il trasferimento a Trieste per l'università non migliorò di certo la situazione. La situazione è degenerata verso novembre, è stato il periodo più brutto della mia vita. Ho passato intere settimane coricato nel letto a piangere senza sapere il perché e a pensare a come togliermi la vita. Provai a reagire e decisi di tornare a casa, dai miei, e dopo un periodo di riflessione ho deciso di riprovare con l'università.
Non ero me stesso. Non riuscivo più a studiare come facevo un tempo, andavo a letto con chi capitava per cercare approvazione e affetto negli altri e non provavo più nulla.
Ho continuato ad andare avanti così sino a quando non ho toccato il fondo (mi sono beccato la gonorrea) e in quel momento ho deciso che le cose dovevano cambiare. Ho pensato che molto probabilmente avevo raggiunto quel livello non solo perché qualcun altro mi aveva fatto soffrire, ma anche perché ero io stesso a causarmi tanto dolore comportandomi in quel modo. E' da metà febbraio circa che ho cercato di riprendere in mano la mia vita, sforzandomi di studiare, ragionare, e non ascoltando più l'ansia che avevo accumulato.
Attualmente le cose vanno un po' meglio, ho smesso di fare cazzate e sto cercando di volermi bene, ma ho ancora un'ansia persistente (che onestamente non riesco a capire da dove proviene), la notte non dormo e portare avanti gli studi è più difficile che mai. Vorrei davvero tanto riuscire a raccontare tutto questo ai miei genitori perché mi hanno sempre sostenuto e amato e meritano di sapere tutto di me, ma non so davvero come fare. So che sarebbe utilissimo (a loro ma soprattutto a me) ma non sono ma riuscito a parlare con loro, tutte le volte che ho sentito il bisogno di dirgli qualcosa gliel'ho detta per iscritto.
Avete qualche consiglio su come potrei riuscirmi ad aprire con loro? Qualche consiglio su come affrontare l'università e su come ricostruire una routine? Smile

faerde

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Messaggio  canterel II Ven Mag 20, 2016 12:26 am

ciao faerde, benvenuto
le mst sono una realtà ben diffusa, fai bene d'ora in avanti a premunirti e a imparare dall'incidente, ma non colpevolizzarti troppo per esservi incappato. alla tua età si sperimentano spesso per la prima volta rotture di rapporti d'amore importanti, che sono traumatiche e destabilizzano anche uomini e donne navigati.
vorrei dirti che anche questo tipo di dolori, avendo la pazienza di conviverci per un certo tempo, può diventare presto o tardi una riserva di ricordi, di sensibilità, di esperienza che, benché costosa, restituisce anche qualcosa a te, in termini di ricchezza e capacità di leggere le cose, la tua intimità e gli altri. essere stati abbandonati, è un po' strano dirlo, è qualcosa che può fare molto male ma che può anche da un certo punto di vista dare bellezza e risorse a una persona.
credo che il cammino che hai fatto fino ad oggi sia già un buon pezzo di cammino.
se pensi che l'ansia che ti accompagna costituisca un impedimento e se fatichi a rintracciarne l'origine, forse puoi valutare l'ipotesi di fare due chiacchiere con uno psicologo.
mi è difficile dare un parere sulle modalità di comunicazione tra te e i genitori: dipende molto dalle dinamiche di ogni singola famiglia. le confidenze scritte, a quanto mi sembra, sono un canale praticabile come altri, e se hai già quest'abitudine con loro e hai fiducia puoi farvi ricorso anche in questa circostanza, magari per aprire la comunicazione e nella prospettiva di un colloquio diretto successivo, ma in realtà io ti parlo su un piano ideale. credo che forse nessuna persona esterna, senza conoscere né te né loro adeguatamente, potrebbe darti consigli precisi, perché appunto ogni famiglia ha la sua storia e i suoi modi di funzionamento.
a me pare comunque che tu stia mettendo a fuoco dei punti produttivi, per cui ti direi di continuare a ragionarci con pazienza e con fiducia. ciao
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Messaggio  Pavely II Ven Mag 20, 2016 10:02 am

Io vorrei dirti questo: l'ansia discende sempre dall'odio.
Se percepiamo l'odio di qualcuno, voglio dire, è chiaro come proviamo ansia.
Ma anche se odiamo qualcuno, viviamo stati d'ansia. O, ancora, se odiamo fare qualcosa, l'ansia aumenta.
Ti faccio un esempio: io ho sempre amato l'arte. E pure per gran parte della mia vita, ho fatto giurisprudenza.
Io odio giurisprudenza. Vedi con quanta facilità lo dico? Io o d i o giurisprudenza. E' un dato di fatto, non provo vergogna nel pensarlo.
In modo relato, odio anche mio padre perché lui ha sempre desiderato che io facessi questa facoltà universitaria. Avrei voluto che lui mi 'vedesse'. Avrei voluto che lui amasse la mia predisposizione alla creatività. Ma non è accaduto e non accadendo ho generato dentro di me, odio. Quest'odio mi procurava un'ansia costante.

Se provi ansia, odi.
Ma odiare veramente qualcosa o qualcuno è un gesto riprovevole e, spesso, non lo ammettiamo o non lo capiamo veramente.
Io non so, non posso sapere, cosa odi. E non posso saperlo perché è naturale odiare molte cose. Ma più che questo sentimento, posso farti notare quanto sia difficile, in un primo momento, parlarne?
Prova in tal senso a fare un esperimento. Prova a prendere un quaderno, un foglio bianco, e prova a scrivere 100 cose che odi. Partendo dalla pioggia... non so... o dal sole... partendo dalla maleducazione all'arroganza... dall'ignoranza alla volgarità... Al termine, rileggi cosa hai scritto, chiudi gli occhi per un attimo, e rifletti... cosa senti? Chiudi il quaderno e vai a fare una passeggiata.
L'ansia genera dall'odio. Se entri in una stanza in cui sai, percepisci, senti che una persona ti odia - e magari n o n te lo dice - provi ansia. Non ne parli. Non si parla dell'odio perché questo sentimento, al contrario della rabbia, non è verbalizzato. E' fatto di gesti, di parole non dette, di sottointesi, di piccole segrete cattiverie.
Come dice Canterel II° se vai da uno psicologo potrai imparare a capire i sentimenti. Sia i tuoi... (chi odi?) sia di chi ti è attorno o è ancora presente nella tua vita... (il tuo compagno? Chi?).
Di certo, v e r b a l i z z a r e l'odio ti libera. Comprenderlo, voglio dire, ti permette non di vivere bene (non è possibile) ma ti permette di capire la r e a z i o n e corporea all'odio.

Intendo dire: se c a p i s c i di odiare, capisci di avere un corpo b l o c c a t o.

Parlo proprio di muscoli. Di respirazione. Di pensieri.

Appena rienti nella consapevolezza del corpo, così, accedi ad una piena consapevolezza della tua ansia e riesci a superarla.

§

Probabilmente, osserva, "non riuscire mai a parlare" con i tuoi genitori è un sentimento di odio.
Mi ripeto: la rabbia è un'opposizione verbalizzata, l'odio è un'opposizione che non ha le sue parole.
Mi chiedo quanto sappiano i tuoi genitori della tua vita. Se tu nasconda qualcosa... se tu chieda inconsciamente che loro intuiscano e non ti obblighino a parlare di te. Se loro si v e r g o g n a n o di te.
Se si vergognano di te, è chiaro che tu puoi odiarli per questo loro sentimento.

I miei genitori si sono sempre vergognati di me.

Io, ad esempio, non so nuotare. Mia madre era napoletana e, quindi, nuotare per lei era essenziale.

Quando andavamo a mare, lei andava 'a largo', dove non si tocca e mi chiedeva sempre di andare a nuotare con lei. Ma io non ci sono mai riuscito, io ho il terrore dell'acqua.

Poi, sono molto "scoordinato".

Tornando a riva, mia madre esprimeva sempre il disprezzo per me, me lo diceva, me lo faceva capire.

Non mi accettava pienamente e questa sua 'non accettazione' generava in me, da ragazzo, un sentimento di odio verso di lei.

Se non so nuotare a largo, non è colpa mia. E' la mia identità, è la mia natura. E lo stesso dicasi della socialità: io sono autistico e da bambino questa mia condizione era molto evidente.

Ma mia madre adorava stare tra le persone. Adorava chi aveva molti amici. E dunque vedendomi solo, mi guardava come si guarda un cane tripode. Ed io questa distanza, senza che lei lo dicesse, la intuivo (sono un essere umano).

§

Ora: io ho iniziato a stare meglio quando ho affrontato mio padre (quando mia madre morì, nel 2001, stavo comunque troppo male). Ci sono tanti attimi di disprezzo da parte di mia madre ma anche mio padre non scherza.
Per depressione, ho perso molti anni all'Università.
E mio padre assomigliava a mia madre: lui avrebbe voluto un figlio alla moda, con molti amici, studente eccellente e laureato a 23 anni.
Proprio il figlio che io non sono.

Bene: quattro anni fa, ho affrontato mio padre e gli ho detto tutto quello che sentivo dentro.
E ho preso la porta di casa e me ne sono andato.

Andandomene, la mia vita non è stata esente di difficoltà.
Pure: oggi capisco la mia ansia e ne parlo. E capendola molti snodi della mia interiorità si sono sciolti.

§

Il mio consiglio è: dì tutto ai tuoi genitori, con una sincerità b r u t a l e.
Dì loro: "Bene... devo proprio parlarvi".
Poi, ciò che accadrà, accadrà.
Meglio essere chiari una volta per tutte.

Se lo farai, l'Università verrà da sé.

E tant'è che dopo aver affrontato mio padre, mi sono laureato in modo più che veloce.

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Messaggio  faerde Ven Mag 20, 2016 11:07 pm

Sono già stato da uno psicologo, ma mi ha aiutato a placcare solamente l'ansia relativa all'università o a cose del genere.
Pavely II, devo ammettere che la tua risposta mi ha fatto pensare parecchio. E' da un po' di tempo che accorgo di avere un po' di rabbia nei confronti dei miei genitori (definirlo odio, nel mio caso, mi sembra u po' esagerato). Diciamo che i miei genitori mi hanno sempre sostenuto nelle cose in cui già riuscivo di mio (tipo la scuola), ma mai nelle cose in cui non sono bravissimo ma che mi piacciono. Sotto questo punto di vista possiamo dire di avere avuto esperienze simili, anche a me piace molto l'arte e specialmente la musica, ma i miei non mi hanno mai appoggiato quando ho tentato di imparare a suonare uno strumento o a cantare, anzi mi hanno deriso e scoraggiato. Credo che la mia ansia costante sia dovuto specialmente da questo, sono una persona estremamente sensibile, che ha sempre dovuto mantenere da parte questo suo aspetto. Grazie mille per la risposta e per avermi raccontato la tua esperienza Smile

faerde

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Messaggio  Pavely II Dom Mag 22, 2016 1:47 pm

Faerde, il "mistero" dell'ansia sta proprio in questo: non accettiamo di odiare.
L'odio richiama alla mente posizioni estreme: fare del male, rinunciare a qualcosa o a qualcuno per sempre, compiere un atto che è - a tutti gli effetti - quanto di più brutto esista nella coscienza umana.
Pure: io vorrei dirti questo... l'uomo odia.

Meglio: l'uomo deve s u p e r a r e e s e m p r e l'odio.
Ma per superarlo, deve vederlo.
E per vederlo deve comprendere che esistono forme di odio non assolute: cioè... si può odiare pochissimo.
Un unghia.
E magari quest'odio piccolissimo lo puoi chiamare 'fastidio'.
'Noia'.
O come vuoi tu.

Pure: posso assicurarti che se tu provi un 'fastidio' costante... se non riesci a vedere, con i tuoi occhi, questo fastidio... cosa accade?
Accade che diventi ansioso.

Provo a farti un esempio.

Sotto casa mia c'è un pub.
E certe sere, c'è vocio di gente.
Nulla di particolarmente odioso: abito al 5° piano e, quindi, la cosa è gestibilissima.
Pure...
Se il vocio va avanti fino alle 2 di notte, il f a s t i d i o cosa genera? Ecco: genera a n s i a.
Vorrei dormire.
Non ci riesco.
Vorrei scendere sotto e dire loro: "Basta!" e, ovviamente, tu capisci, non lo faccio.
Ma il fastidio che provo, non mi fa dormire.
Ecco: mi fa diventare ansioso.

Fino a pochi anni fa, Faerde io pensavo che il fastidio non fosse una forma di odio.
Da quando ho iniziato a fare terapia, invece, ho capito che provare fastidio per qualcosa, significa odiare.

Ad esempio: il mio psichiatra una volta mi disse proprio questo: "Guarda che i razzisti, ad esempio, quando sentono che c'è un afroitaliano vicino a loro provano f a s t i d i o... e posso assicurarti che odiano... odiano davvero. Questo sentimento di odio genera rabbia. La rabbia ansia e il desiderio di superarla... e per superarla agiscono in modo sbagliato: cioè agendo la rabbia che provano. Provare rabbia, per loro, è un modo di sfuggire all'ansia che sentono dentro...".

Ho impiegato due anni buoni a capire questo concetto.

Il fatto è questo: non ero capace di vedere le forme dell'odio.
Non avrei mai detto che un razzista provasse fastidio e che questo fastidio fosse odio razziale.
Poi, c'ho ragionato e la cosa mi è apparsa avere un senso.

Non devo avere paura di dire che provo forme di odio.
Ma non devo - assolutamente - f e r m a r m i su di esse.
Perché è improduttivo.
E' stupido farlo.

§

Ora: ogni ansia genera piacere.

E per tornare alla parole del mio strizzacervelli: "Vedi, per superare l'ansia, l'unica cosa da fare è capire che ogni forma d'ansia genera piacere. Nel caso del razzista, l'unico modo di non vivere l'ansia enorme che prova è quella del piacere dell'incontro. Conoscere la persona, non averne paura. Ma, osserva, non ci riesce. E non riuscendoci torna al punto esatto in cui la sua ansia genera con il risultato di formare un percorso vizioso... la rabbia genera odio (fastidio) il fastidio genera ansia e l'ansia genera rabbia..."

Quest'ultima conseguenza è l'errore.

L'ansia, in verità, deve generare piacere.

Come quando scarti un regalo.

Non sai cosa ci sia.

Ma lo apri.

E aprendolo l'ansia scompare.

E arriva il piacere.

§

Io penso che tu abbia capito una bella cosa riguardo il rapporto tra i tuoi genitori e te.

E sono convintissimo che tu possa parlargliene.

E se gliene parlerai... vedrai che la tua ansia diverrà gestibile.

§

Buttati.

Fai il tuffo.

Smile

§

Per il resto... tieni duro!

Ti incoraggiamo con tutta la forza!

Pavely II

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