la mente

Mi sono riconnesso adesso, perchè ho visto fino a poco fa un programma in tv "misteri" che ha fatto vedere un uomo che esegue operazioni matematiche più velocemente delle calcolatrici. Ebbene?, direte voi.
MI ha collegato un pò al mio passato,al tempo delle media e delle superiori e fino all'età di quasi 40 anni.
Non hai livelli che ho visto nel programma, ma io prima ero in grado di eseguire operazioni matematice a due e tre cifre, quali divisioni, moltiplicazioni, elevazioni a potenza , radici quadrate, in pochi secondi.
Alle superiori la prof di matematica s'incazzaxa di brutto perchè un espressione algebrica la risolvevo in tre secondi, saltando tutti i passaggi ed arrivando al risultato. Io "vedevo" tutti i numeri disposti secondo un ordine a spirale, per cui a mente una moltiplicazione nella mente era un numero che si abbinava ad un altro velocemente. Adesso non sono più capace di eseguire operazione a mente, gli psicofarmaci hanno anientato tutto.
Però, che cavolo. Lo ricordo come allora.

Bravo! io alle elementari scrissi da solo la successione che restituisce la somma dei primi n
numeri interi; si dice che Gauss la trovò quando la maestra lo mise in punizione,
quasi a giustificarne il suo genio prematuro.
Tuttavia non la reputo un'intuizione degna di nota, non da rimanere stupefatti.
Una sua dimostrazione sfrutta il principio di induzione.
La matematica è davvero stupenda

la matematica era stupenda. Adesso senza calcolatrice non riesco a fare 10:2

Non ci credo... cioè le medicine che prendi sono così invalidanti? (voglio dire, sono sicuro che i calcoletti li sai fare,
ma mi pare di capire che senti penalizzate le tue capacità intellettive)
Cioè, che senso ha curarsi scialaquandosi il cervello?
se lo fai evidentemente, non c'è altra soluzione suppongo.. ma sei sicuro che ora ti senti meglio
perchè effettivamente stai meglio, oppure in realtà stai peggio, solo che non te ne accorgi?

La matematica così noiosa così affascinante.

Anche io avevo delle precocità.

A volte leggendo o ascoltando qualcosa ho come delle intuizioni, fiammelle che si spengono prima di rapirne l'incanto, per qualsiasi cosa il mio cervello non ha più un continuo, un espletamento, solo un sussistere ebete. Ha perso le più basilari capacità e allora ha dovuto abbandonare l'avventura della conoscenza, l'estasi del ragionamento, con le sue multiple contemporanee connessioni che adesso appaiono come fantallegorici giochi per adulti, dalla prospettiva di un bimbo. Il tutto senza farmaci, che tuttavia aborro per lo stesso motivo.

Mi piacerebbe trovare la porta da cui scassinare il mondo per riavere tutto quello che avrei imparato, sentito, vissuto/portato nel cuore,
o addirittura aprire quella porta e vedere in faccia la stessa persona che sarei diventata.

La faccia di una persona è davvero la sua essenza e i miei lineamenti sono ormai abbrutiti e come regrediti neanche ad uno stato florido fanciullesco ma di una qualche preistorica, rozza, infantilità.
Devo ricordare con commozione quelle piccole potenze imberbi, inesplose ma attive, destinate -pensavo- a un dispiegarsi, un futuro, un destino, che si leggevano in un volto sano e pulsante di divenire, nelle increspature della bocca, nei guizzi degli occhi, nella ribellione di capelli burrascosi domati ora all'inconsistenza. Potenze di dinamismo, di ambizione, di eclettismo o anche di navigazioni sicure di tristi profondità.


O vorrei aprire quella porta per mettermi su uno scranno a predicare come non si possa rubarmi così proprio tutta la giovinezza e ridurla ad un impazzito punto bianco riecheggiato per anni, per il potere di qualcuno che ha meno significanza e intelligenza di quel punto bianco.

Che anche se, qui in incosciente attesa, mi si ridarà la vita, poi vorrò gridare che non la voglio, non la voglio più, perchè rivoglio quel brio, quella sorpresa, quell'immaturità lontana, mia e degli altri, che mi appartengono: sia le mie che degli altri che m'avrebbero accompagnata; che son propri solo di una temporalità, che rimangono, in ognuno, dominanti e spettacolari, incastonati nel loro pezzo di tempo, che, da me, non è più e mai è stato.